L’arte di sognare

A colloquio con l’artista cubano Kcho

Al Palazzo della Cancelleria la mostra «Un nuovo mondo»

10 novembre 2023

 

Sulla scia dell’invito di Papa Francesco a «sognare nuove versioni del mondo», torna un’esposizione di opere d’arte dell’artista Kcho al Palazzo della Cancelleria, dopo quella nel 2014 e quella nel 2018. Si tratta della mostra, a cura di Eriberto Bettini con il Patrocinio dell’Ambasciata di Cuba presso la Santa Sede e del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, intitolata proprio Un nuovo mondo. Inaugurata domani sabato 11, resterà aperta fino al 26 novembre.

L’artista cubano dà forma e colore all’angoscia di chi, da diversi lidi del mondo, imbocca la via del mare per dare una svolta a un’esistenza difficile o impossibile. Nato nel 1970 a Nueva Gerona, Isla de la Juventud di Cuba, nella sua infanzia ha visto salpare su imbarcazioni di fortuna tante persone in cerca di un’altra terra. All’anagrafe è registrato come Alexis Leiva Machado, ma resta affezionato al soprannome con cui il papà, da bambino, lo paragonava a un pezzetto di cacio: dallo spagnolo cacho, in arte è Kcho. L’artista, già intervistato su questo giornale da Silvia Guidi il 18 giugno 2014, oggi a «L’Osservatore Romano» confida l’emozione e la gioia di essere di nuovo in spazi del Vaticano e parla di senso di responsabilità, suggerendo l’idea che «quello che l’arte non tocca con la sua luce rischia di venire dimenticato».

Ma «non basta soltanto guardare, bisogna sognare»: Kcho cita le parole di Papa Francesco pronunciate il 23 giugno scorso, quando, nel 50° anniversario dell’inaugurazione della Collezione d’Arte moderna e contemporanea dei Musei Vaticani, ha ricevuto circa 200 tra i più illustri creativi contemporanei. In particolare ricorda l’incoraggiamento del Papa: «Noi esseri umani aneliamo a un mondo nuovo che non vedremo appieno con i nostri occhi, eppure lo desideriamo, lo cerchiamo, lo sogniamo. Voi artisti, allora, avete la capacità di sognare nuove versioni del mondo».

È proprio il sognare l’elemento innovativo. In precedenza, il racconto per immagini riguardava in particolare gli approdi a Lampedusa, anche se le opere richiamano scenari diversi ma accomunati: Gibilterra, Pacifico, Rio Grande, Mar dei Caraibi. Situazioni che l’autore cubano aveva sintetizzato in una croce formata dall’assemblaggio di remi e dai frammenti di legno memori di un naufragio esistenziale. Una croce che è stata donata al Papa come emblema di sofferenza e di riferimento salvifico per chi si riconosce in essa.

Nell’attuale mostra prevale il desiderio di suscitare, alimentare e costruire almeno dentro ciascuno di noi un nuovo mondo, fatto di partecipazione e di accoglienza. Kcho ci dice che «come tante barche anche il mondo sta dando l’idea di andare alla deriva verso sempre più guerre e violenze». L’urgenza è la stessa di sempre sotto tante latitudini, ci dice l’artista aggiungendo che «non si tratta di spegnere ogni volta un fuoco diverso, pacificare una ennesima guerra, ma la sfida è immaginare, per contribuire a renderlo reale, un mondo impostato sulla fratellanza».

Il critico d’arte Luciano Caprile ci spiega che nelle opere ultime in esposizione in questi giorni «le barche ruotano in circolo a formare una sorta di mappamondo di unione e di sostanza dove le candide vele sono vessilli da innalzare al cielo e dove si instaura un clima di coesione tra gli scafi e i loro anonimi occupanti».
Quella prospettata da Kcho non è la «nuova versione del mondo» auspicata, ma ne esprime l’anelito, tiene vivo il desiderio di “sogno”. È anche il desiderio — espresso dall’artista — di «politiche culturali con meno mercato e più umanità».
Si conferma una caratteristica: nella raffigurazione di persone non compaiono i tratti somatici dei volti, per suggerire — ci spiega Kcho — che noi possiamo specchiarci in loro e loro in noi.

di FAUSTA SPERANZA

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-11/quo-258/l-arte-di-sognare.html

Santuari, “anima” del Giubileo del 2025

9/11/2023

L’incontro internazionale per rettori e operatori dei luoghi mariani in vista del grande evento ecclesiale. Diverranno centri di riferimento per le famiglie e le comunità parrocchiali, chiamate a riscoprire la “pedagogia di evangelizzazione” che caratterizza i luoghi sacri

di Fausta Speranza

 «Molti Santuari sono stati percepiti come parte della vita delle famiglie e delle comunità tanto da aver plasmato l’identità di intere generazioni, fino ad incidere sulla storia di alcune nazioni». È quanto dice monsignor Rino Fisichella, pro-prefetto della sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione, nel pomeriggio in cui, nell’Aula Paolo VI, dà il via al II Incontro internazionale per rettori e operatori di Santuari, che si chiuderà con l’intervento del Papa sabato 11 novembre. Hanno aderito circa 600 operatori da 43 Paesi del mondo. Sono cifre che «rendono l’idea del grande impegno pastorale che i Santuari svolgono nella comunità cristiana» – sottolinea Fisichella – e che suggeriscono «la grande responsabilità che hanno i Santuari di accogliere i pellegrini dando loro il grande senso della Speranza»Una responsabilità che ha un orizzonte: il Giubileo del 2025.

Dopo il primo incontro, svoltosi nel 2018 sul tema dell’accoglienza, questo secondo appuntamento è dedicato a “Il Santuario: casa di preghiera in cammino verso il Giubileo 2025”.

Monsignor Fisichella ricorda che Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione è il Papa, segno dell’importanza che Francesco riconosce a questo impegno pastorale. E a proposito dei Santuari, monsignor Fisichella annuncia che sarà creato un gruppo di coordinamento, formato da 15 rettori, che potrà incontrarsi almeno una volta l’anno.

Tra le sfide da affrontare c’è quella di capire i bisogni di chi arriva nei Santuari e tra questi c’è “la preghiera di intercessione”. Ne parla padre Ermanno Barucco, docente alla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum. Barucco sottolinea che non significa solo il tentativo di ottenere qualcosa. «L’atto di pregare è abbandono filiale e dunque è come dire che la preghiera di per sé ci immerge nella preghiera», aggiunge. «Gesù si è fatto garante della fede dei discepoli che si mostravano increduli», dunque – raccomanda – questo pensiero deve accompagnare i pastori che si pongono in ascolto delle preghiere di pellegrini magari occasionali. Afferma che «la posta in gioco è sempre la stessa: affinché il mondo creda». Ribadendo che nella nostra fede deve rimanere chiaro che «il male è il maligno, non è Giuda, non è il peccatore».

 «La realtà ci presenta sempre più disperati del benessere, le società vivono nel disorientamento». È quanto afferma il cardinale Angelo Comastri, arciprete emerito della Basilica di San Pietro, parlando di come “accogliere e congedare” i pellegrini. I Papi recenti – ricorda – hanno raccomandato tutti l’importanza dei Santuari. Tra tante altre, ricorda le parole di Paolo Vi e il suo invito a riconoscere “l’ora di grazia scattata per i Santuari”. Il valore dell’accoglienza emerge da una considerazione: «L’esperienza comune ci dice che si arriva pellegrini a volte per caso ma anche così chi li accoglie ha l’occasione di affacciarsi in quell’esperienza intima che nel Santuario pone davanti a Dio anche il pellegrino per caso». Una considerazione da non dimenticare: «Il mondo mette in crisi tutto, ma continua a riconoscere il Santuario come luogo sacro». Dunque, una raccomandazione: «I cristiani rischiano un cristianesimo senza Cristo, non bisogna avere paura di parlare di Gesù, oggi se ne parla troppo poco».

 Emerge il rimando alle famiglie e alle comunità parrocchiali, chiamate a riscoprire la “pedagogia di evangelizzazione” che caratterizza i santuari, luoghi sacri che rinnovano il desiderio di un impegno sempre più responsabile sia nella formazione cristiana di ciascuno, sia nella necessaria testimonianza di carità che ne scaturisce. Il rettore del Santuario di Lourdes, padre Michel Daubanes ci parla di «osmosi tra il pellegrinaggio al Santuario e la vita di tutti i giorni».

 Difficile piegare le preghiere alle statistiche, ma nello scambio degli interventi si concorda che nei Santuari più grandi, più noti, annualmente si contano milioni di persone; in quelli meno conosciuti le presenze annuali si aggirano in media sul mezzo milione di visite.

 Come ricordato, Papa Francesco ha voluto i Santuari come «centri propulsori della nuova evangelizzazione», li ha pensati in prima linea per favorire un’opera comune di rinnovamento della pastorale della pietà popolare e del pellegrinaggio verso luoghi di devozione. Nel 2017, con Lettera apostolica in forma di Motu proprio, ha affidato le competenze dei santuari all’allora Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione poi confluito nel Dicastero per l’evangelizzazione. Fino a quel momento se ne occupava la Congregazione per il Clero. Si legge nel Motu proprio che «il Santuario possiede nella Chiesa una grande valenza simbolica», e che la pietà popolare «trova nel Santuario un luogo privilegiato dove poter esprimere la bella tradizione di preghiera, di devozione e di affidamento alla misericordia di Dio inculturati nella vita di ogni popolo».

San Giovanni in Laterano, una rassegna di eventi per celebrarne gli splendori

Famiglia Cristiana

8 Novembre 2023

08/11/2023  Concerti, mostre, celebrazioni e convegni e altre iniziative per i 1700 anni dalla nascita. «Il luogo dove la prima famiglia cristiana si è costituita intorno al vescovo di Roma», lo ha definito il cardinale vicario Angelo De Donatis

La presentazione delle iniziative.

 «Il luogo dove la prima famiglia cristiana si è costituita intorno al vescovo di Roma». Così il cardinale Angelo De Donatis, vicario generale del Papa per la Diocesi di Roma e arciprete della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano, ci parla proprio della “cattedrale di Roma” e dell’annesso Palazzo del Laterano. L’occasione è la presentazione delle molteplici iniziative per celebrare i 1700 anni della chiesa comunemente nota come basilica di San Giovanni, questa mattina in Vicariato. Primo appuntamento è la celebrazione solenne di domani pomeriggio, 9 novembre, Festa della Dedicazione. Poi, a conclusione di un anno che prevede anche dibattiti, visite culturali, concerti, il 9 novembre 2024 il cardinale De Donatis annuncia che ci sarà il Papa. Prima ancora, il 24 gennaio prossimo, il vescovo di Roma sarà in Vicariato per incontrare il clero.
«Il primo Battistero ufficiale, che ha annunciato al mondo la maternità della Chiesa in un contesto di bellezza». Con queste parole, monsignor Marco Frisina, direttore del coro della Diocesi di Roma, confida la gioia con cui ha preparato nuove composizioni per le celebrazioni solenni, annunciando che guiderà nella Arcibasilica Lateranense un concerto natalizio il 17 dicembre e poi un altro il primo novembre 2024. «L’arte ha dato espressione a quello che la fede ha ispirato, ci dice monsignor Frisina, sottolineando l’urgenza di riscoprire valori storici e spirituali».

Parlando con monsignor Guerino Di Tora, vicario del Capitolo Lateranense, scopriamo che c’è un altro tipo di bellezza da recuperare: l’immagine di famiglie intere, con donne che allattano e bambini che giocano. È quanto accadeva al suo interno – ci assicura – quando è stata costruita la Basilica, che ha rappresentato all’epoca il primo edificio di culto ufficiale. Rappresentava «il primo grande luogo di riunione e di comunione, di incontro, e si arrivava da tutte le parti della città e anche dai suburbi, in abiti eleganti o in vesti  popolane».
La bellezza non può essere fine a se stessa, raccomanda padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali del Vicariato, ricordando le urgenze tra guerre e crisi di cui la cronaca è piena. «Nella maestosa magnificenza della madre di tutte le chiese dobbiamo riuscire a vivere questo anniversario con la speranza della pace nel cuore; la bellezza deve aiutarci ad essere davvero pietre belle perché vive di una Chiesa vicina a chi soffre», ribadisce.

Vicende secolari e preziosità artistiche emergono nelle parole di monsignor Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria della Diocesi di Roma, che cura il ciclo di incontri di carattere religioso-culturale in Vicariato, nelle seguenti date: 14, 21-28 novembre prossimo; 5 dicembre prossimo.
A proposito di “pietre vive”, monsignor Lonardi ci ricorda che sono tante le opere d’arte di rilievo all’interno di quella che definisce “la chiesa modello di tutte le altre” ma suggerisce anche di approfondire aspetti noti, come concili ecclesiali e incoronazioni, ma anche fatti di storia vissuta come quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale, quando circa mille persone dell’intellighenzia d’opposizione al regime nazi-fascista hanno trovato rifugio in Vicariato, «personaggi di diversa estrazione accomunati dal bisogno di opporsi alla violenza e all’oppressione, da Alcide De Gasperi a Pietro Nenni».

Si capisce la ricchezza di una storia che riconosciamo sia iniziata nel 324, anche se alcuni suggerirebbero di anticipare al 318. La Basilica del Laterano viene consacrata il 9 novembre di 1700 anni fa dall’allora Papa Silvestro I, poi divenuto santo, il cui pontificato coincise con il lungo impero di Costantino, il primo imperatore romano ad accettare il cristianesimo segnando il passaggio dalla Roma pagana alla Roma cristiana. I terreni donati alla Chiesa per costruirvi una domus ecclesia, secondo gli Annali di Tacito, erano appartenute alla potente famiglia dei Laterani. Papa Silvestro intitolerà la patriarcale arcibasilica lateranense a Cristo Salvatore. Solo durante il XII secolo fu dedicata anche a San Giovanni Battista.     Il palazzo Lateranense per oltre dieci secoli è stata la residenza papale prima che i Papi si trasferissero ad Avignone, durante il periodo della cattività avignonese, e successivamente decidessero di spostare la residenza in Vaticano. Tra le sue mura si sono svolti duecentocinquanta Concili, cinque dei quali ecumenici, tra cui il Lateranense IV, nel 1215, considerato dagli storici uno spartiacque fondamentale nel Medio Evo per l’idea di una società cristiana universale.

https://www.famigliacristiana.it/articolo/san-giovanni-in-laterano-una-serie-di-eventi-per-celebrarne-lo-splendore.aspx

Un nuovo modo di abitare il mondo

Famiglia Cristiana 07/11/2023

UN NUOVO MODO DI ABITARE IL MONDO

di Fausta Speranza

Una tavola rotonda alla Casina Pio IV sui mutamenti necessari al Pianeta per sopravvivere: «Costruire e comunicare un’economia che promuove sostenibilità e pace, che riconosce la dignità degli esseri umani, che attualmente non sembra rappresentare una priorità per politiche, infrastrutture e investimenti»

La locandina del simposio.

«Costruire e comunicare un’economia che promuove sostenibilità e pace, che riconosce la dignità degli esseri umani, che attualmente non sembra rappresentare una priorità per politiche, infrastrutture e investimenti». Nelle parole del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, è concreto l’obiettivo dell’iniziativa che si è svolta alla Casina Pio IV, nei giardini vaticani. E libera è stata la modalità del confronto: non si è trattato propriamente di un convegno tradizionale, ma di una vera e propria tavola rotonda. Tra i vari interventi, Jim O’Neil, capo dei progetti di Corporate and Investment Banking per Europa, Medio Oriente e Africa della Bank of America, ha parlato delle crescenti aspettative nei confronti del settore privato: affinché affronti le questioni globali e affinchè innanzitutto assicuri trasparenza su scelte e comportamenti che hanno a che fare con queste sfide. Da parte sua, Jennifer Jordan- Saifi, amministratore delegato della piattaforma  Sustainable Markets Initiative, ha parlato di progetti di bene comune possibili in ambito locale da replicare su scala più ampia. JR Kerr, Amministratore delegato della società di Informatica Handshake, ha messo in luce l’importanza di fare i conti con i nuovi orizzonti della tecnologia, che possono aprire nuove possibilità se gestiti per il bene comune.

La regista Lia Beltrami.La regista Lia Beltrami

È imprescindibile abbandonare uno stile di vita predatorio, ha affermato il cardinale Turkson, ribadendo l’urgenza di “un nuovo approccio ecologico”. Ha sottolineato gli elementi che possono fare la differenza in tema di “cura della casa comune” chiarendo che la sfida si articola su due binari. Il primo è quello di trasformare il nostro modo di abitare il mondo, le nostre scelte, la nostra relazione con le risorse della Terra, consapevoli della necessità di preservare i doni che Dio ci ha dato per il bene comune. Il secondo presuppone di cambiare il modo di guardare all’uomo, «affinché nessun essere umano rimanga indietro».  La varietà delle esperienze confrontate e la complessità delle finalità individuate richiedono nutrimento. Sembra questo il senso del titolo della giornata “Emozioni per generare cambiamenti”. Lo scambio di idee ha confermato l’esplicita dichiarazione d’intenti: dalle emozioni che il creato ci regala dobbiamo partire e alle corde emotive delle persone bisogna arrivare, se si vuole un cambio di passo reale. Di responsabilità dei mezzi di comunicazione, ha parlato, in collegamento video, il prefetto del Dicastero per la comunicazione Paolo Ruffini, sottolineando l’importanza di impegnarsi a veicolare messaggi costruttivi, a dare voce alla volontà dei giovani di cambiare il corso degli eventi: fermare la forza distruttiva delle guerre e liberare l’energia della creatività.

 

Il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson.Il cardinale Peter  Turkson

Un esempio viene dal video CHANGE di Lia e Marianna Beltrami in collaborazione con il Dicastero per la Comunicazione e con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che è stato proiettato a conclusione della tavola rotonda. Si tratta di una carrellata di 24 foto scandite dalla sonorità della musica e accompagnate dai versi scritti del Cantico delle creature di San Francesco. La complessità dell’universo delle api, i colori accesi di una discesa rocciosa, i giochi di luci tra i ghiacci, la semplicità di una donna che fila la lana, la distruzione di alberi incendiati, la maestosità di grattacieli, l’inquietudine di una terra arida, l’armonia di un’imbarcazione di bambù, la malinconia di una periferia, la bellezza di un tramonto. Alcune di queste foto sono state esposte nella Sala stampa vaticana per tutta la durata del Sinodo ad ottobre. A testimonianza di un impegno che cerca di varcare i confini e ambiti per creare sinergie.
Certamente questa mattina la sinergia si è creata su un punto: oggi più che mai è indispensabile una visione che vada oltre l’immediato, al di là di prospettive prettamente opportunistiche della realtà dove efficienza e produttività sono volte al vantaggio egoistico di ristretti gruppi d’interesse.

Nutrire di pensiero la fede

«IL PAPA VUOLE UNA TEOLOGIA CHE SAPPIA

NUTRIRE DI PENSIERO LA FEDE»

03/11/2023

di Fausta Speranza

Il teologo Bruno Forte e monsignor Antonio Staglianò commentano la Lettera apostolica “Ad theologiam promovendam” con la quale papa Francesco ha rinnovato gli statuti della Pontificia Accademia di Teologia: «Una “riforma” in linea con il magistero di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II che sollecitava tutti i cattolici a pensare la fede altrimenti si rischia una concezione magica della religiosità» 

“Un grande atto di fiducia e di incoraggiamento”: così il teologo e arcivescovo di Chieti – Vasto Bruno Forte commenta la Lettera apostolica in forma di Motu Proprio di papa Francesco Ad theologiam promovendam, firmata il 1° novembre e con la quale vengono approvati i nuovi statuti della Pontificia Accademia Teologica. Si concepisce – dice con soddisfazione Forte – “la teologia come coscienza critica del vissuto ecclesiale, ma anche come fermento e luce provocante, sfidante, illuminante della Parola di Dio”. Si chiede “ascolto e interlocuzione davvero con tutti, perché la teologia non sia astratta ma vitalmente inserita nella comunità ecclesiale e nelle vicende del mondo”.

Non sono solo raccomandazioni a parole, sottolinea monsignor Antonio Staglianò (nella foto in alto con papa Francesco, ndr), presidente della Pontificia Accademia di Teologia, spiegando che i rinnovati Statuti prevedono strutturalmente delle novità. Innanzitutto, si amplia il ventaglio degli accademici: verranno accolti professori di altre confessioni religiose per un dialogo ecumenico e interreligioso. Inoltre, Staglianò precisa che si prevedono una “segreteria operativa” e “interlocutori referenti”, sottolineando che saranno non solo fedeli di parrocchie o diocesi, ma “persone scelte in tanti ambiti della realtà: nel campo della medicina, del diritto, della finanza…”.

L’obiettivo è “avere spazi di riflessione che attraversano sapere e praxis umana”. Nelle parole del vescovo teologo Staglianò i livelli di riflessione sono molteplici. In generale, si sollecita la teologia a un ripensamento epistemologico e metodologico che – assicura il presidente dell’Accademia – è “in profonda continuità con gli insegnamenti di Benedetto XVI che chiedeva di “allargare i confini della ragione in maniera sapienziale”; con Giovanni Paolo II, che sollecitava tutti i cattolici a “pensare la fede altrimenti si rischia una concezione magica della religiosità”. Ma i richiami – spiega Staglianò – sono ben più antichi, come l’avvertimento di Sant’Agostino: “La fede che non si pensa è nulla”. Inoltre, Staglianò aggiunge che nella Lettera apostolica del Papa c’è anche un richiamo a Antonio Rosmini, alla sua idea di “sapienza come verità e carità”, perché l’una contiene l’altra: “Non si può pensare la verità del Vangelo senza il pensiero ai poveri e alla carità e pensare la carità è verità”.

Tutto questo sollecita il credente a maturare una fede adulta, ma – spiega il presidente dell’Accademia di Teologia – chiede anche ai teologi “un linguaggio che non sia solo concettuale ma che sappia intercettare registri importanti, come quello del sentimento, dell’intelligenza emotiva, perfino dell’immaginazione, con i quali si vive nella propria umanità la fede”.

Si tratta – suggerisce – di recuperare il valore etimologico della parola ‘sapere’ che lo lega al concetto di ‘sapore’ per riscoprire una conoscenza esperienziale che contiene il gusto della vita”. E si tratta anche di scoprire una teologia “in uscita e in ginocchio: che riscopre una ragione critica ma che non parte dall’orgoglio della ragione ma dall’umiltà della ragione”.

In questo impegno rinnovato ad una “educazione sapienziale della Parola di Dio”, la teologia acquista un volto nuovo che – ribadisce Staglianò – risponde alla sfida di sempre della Chiesa: far arrivare a tutti il Vangelo, credenti e non credenti, “anche a persone che sentono di essere lontane o arrabbiate con la Chiesa”. Nel percorso rinnovato per “teologare”, il dialogo e il giudizio critico hanno un posto di rilievo, aggiunge, anche perché tutti comprendano davvero e ribadiscano a gran voce che non può esserci un Dio che concepisca violenza e guerra.

https://www.famigliacristiana.it/articolo/il-papa-vuole-una-teologia-che-sappia-nutrire-la-fede-di-pensiero.aspx

Il valore della testimonianza oltre il dramma della storia

Un volume ripercorre la vita di Arminio Wachsberger, uno dei pochi sopravvissuti

16 Ottobre 2023

di FAUSTA SPERANZA

Il dramma della Shoah, declinato a Roma in particolare con “il sabato nero”, per tanto tempo è stato accompagnato da una sorta di afasia collettiva. Per anni i testimoni diretti non sono riusciti a trovare le parole adatte a riferire quello che nell’immaginario anche verbale non sembrava essere stato concepito. Nessun termine poteva essere all’altezza del vissuto e nessuno sembrava davvero interessato ad ascoltare narrazioni dall’abisso di disumanità che era stato raggiunto. Una voce ha fatto eccezione proprio in riferimento al 16 ottobre 1943, quella di Arminio Wachsberger, uno dei pochi sopravvissuti tra gli arrestati nel quartiere ebraico. Conosceva il tedesco e ha fatto da interprete e forse proprio questo paradossale avvicendarsi di traduzioni lo ha aiutato a trovare anche il linguaggio comprensibile per un’esperienza al limite della comunicabilità.

«Un testimone d’eccezione della deportazione degli ebrei di Roma», si legge nel sottotitolo del volume dello storico Gabriele Rigano, intitolato L’interprete di Auschwitz (Milano, Edizioni Guerini e Associati 2015, p. 254). È il lavoro scientifico di uno studioso e ha tutte le caratteristiche di un saggio rigoroso che ricostruisce dettagli e risvolti della vicenda di Arminio Wachsberger attraverso un minuzioso esame delle carte e dei documenti, ma trasuda l’emotività di una presa diretta.

Rigano lo definisce «un testimone loquace e appassionato di buona memoria», che ha lasciato varie testimonianze scrivendo e parlando sin da subito dopo la fine della guerra, pur avendo un carattere riservato. «A suo modo un protagonista delle vicende che ha vissuto, senza lasciarsi mai schiacciare dal senso di impotenza, che doveva essere un macigno sulla vita degli ebrei perseguitati». La conoscenza delle lingue e la sua intraprendenza gli hanno conquistato il ruolo di intermediario tra i deportati e le autorità naziste, anche con Mengele ad Auschwitz e poi in tutti i luoghi di detenzione dove si è trovato tra il 1943 e il 1945. Successivamente, nella Germania liberata tra il 1946 e il ‘49 ha testimoniato nelle aule dei tribunali. «Io, naturalmente, come al solito, fungevo anche da interprete», racconta Arminio.

Dal confronto con gli strumenti dello storico emerge un quadro in cui Arminio ha cercato di ritrovare sempre il linguaggio dell’umanità. Nato nel 1913 a Fiume, figlio del rabbino capo di questa città cosmopolita e aperta dove era normale parlare diverse lingue, si trasferisce a Roma nel 1936 dove sposa Regina Polacco da cui avrà, poco dopo, una figlia. Viene sorpreso dalla razzia di quel sabato 16 ottobre con la sua famiglia. Durante il trasferimento al Collegio militare e nei due giorni successivi prima della partenza del treno dalla stazione Tiburtina verso Auschwitz, da subito tenta di salvare più vite possibile. Consegna un bimbo a una donna non ebrea che, intercettato lo sguardo della mamma ebrea sul camion, chiede di riavere «suo figlio». Arminio convince le SS confermando la versione delle due donne. Dichiara, sotto la sua responsabilità, che alcuni dal nome non prettamente ebraico sono stati presi per errore. Portato ad Auschwitz, scampa alle selezioni ma non riesce a salvare invece la moglie e la figlia. Lavorando per il famigerato Mengele, riesce invece a salvare altri procacciando medicine e viveri. Porta conforto ai malati. Trasferito a Varsavia insieme con altri ebrei romani, per lavorare allo sgombero delle macerie del ghetto distrutto dai tedeschi dopo la rivolta, nell’estate del 1944 è tra quanti vengono trasferiti con una terribile marcia al campo di Dachau. Nell’aprile del 1945 viene liberato. Continuerà a collaborare nella ricerca dei sopravvissuti e a testimoniare nei processi contro gli aguzzini. Tornerà in Italia nel 1949, dove morirà nel 2002.

«Grazie al suo instancabile ruolo di testimone, Arminio Wachsberger — scrive Rigano — ci restituisce con precisione l’ambiente ebraico di Fiume, la Roma fascista durante le leggi razziali, Auschwitz, le marce della morte, la liberazione dei campi». Lo storico definisce i suoi racconti «fondamentali perché tra i 16 sopravvissuti del 16 ottobre è stato l’unico a parlare subito» e perché «il suo è un punto di vista particolare, diremmo pure “privilegiato”, rispetto a quello degli altri prigionieri, essendo in continuo contatto con i nazisti». Inoltre, «dopo la guerra la sua testimonianza fu importantissima per determinare il destino di tanti ebrei italiani deportati e morti che aveva incontrato».

A 80 anni da quei tragici eventi, restano pagine di storia da finire di ricomporre e, come sottolinea Rigano, «sono gli eredi che spesso si fanno promotori di ricerche, ma c’è la difficoltà per i testimoni — diretti o indiretti come gli eredi — di accettare di sottoporre le loro memorie ai meccanismi della verificabilità storica: lo vivono come una profanazione». Proviamo a immaginare di quanto tatto e sensibilità ci sia bisogno, mentre Rigano aggiunge una sorta di appello: «Oggi come oggi la contrapposizione tra storici e testimoni va superata: senza le storie individuali il lavoro degli storici perde la “carne”, si deumanizza, ma senza l’impegno degli studiosi le testimonianze possono essere svilite dai negatori della Shoah che si attaccano ai normali errori di memoria per delegittimare tutto il patrimonio di testimonianza sulla deportazione e lo sterminio». Lo storico li definisce «gli Eichmann di carta».

Incontrare di persona Rigano ci permette di ascoltare l’eco particolare del suo lavoro oltre le pagine del libro: «Spesso noi storici ci occupiamo di grandi numeri e eventi collettivi, soffermarsi sulle vicende di una singola persona ci permette di addentrarci nella quotidianità, nelle passioni, paure, speranze delle persone che vivendo fanno la storia». Confrontarsi con le narrazioni dei deportati è sempre «destabilizzante» — ci confida — perché «ci richiama alla tragica capacità di odio di cui è capace l’uomo». Ma non finisce tutto lì: «Ci mette anche di fronte alla capacità di opporsi al male, che ci richiama alla possibilità di poter fare sempre qualcosa, anche nelle situazioni più estreme».

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-10/quo-238/il-valore-della-testimonianza-oltre-il-dramma-della-storia.html

al festival di Spello “Quel sabato nero” docufilm di Fausta Speranza regia Stefano Gabriele

Quel sabato nero

al Festival di Spello edizione  2024 https://www.festivalcinemaspello.com/fcs/index.php/it/features/documentari

docufilm di Fausta Speranza con la regia di Stefano Gabriele (FrameXS)

Dagli appartamenti di Mussolini alle stanze di Pio XII: la storia inedita della famiglia Terracina, scampata alla retata nazista al quartiere ebraico di Roma del 16 ottobre 1943, rivive con i protagonisti nel docufilm  

 alla Camera dei Deputati

presentazione il 9 Ottobre 2023

Fausta Speranza con Stefano Gabriele

On. Fabio Porta (Deputato, Commissione esteri) Matteo Luigi Napolitano – Storico, Università degli Studi del Molise Daniele De Luca – Storico, Università del Salento Fernando Terracina – Ebreo scampato alla retata nazista  Fausta Speranza – Autrice del docufilm “Quel sabato nero” Gianni Lattanzio – Segretario Generale Istituto Cooperazione Paesi Esteri (ICPE) Tra i presenti, Padre Norbert Hofmann – Segretario della Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo della Santa Sede

 

RASSEGNA STAMPA

A Radio Anch’io (RadioRai) con Giorgio Zanchini e Alessandro Forlani:  https://www.raiplaysound.it/player/audio/2023/10/RADIO-ANCHIO-b7221f42-b184-4038-b2c0-5f893f15182d.html

su RaiNews: citato il documentario https://www.rainews.it/articoli/2023/10/il-16-ottobre-di-80-anni-fa-il-rastrellamento-del-ghetto-di-roma-la-ricorrenza-della-tragedia-38c563fa-5685-4207-8469-a46207bc2261.html 

su Rsi Radio Televisione Svizzera: https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/ghetto-rastrellamento-ebrei-100.html

su Libero: https://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/37187219/israele-chi-cita-shoah-ma-dimentica-ebrei-oggi.html

VaticanNews: https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2023-10/il-sabato-nero-80-anni-fa-il-dramma-del-ghetto-di-roma.html

Osservatore Romano: https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-10/quo-238/il-fattore-k-cronaca-di-un-epidemia-inventata.html

su Avvenire di Calabria: https://www.avveniredicalabria.it/tv2000-quel-sabato-nero-il-16-ottobre-in-onda-un-documentario-a-80-anni-dal-rastrellamento-del-ghetto-di-roma/

su Fai Informazione: https://fai.informazione.it/CC594ECA-5532-4003-9390-49919BEDA392/Quel-sabato-nero-documentario-di-Fausta-Speranza#

Agenzia Internazionale Stampa Estero AISE: https://www.aise.it/anno/quel-sabato-nero-fabio-porta-pd-presenta-alla-camera-il-docufilm-sul-rastrellamento-del-quartiere-ebraico-di-roma/195771/1

Agenzia SIR: https://www.agensir.it/quotidiano/2023/10/7/shoah-roma-mercoledi-11-ottobre-si-presenta-il-documentario-quel-sabato-nero/

INFORM: https://comunicazioneinform.it/verra-presentato-alla-camera-dei-deputati-l11-ottobre-il-documentario-quel-sabato-nero-di-fausta-speranza/

 

Archeologia di fratellanza

04 ottobre 2023

«Percorsi di pace»

per la sesta Giornata delle Catacombe

«Percorsi di Pace» è il titolo dell’iniziativa voluta il 7 ottobre prossimo dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra nella VI Giornata delle Catacombe-Edizione d’Autunno. Saranno gratuitamente visitabili, su prenotazione, alcuni siti che generalmente sono chiusi al pubblico dislocati a Roma e in varie regioni d’Italia. In un momento storico segnato da drammatiche conflittualità, si guarda a quelle immagini catacombali che ancora a distanza di secoli suscitano una riflessione sulla fratellanza e la pace.

Dopo il successo dell’apertura il 18 marzo scorso di sette catacombe romane, per questa Edizione d’Autunno si offre la possibilità di visitare sei complessi ipogei della Roma sotterranea: Santa Tecla, San Lorenzo, Pretestato, Vigna Chiaraviglio, l’ipogeo degli Aureli e Generosa.

In alcuni casi avranno luogo conferenze, come quella organizzata sulla figura di Sant’Antioco nel Palazzo del Capitolo dell’omonimo comune, un’isoletta nell’estremo sud ovest della Sardegna. Ci sono anche laboratori dedicati ai bambini, come quello sulle epigrafi cristiane nel Comprensorio callistiano a via Appia Antica a Roma, o quello sui simboli cristiani presso le Catacombe di S. Savinilla nel comune laziale diNepi. Le iniziative si chiuderanno con una messa presieduta da monsignor Pasquale Iacobone, presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, ad Albano Laziale.

Alcuni simboli nelle decorazioni nelle catacombe, che rappresentano episodi e personaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento, o scenari bucolici e paradisiaci, o momenti di vita quotidiana, sono molto noti, ma si possono scoprire sfumature interessanti. L’immagine dell’agnello, ad esempio, vittima sacrificale per eccellenza, viene utilizzata per rappresentare il Cristo, ma anche gli apostoli e i fedeli e può figurare anche, più semplicemente, una estrema sintesi del mondo pastorale. C’è poi la colomba che simboleggia l’anima che ha raggiunto la pace divina, nonché l’intervento salvifico di Dio, lo Spirito santo, e, se rappresentata con un ramoscello di ulivo, riporta alla pace dopo il diluvio universale. C’è poi l’àncora che suggerisce immediatamente l’idea della sicurezza di una nave nel porto, ma che può essere vista insieme con il faro, che con la sua luce indica l’approdo finale della navigazione: la salvezza. Meno conosciuta la rappresentazione della lepre, simbolo del fedele che fugge dalle insidie del mondo.

Se sono tanti i significati delle decorazioni, non meno importante è il messaggio stesso delle catacombe. La comunità cristiana ha ben presto avvertito la necessità di uno spazio destinato ad accogliere i fedeli in un riposo comune e in particolare si desiderava garantire a tutti i suoi membri, anche a quelli più poveri, una sepoltura dignitosa, esprimendo dunque un forte richiamo all’uguaglianza e alla fratellanza. È con questo spirito che nascono e si sviluppano le prime catacombe, composte da reti di gallerie sotterranee scavate talvolta riutilizzando spazi preesistenti. Garantivano l’apertura di più pile di loculi sovrapposti oppure forme di deposizione più articolate, come le tombe a mensa, gli arcosoli e i cubicoli. Sono spazi definiti cimiteri con un termine che deriva dal greco e indica «il luogo del riposo, che rispecchiano con esattezza la concezione cristiana della morte come tempo sospeso in attesa della Risurrezione.

Il valore delle Giornate delle Catacombe, che hanno preso il via nel 2018, è quello di offrire un percorso di visita e conoscenza che introduca alle fonti monumentali, testi diretti, ma anche alle fonti letterarie. «trascrizioni indirette». Fra le risorse più comuni si ricordano le Sacre Scritture, ma ci sono anche altri scritti, come quelli dei padri apostolici, coloro che ebbero rapporti con gli apostoli; o quelli degli apologisti greci del II secolo; o alcuni scritti antieretici dello stesso secolo e quelli degli scrittori cristiani del III IV secolo, tra cui si distingue Tertulliano con i suoi Ad Nationes e Apologeticum. D’altra parte, la Commissione di Archeologia Sacra istituita per un’idea dell’archeologo romano Giovanni Battista de Rossi venne riconosciuta come istituzione da Pio IX il 6 gennaio 1852 con la finalità di «custodire i sacri cemeteri antichi, per curarne preventivamente la conservazione, le ulteriori esplorazioni, le investigazioni, lo studio, per tutelare inoltre le più vetuste memorie dei primi secoli cristiani».

di FAUSTA SPERANZA

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-10/quo-228/archeologia-di-fratellanza.html

al Seminario di studi promosso dalla Santa Sede sull’acqua con esperti Fao e Ifad

Preservare e gestire l’acqua

per il bene di tutti

18 Ottobre 2023,  15:30-18:30

Presso l’Università santa Croce  Seminario di Studi

per offrire  una visione ampia delle risorse idriche: la prospettiva ecclesiale e quella di scienziati e di funzionari degli Organismi del polo romano  delle Nazioni Unite

Saluto Prof. Luis Navarro
Rettore magnifico della
Pontificia Università della Santa Croce

Conclusioni Mons. Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso la FAO, l’IFAD e il PAM

Moderatore Dott. Alessadro Gisotti Dicastero per la Comunicazione

Oratori

“Il senso della sete. L’acqua tra diritti non scontati e urgenze geopolitiche”.
Dott.ssa Fausta Speranza, Giornalista Inviato Esteri e Cultura

Esperienze sul terreno

“Bringing land back to life”. Caritas Ethiopia and Caritas Eritrea. Dott.
Alistair Dutton, Secretary General of Caritas Internationalis.
“Sorella acqua e la giustizia ambientale”. Dott.ssa Ivana Borsotto,
Presidente della Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale
Volontario (FOCSIV)

Rassegna stampa

https://www.ansa.it/vaticano/notizie/cristiani_mondo/2023/10/18/vaticano-lacqua-non-e-merce-quotazione-in-borsa-e-immorale_f177c78b-a0b2-4a90-a020-569413926237.html

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2023-10/seminario-acqua-universita-santa-croce.html