Romano Prodi 05/2004

OGGI IN PRIMO PIANO

CON UN FORTE IMPEGNO PER IL MULTILATERALISMO E LA COESIONE SOCIALE, SI E’ CONCLUSO IN MESSICO IL VERTICE DELL’UNIONE EUROPEA, AMERICA LATINA E CARAIBI. NOSTRA INTERVISTA CON IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, ROMANO PRODI

Coesione sociale, difesa dei diritti umani e multilateralismo: sono i punti forti dell’appello lanciato da Europa, America Latina e Paesi caraibici a conclusione dei due giorni di vertice di Guadalajara, in Messico. Si tratta del terzo Summit tra i leader dei due continenti dopo quelli di Rio de Janeiro del 1999 e di Madrid del 2002. Il multilateralismo viene indicato come l’unico strumento per risolvere le nuove sfide e minacce globali, quali il terrorismo. Ma perché possa essere una realtà si invoca “una profonda riforma dell’Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza dell’Onu”. E la crisi in Iraq emerge esplicitamente nella condanna delle torture inflitte ai prigionieri di guerra iracheni nel carcere di Abu Ghraib. Nessuna critica esplicita nei confronti degli Stati Uniti, ma certamente parlare di multilateralismo significa contenere il raggio di azione dell’unica superpotenza. E’ questa intenzione, dunque, il primo risultato del vertice a Guadalajara di 58 leader di Europa, America latina e Caraibi? Fausta Speranza lo ha chiesto al presidente della Commissione europea, Romano Prodi:

Non è fatto per criticare, è un accordo per sopravvivere. Tutti questi Paesi capiscono benissimo che mettendosi insieme possono aiutare a creare nel mondo un pluralismo nel potere economico e nel potere politico, che è indispensabile per respirare. Su questo si sono trovati tutti d’accordo. Non c’è stata una sola voce dissenziente.

Presidente, lei nel suo intervento introduttivo ha parlato tra l’altro di solidarietà, di lotta alla povertà. Su questi temi si sono fatti passi avanti nel Vertice di Guadalajara?

Si sono fatti passi avanti, ma rispetto alla dimensione del problema devo dire che sono passi minimi. Noi stiamo lavorando perché finalmente questi Paesi si mettano assieme e possano veramente rappresentare un’area economica che aiuti quello che è il sussidio…

Ecco, presidente, proprio a questo proposito, alla vigilia di questo Vertice, qualcuno polemicamente riassumeva i rapporti tra Europa ed America Latina parlando di creditori e debitori. Si può dare un’altra fotografia di questi rapporti?

E’ una definizione abbastanza tradizionale, che ha anche degli aspetti di verità. Il problema è come uscire da questa realtà. Il nostro discorso, allora, del multilateralismo, di una politica sociale forte – non dimentichiamo che progressi verso la democrazia negli ultimi anni se ne sono fatti tanti in America Latina – tutto questo disegno aiuta certamente a superare l’idea dei debitori e creditori. Ma se l’America Latina non si mette assieme, quest’idea, prima o poi, riaffiora.

Presidente Prodi, a proposito delle dichiarazioni di Fidel Castro, che ha accusato l’Unione Europa di disinteressarsi dell’America Latina, lei che cosa vorrebbe chiarire?

Negli ultimi tempi l’Unione Europea si era aperta a Cuba, ma Cuba ha ricambiato con una politica oppressiva nei confronti dei dissenzienti. L’Unione Europea ha reagito come doveva reagire, cioè duramente. Allora quello di Cuba è stato un atteggiamento di ulteriore isolamento.

Gli osservatori non potevano non notare che a firmare la dichiarazione a favore del multilateralismo mancavano Blair e Berlusconi, in questo momento primi sostenitori degli Stati Uniti. Lei che dice?

Naturalmente questo fatto è stato molto notato. L’Europa è stata rappresentata come non mai in questo Vertice: c’era il cancelliere Schroeder, Chirac, Zapatero, praticamente tutti i Paesi. Mancavano la Gran Bretagna e l’Italia. Non posso dare alcuna spiegazione, perché non ne ho… posso solo dire che questo è stato molto notato, anche se io non credo che siano mancati per non firmare la dichiarazione sul multilateralismo. Almeno spero che non sia stata questa la ragione. Certamente l’America Latina ha bisogno di un rapporto forte e tra l’altro per i Paesi dell’America Latina queste mancanze non hanno certamente provocato né gratitudine, né reazioni positive.

30 maggio 2004

Da Bruxelles: 26/03/2004

24 ORE NEL MONDO

Dopo la dichiarazione comune contro il terrorismo e l’annuncio di un accordo di ieri sera sulla Costituzione entro giugno, le questioni economiche e l’Iraq impegnano oggi i leader europei riuniti nella giornata conclusiva del vertice del Consiglio a Bruxelles. Dei lavori di questa mattina ha riferito in conferenza stampa il presidente del parlamento europeo Pat Cox. La parola alla nostra inviata a Bruxelles Fausta Speranza:

26 marzo 2004

Vertice UE Marzo 2004

24 ORE NEL MONDO

19 marzo 2004

●  A Bruxelles primo consulto tra i ministri degli interni e della giustizia di 5 grandi Paesi, su come rafforzare gli strumenti comuni nella lotta al terrorismo. Sugli incontri indetti in via straordinaria dopo le bombe di Madrid, il servizio di Fausta Speranza:

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I ministri di Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna, sono riuniti da questa mattina a margine del Consiglio straordinario Affari Interni e Giustizia dell’Ue che si terrà nel pomeriggio. Ieri, nella riunione dei rappresentanti, i Quindici i sono detti d’accordo sull’istituzione di un coordinatore unico per la sicurezza, quello che è stato definito il super commissario per il terrorismo.

Adottata anche una clausola di solidarietà che impegna i Paesi ad agire ”congiuntamente e con spirito solidale” a fianco di uno Stato membro, vittima di un attacco. Punto centrale della strategia da mettere a punto è il rafforzamento della cooperazione nella raccolta ed elaborazione di tutte le informazioni utili ai fini della lotta al terrorismo. Dall’incontro di questa mattina sembra sia emerso un consenso sull’introduzione dell’obbligo di conservare i dati telefonici e del traffico Internet per facilitare le indagini  e sulla creazione di un registro europeo dei passaporti rubati.

A proposito della rete di informazioni europea, il ministro degli interni tedesco, Schily, chiede ”incontri regolari dei capi dei servizi di intelligence a Bruxelles”, ma al di fuori della struttura Europol, che è piuttosto ”una struttura di polizia”. Sembra, quindi, tramontata l’ipotesi di una sorta di Cia europea.  In ogni caso, dopo l’incontro di queste ore dei ministri dei 5 Paesi, lunedì si riuniranno a Madrid anche i capi dei rispettivi servizi di Intelligence. Questi gli appuntamenti del gruppo ristretto, ma non bisogna dimenticare il vertice straordinario del pomeriggio che riunisce i ministri di interni e giustizia di tutti gli Stati membri dell’Unione.
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Sugli allarmi terrorismo, è intervenuto in Italia il presidente della Repubblica, Ciampi, affermando che tutta Europa è sotto attacco e che i morti di Madrid sono i morti di tutti gli europei. “Dobbiamo avanzare sulla via dell’unificazione politica dell’Europa – ha detto Ciampi – ed è più che mai urgente approvare una nuova Costituzione che consenta alle nazioni europee di dare una risposta forte alla sfida di questo barbaro terrorismo”.
Restano in carcere i primi cinque fermati dalla polizia spagnola per le stragi di Madrid. Si tratta di tre marocchini e due indiani che hanno negato ogni legame con al Qaeda. I tre marocchini, Jamal Zougam, Mohamed Bekkali e Mohamed Chaui, sono sospettati di appartenere a una organizzazione terroristica e di essere responsabili di  190 omicidi e 1.400 tentati omicidi, oltre a danni e furto di  auto. Nel caso dei due indiani, Vinay Kohly e Surech Kumar, il giudice ha motivato la sua decisione di tenerli in detenzione  con il sospetto di collaborazione con organizzazione terroristica e falsificazione di documenti.

24 ORE NEL MONDO

22 marzo 2004

Il Consiglio dei ministri dell’Ue, così come la Commissione, condanna “l’uccisione extragiudiziaria” del leader di Hamas e di altri otto palestinesi da parte delle forze israeliane questa mattina. E’ quanto si legge nelle conclusioni del Consiglio dei ministri europei. Le crisi internazionali incombono, dunque, sulla riunione dei ministri degli Esteri dei Quindici che si è aperta questa mattina a Bruxelles sui temi della lotta al terrorismo e del rilancio della strategia economica messa a punto nel vertice di Lisbona del 2000. Il servizio di Fausta Speranza:

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I capi delle diplomazie europee sono riuniti in preparazione del Consiglio di giovedì e venerdì prossimo. Gli argomenti in agenda sono quelli che attendono i leader per questo vertice di primavera e cioè cooperazione per la sicurezza e rilancio dell’economia. Ma è forte l’eco di quanto avviene in Medio Oriente, in Afghanistan e nei Balcani. In tema di terrorismo, il dibattito è aperto da giorni: ci sono stati gli incontri a livello di ministri di interni e giustizia e c’è proprio in queste ore a Madrid la riunione dei servizi di intelligence di Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Spagna, i cosiddetti Grandi. E’ una riunione a porte chiuse in una sede non rivelata, visto il coinvolgimento dei servizi segreti e il carattere operativo della discussione. Va detto che l’Unione non vorrebbe parlare di terrorismo solo in termini di prevenzione poliziesca ma anche affrontando le motivazioni profonde del fenomeno. Lo sottolinea il ministro italiano, Frattini, a margine dell’incontro a Bruxelles, spiegando che l’Italia sostiene un progetto di ricerca delle cause profonde che alimentano il terrore. E un documento comune dei Quindici in tema di terrorismo ci sarà presto: sarà presentato al vertice dei leader di giovedì e venerdì. In termini di impegno politico, il dibattito è aperto su come possa essere più attivo il ruolo dell’Unione europea nei Balcani, dove ancora regna l’instabilità. Su questo tema ci sono consultazioni in corso tra i maggiori Paesi europei impegnati nell’area e gli Stati Uniti. E non si esclude in prospettiva una consultazione del Gruppo di Contatto.
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24 ORE NEL MONDO

25 marzo 2004

Conferenza intergovernativa e dunque costituzione, terrorismo e questioni economiche: queste le direttrici su cui l’Unione Europea tenta di pronunciare parole chiave per il prossimo futuro. È l’attesa per il vertice dei capi di Stato e di governo che si apre nel pomeriggio a Bruxelles. Nella sua presentazione, il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ha definito il terrorismo la più grave minaccia per il mondo libero, dopo la Seconda Guerra Mondiale e ha poi annunciato di essere ottimista per quanto riguarda il trattato costituzionale. Il servizio dalla nostra inviata a Bruxelles, Fausta Speranza:

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Terrorismo, Iraq, Medio Oriente reclamano un’Unione in grado di prendere decisioni politiche, che significa un’Europa che ha fatto le riforme costituzionali. Ne sono consapevoli i leader che si ritroveranno alle 18.00 per la prima riunione di questo vertice di primavera, che fa seguito a quello segnato dal fallimento sulla Costituzione. Nelle ultime ore si sono moltiplicate le dichiarazioni di disponibilità per un accordo sul nodo del sistema di voto e si intravede la svolta entro giugno. E’ possibile, se oggi si gettano le basi, e promettente la dichiarazione di poco fa del capo della diplomazia polacca. Varsavia non esclude più un compromesso sulla doppia maggioranza, cioè 50 per cento degli Stati più uno, che rappresentino il 60 per cento della popolazione. Dopo le aperture del futuro premier spagnolo, dunque, non c’è più il veto né di Spagna, né di Polonia, che ha bloccato la discussione a dicembre scorso. L’ipotesi degli ultimi giorni è di ritoccare la percentuale, portandola a 55 e 65, ma Prodi avverte: “Se si alza troppo sarà sempre blocco decisionale, come per l’unanimità”. Qualcuno ipotizza anche che il compromesso possa essere sulla data dell’entrata in vigore del nuovo sistema, piuttosto che sulla percentuale. In ogni caso poter decidere è il vero nodo da sciogliere, perché l’Europa risponda al terrorismo con un progetto politico che vada oltre le misure prese in questi giorni per lo scambio di informazioni sul piano operativo. E nel documento sul terrorismo, il più atteso di questo vertice, ci aspettiamo di leggere idee chiave. Tra le decisioni che attendono i Paesi europei e sulle quali dunque l’appuntamento di oggi e domani doveva pronunciarsi, ma probabilmente non ce la farà, ci sono anche le questioni dell’economia. Dalle parole dell’agenda di Lisbona del 2000 infatti si deve ancora passare ai fatti.

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24 ORE NEL MONDO

26 marzo 2004

Dopo la dichiarazione comune contro il terrorismo e l’annuncio di un accordo di ieri sera sulla Costituzione entro giugno, le questioni economiche e l’Iraq impegnano oggi i leader europei riuniti nella giornata conclusiva del vertice del Consiglio a Bruxelles. Dei lavori di questa mattina ha riferito in conferenza stampa il presidente del parlamento europeo Pat Cox. La parola alla nostra inviata a Bruxelles Fausta Speranza:

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Il 40 per cento delle direttive economiche dell’agenda di Lisbona del 2000 non sono state ancora recepite dagli Stati. Chiarisce così il lavoro che resta da fare il Presidente del Parlamento che ricorda gli obiettivi di competitività e sviluppo da rispettare entro il 2010. Punti deboli: la crescita e l’occupazione. Una priorità: gli investimenti nella ricerca. Ormai alla vigilia dell’allargamento a 25 non sono più ammessi ritardi per un mercato unico. Il progresso fatto nell’incontro di questa mattina  Pat Cox lo riassume dicendo: “l’impasse è superata”. E’ la stessa espressione usata ieri dal presidente di turno irlandese del Consiglio, Ahern, e sembra l’espressione chiave per questo Vertice al quale i leader sono giunti scossi dai fatti di Madrid. “L’Europa non si ferma”, è stato ieri il messaggio del presidente della Commissione, Prodi. Lo slancio decisionale segna la lotta al terrorismo: con il documento presentato ieri si chiede di mettere in atto senza più ritardi le misure studiate dopo l’11 settembre del 2001, in particolare il mandato di arresto europeo. Novità: il commissario antiterrorismo e la clausola di solidarietà.

Ma soprattutto c’è il balzo in avanti sulla via della Carta costituzionale: l’impegno di tutti a giungere ad un accordo entro il prossimo Vertice del 17 e 18 giugno, forse anche prima delle elezioni europee del 12 e 13. Ahern spiega che resta la prospettiva della doppia maggioranza per il discusso sistema di voto, cioè una percentuale di Stati che rappresenti una certa percentuale di popolazione, ma non si sa le cifre ipotizzate di 50 per cento + 1 per gli Stati e 60 per cento  per la popolazione verranno ritoccate. Si sa solo che c’è l’intenzione di tutti di arrivare a un compromesso. Dalle ultime riunioni di lavoro, con il conclusivo pranzo, ci si attende un pronunciamento significativo sull’Iraq: la richiesta formale di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza perché l’Onu torni ad avere un ruolo centrale nel Paese.

Ma è evidente che per l’Europa il presupposto di ogni scelta politica incisiva  è la Costituzione. Fondamentale, dunque, l’annuncio della ripresa del negoziato. Ma in definitiva, è emersa un’intesa o la conferma di buoni propositi? Lo abbiamo chiesto a Andrea Bonanni, esperto di questioni europee del quotidiano La Repubblica:

R. – Possiamo dire che siamo per il momento al livello dei buoni propositi, anche se c’è un’intesa nell’andare avanti, nel riaprire e chiudere addirittura il negoziato entro il termine della presidenza irlandese, cioè entro giugno. I problemi rimangono ancora tutti sul tappeto. C’è però la volontà di tutti di fare concessioni e di trovare un’intesa.

D. – Quanto possono avere pesato i fatti di Madrid?

R. – I fatti di Madrid sono stati indubbiamente l’elemento di svolta di tutto, perché hanno reso tutti consapevoli che l’unica risposta politica alta che si può dare alla sfida del terrorismo è quella di dimostrare che l’Europa è in grado di darsi una costituzione, di iscrivere in questa costituzione una serie di valori democratici e anche di darsi gli strumenti, sempre con la costituzione, per una più stretta cooperazione in materia di lotta alla criminalità e lotta al terrorismo.

200 anni dalla morte di Immanuel Kant

A 200 anni dalla morte di Immanuel Kant, dibattiti e cerimonie rievocative ripercorrono il bagaglio di pensiero che il massimo filosofo tedesco ha lasciato. In particolare nella città dove Kant è nato, nel 1724, le iniziative culturali sono accompagnate anche da una scelta politica: proprio oggi nella cittadina, che allora si chiamava Koeningsberg e apparteneva alla Prussia orientale e che oggi si chiama Kaliningrad e appartiene alla Russia, viene inaugurata, alla presenza del ministro degli esteri Fischer, la prima rappresentanza diplomatica tedesca, dopo dieci anni di trattative tra Germania e Russia. Nella stessa cittadina Kant ha sempre vissuto, ha insegnato, ha scritto le sue opere e il 12 febbraio del 1804 è morto. Ma la profondità della sua riflessione ha valicato confini ben più ampi, segnando profondamente la cultura dell’Occidente. Di tanti, lunghi, articolati scritti tentiamo di focalizzare un aspetto di quanto rimane di più significativo per il sentire moderno. Scegliendo il tema kantiano dell’imperativo categorico Fausta Speranza ha chiesto aiuto al prof. Giuseppe Modica, ordinario di filosofia morale e presidente del Corso di laurea in filosofia e scienze etiche all’Università di Palermo.

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R. – Si capisce l’imperativo categorico ricordando sempre un assunto chiave di tutto il pensiero kantiano: il rapporto tra moralità e libertà. Kant rivendica un rapporto intrinseco tra moralità e libertà perché non c’è l’una senza l’altra. Le due categorie si richiamano a vicenda a conferma del fatto che l’imperativo categorico è certamente assoluto e perentorio proprio perché ha dinanzi a sé una libertà che in qualsiasi momento può disfarne l’imperatività. E’ quindi importante capire che l’appello kantiano è un appello rivolto alla capacità dell’uomo di realizzare la legge morale nella sua assolutezza e nella sua universalità, senza cedimenti a forme di utilitarismo o di sentimentalismo che possono inquinarne la purezza. Credo che questo sia importante considerando la ricaduta che può avere il messaggio kantiano sul mondo contemporaneo.

D. – Oggi è molto difficile parlare di “morale”, eppure c’è profondità di pensiero e di sensibilità dietro a questo termine. Che cosa impariamo da Kant, che ha saputo parlarne tanto?

R. – Con un’espressione assolutamente generalista ma anche metaforica possiamo definire il mondo di oggi come il mondo variegato dell’industria e del commercio. E vi siamo tutti immersi e sommersi. Ci porta a considerare le persone come mezzi, come mezzi utilizzabili per il raggiungimento di scopi, che in genere riguardano direttamente noi. Spesso, quindi, la persona è asservita a questo intendimento. L’appello kantiano, anche qui posto sotto forma di imperativo categorico, è quello per cui nessuno deve mai trattare se stesso o gli altri semplicemente come mezzo ma sempre ed anche come fine. Questo è fondamentale. La distinzione che Kant fa tra il valore inteso come prezzo e il valore inteso come dignità è essenziale, anche per comprendere non solo l’attualità di Kant ma anche l’esemplarità. Quando una cosa ha un prezzo possiede un valore relativo e perciò è commerciabile e può essere comprata, costasse pure tutto l’oro dell’universo. Quando, invece, una cosa ha dignità, non è commerciabile, non può essere comprata ma ha un valore assoluto e incondizionato. E’ proprio la dignità e non il prezzo ciò che contraddistingue la personale morale, secondo Kant.

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Romano Prodi 2003

OGGI IN PRIMO PIANO

L’ALLARGAMENTO AD EST, L’UNIONE PER LA PACE, L’EREDITA’ DEL CRISTIANESIMO:
LE NUOVE SFIDE PER L’EUROPA
– Intervista con Romano Prodi, presidente della Commissione Europea –

Le prospettive di un’Europa a 25, le sfide in tema di pace, le radici cristiane del Vecchio continente. Sono alcuni dei temi affrontati questa mattina da Romano Prodi nell’intervista alla nostra emittente. Ascoltiamo innanzitutto la riflessione del presidente della Commissione Europea, Romano prodi, a proposito dell’allargamento dell’Unione. L’intervista è di Fausta Speranza.

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R. – Ritengo che l’Europa non sia completa se non comprende i Paesi che entrano adesso, più gli altri Paesi che stanno negoziando, e in un futuro i Paesi Balcani. Quindi, io vedo questo come necessario per la pace, ma lo vedo anche necessario per la prosperità futura di tutto il continente. Diventiamo un mercato unico, grande, solidale, il più grande mercato interno del mondo. Quindi, noi possiamo veramente avere una parola nella politica di domani, una parola di saggezza che mi sembra necessaria.

D. – In tutto questo, che peso hanno e potranno avere le divisioni emerse di recente all’interno dell’Unione, in particolare in tema di pace?

R. – Sono delle divisioni dei governi, ma sono una grande unità dei popoli. In tutta Europa i popoli hanno, in modo del tutto straordinario, del tutto imprevisto, dato il loro consenso ad una politica di pace. Non è una divisione profonda che abbiamo su questi temi, è una divisione tattica, una divisione politica, che quindi in un futuro può essere componibile. Bisogna tenere in Europa, non solo il futuro della nostra ricchezza, il futuro della nostra economia, ma anche il futuro della nostra sicurezza.

D. – Quale può essere e quale deve essere l’impegno dell’Italia nel prossimo semestre di Presidenza?

R. – Io credo che il compito fondamentale sia quello di coadiuviare alla messa in atto, alla conclusione della Convenzione, in modo da poter firmare il nuovo trattato nel semestre italiano. Spingere la nuova politica per il Mediterraneo e per i Balcani. Io credo che si siano fatti dei passi enormi, come abbiamo visto, verso i Paesi al di là della cortina di ferro. Adesso dobbiamo svolgere uno sguardo al Mediterraneo, che è sempre più povero, che è sempre in tensione crescente, e che si allontana da noi.

D. – Presidente Prodi, il Papa dalla Spagna ha lanciato di nuovo un appello, perché non siano abbandonate le radici cristiane dell’Europa. Da presidente della Commissione Europea che cosa risponde?

R. – Io ritengo che queste radici cristiane d’Europa siano fondamentali non solo per il nostro passato, ma siano fondamentali anche per il nostro futuro. Non vi può essere un’Europa che non tenga conto di che cosa il Cristianesimo rappresenti per il nostro continente. Ma la Commissione Europea, che è un organo politico, ha interpretato ancor prima della riforma dei Trattati questa necessità, impostando un dialogo permanente con le Chiese – dialogo che era stato richiesto dalle Chiese stesse – e che vede la Chiesa cattolica protagonista attiva, attraverso la Comece. E poi abbiamo deciso una consultazione preliminare con le Chiese, ogni volta che si debba prendere una decisione che riguardi l’ambito di interesse dell’attività delle Chiese. Quindi il dialogo strutturato con le Chiese da molti anni noi lo abbiamo già fatto. Inoltre lavoriamo per inserire il nuovo Trattato anche rispetto agli accordi delle Chiese con gli Stati nazionali, in modo da rispettare non solo le esigenze della riunione, delle libertà di riunione, delle libertà di associazione, ma anche le scelte delle singole Chiese nazionali nei diversi Stati membri. Noi riteniamo – io ritengo personalmente – che i valori a cui ha fatto appello il Papa siano veramente fondamentali per costruire e conservare l’unità del nostro continente.
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D. – Presidente Prodi, innanzitutto l’incontro con il Papa: a conclusione, in qualche modo – comunque, siamo vicini alla conclusione – del suo mandato alla presidenza della Commissione europea, e il giorno prima della firma del Trattato costituzionale. Che significato e che valore ha avuto?

R. – Due aspetti. Uno, evidentemente di commozione personale, e su quello non voglio dire nient’altro. Poi, c’è un aspetto politico che anche nel colloquio si è sentito molto: il grande momento dell’Europa che respira a due polmoni e che – anche se con problemi che tutti condividiamo, che tutti abbiamo sentito – si da veramente una regola per il futuro. E’ un’Europa stabile, è un’Europa che ha chiuso con Yalta, che ha finito con le tensioni … si è parlato proprio tanto di pace, di come i nuovi Paesi stanno arrivando, non solo la Polonia ma tutti; del clima che si deve creare, per la nuova Europa …

D. – Presidente, ci aiuti ad interpretare il voto di ieri al Parlamento …

R. – Ma … l’interpretazione seria, politica è una sola. Il Parlamento europeo ha voluto affermare la sua forza di fronte a quello che è il governo europeo, anche se i termini non sono precisi: si parla di Commissione, non di governo … Ma è un classico della democrazia: il Parlamento cresce, diventa consapevole della sua forza, e va considerato non per i poteri formali che ha, ma per il fatto che è un Parlamento! E d’ora in poi, il Parlamento europeo sarà un protagonista molto più forte, insieme alla Commissione, della vita europea. E quindi, gli Stati membri che in molti casi avevano sempre controllato il voto dei loro parlamentari, si sono trovati adesso di fronte ad un’evoluzione di straordinaria importanza nelle istituzioni europee.

D. – “L’Europa è aperta a tutti gli Stati che rispettano i suoi valori”: questo è il principio. Secondo lei, il Trattato costituzionale aiuterà a rendere più concreto il rispetto di questi valori?

R. – Sì, molto. Perché i valori sono ben chiari nel Trattato costituzionale. Certamente, anch’io avrei preferito, e ho lavorato attivamente perché ci fosse nel preambolo il riconoscimento delle radici storiche del cristianesimo e del giudaismo: questo non è stato possibile. Ma i valori di questa nostra religione sono veramente contenuti nella Carta costituzionale. Possiamo veramente pensare ad un’Europa – se legge l’articolo 1,4 – che ha questi principi come strumento di pace, come una nuova entità che si mette a servizio di un concetto molto diverso da quello tradizionale, del rapporto di forza tra Paesi, ma che regola i conflitti con un atteggiamento multilaterale, con l’uguaglianza tra i diversi Paesi che partecipano alla nuova Unione … è un superamento del concetto di “Stato moderno”!

D. – Dunque, le sembra che il Trattato costituzionale possa essere una scommessa di pace?

R. – Sì! E’ una scommessa di pace. E non è una scommessa: finora abbiamo mantenuto! Nel ’57 è stato firmato il primo Trattato di Roma; ci siamo allargati, successivamente. Mai, mai un conflitto all’interno dei confini dell’Unione. Tragedie, subito fuori dalla nostra porta. In questo senso, l’unificazione dell’Europa con l’allargamento, e quella già progettata verso Bulgaria e Romania e verso i Balcani, sono un’ulteriore garanzia di pace.

D. – Ecco, però lei spesso ha ricordato che l’Europa deve guardare anche oltre i propri confini. Dunque, questo Trattato costituzionale potrà aiutare ad evitare una crisi di divisione, come quella che c’è stata in tema “Iraq”?

R. – Questo no, purtroppo, perché la competenza in politica estera non c’è ancora e quindi, se domani ci dovesse essere un conflitto come quello iracheno, non c’è nessuna garanzia che non ci siano le stesse divisioni. Ma l’Europa si fa con la pazienza, ci vorrà qualche decennio per avere una politica estera comune, ma la via è segnata.

D. – “L’Europa è un’unione di minoranze”: è un’espressione che le è cara. In che modo si coniuga con l’esigenza di un’Europa ad una sola voce?

R. – Si coniugano proprio perché ognuno è in minoranza. Non c’è nessuno che imponga la propria voce agli altri. In minoranza si discute, si decide insieme e ciascuno contribuisce alla decisione. Ma nessuno la impone agli altri. Ed è questo il concetto nuovo dell’Europa. Per questo non sono soddisfatto dei punti in cui – come nella politica estera – si è mantenuta l’unanimità delle decisioni, perché in 25 Paesi, con il principio dell’unanimità, è difficile prendere delle decisioni, anzi: è impossibile!

D. – Presidente: euro, allargamento, Trattato costituzionale sono le conquiste più evidenti di questi cinque anni. Ce ne racconta qualcuna invece meno evidente e magari più sofferta?

R. – Io esco con la tristezza di non vedere messi in atto i progetti che avevamo messo in cantiere nel 2000 in campo economico, il cosiddetto “processo di Lisbona”, in cui avevamo detto – anche con molta gioia comune, no? – che insieme avremmo fatto una strategia per aumentare il gruppo economico, la ricerca, le innovazioni per diventare – era il nostro slogan – “la società più innovativa del mondo”. Sono passati quattro anni e in questo campo, proprio la mancanza di processi decisionali, l’obbligo dell’unanimità hanno fatto sì che le decisioni prese – ce n’erano parecchie, di buone decisioni, ma si era ancora troppo, troppo scarsi rispetto all’obettivo. E quindi, non siamo la società più innovativa del mondo. Lo dobbiamo ancora divenire.

D. – Ecco, però, parliamo proprio di Europa nel mondo: ci parla dei rapporti di partenariato che l’Europa ha avviato?

R. – E’ il nuovo capitolo: abbiamo definito i confini dell’Europa, l’allargamento è già fatto, quello verso la Bulgaria e la Romania è prossimo, il caso della Turchia, quindi i Balcani e poi i confini si fermano. Ma se l’Europa è un segnale di pace, deve attuare la politica già approvata – intendiamoci: già approvata! –, la cosiddetta “politica di vicinato”, cioè tutti i Paesi, dalla Russia fino al Marocco che sono vicini potranno – se vogliono – concludere con l’Europa uno strettissimo accordo, condividendo con l’Unione tutto, senza però far parte delle istituzioni europee, cioè senza diventare membri dello stesso Parlamento e della stessa Commissione, ma condividere unione doganale, trattati commerciali, regole economiche, cooperazione di polizia, di giustizia, regole dell’immigrazione … tutto quanto concerne la collaborazione più profonda. Ecco, è importante questo perché vuol dire estendere questa “infezione di pace” anche a Paesi che ne hanno tanto bisogno – pensi a Israele, alla Palestina, l’Egitto, i Paesi del Maghreb, l’Ucraina: pensi all’Ucraina, che è questa grande anima europea … Ecco, questo è l’ulteriore passo ed il compito dei prossimi decenni.

D. – Presidente Prodi, io avei voluto chiederle oggi, una volta fatta la valigia, se ci raccontava così, sottovoce, la sua voglia, l’intenzione di tornare indietro e di fare, altrettanto sottovoce, a qualche leader europeo qualche raccomandazione per il bene dell’Europa: non so se lei ha voglia adesso che ha fatto la valigia, ma l’ha anche disfatta …

R. – Sì, ieri è stata proprio una giornata incredibile, perché ho fatto proprio la valigia, ho chiuso casa – come si dice in termini popolari – ho disdetto i contratti della luce, del gas, l’abbonamento alla televisione, tutte le cose che si fanno normalmente; e poi come sono arrivato in ufficio è incominciato questo strano momento in cui siamo dovuti ritornare indietro, e adesso per qualche settimana dovrò rimanere a custodia delle istituzioni. Lo faccio volentieri, perché ci vuole continuità. Ma non ho proprio molti consigli da dare, salvo quello di prendere una lezione comune, che tutti dobbiamo prendere da questi avvenimenti, e cioè di considerare la nuova forza del Parlamento europeo.

D. – Ecco, anche qui: ancora presidente in carica della Commissione europea, ho un po’ più di difficoltà a chiederle se vuole commentare i grandissimi passi indietro – come lei stesso ha riconosciuto – che ha fatto l’Italia nella sua spinta europeista …

R. – Ma … sono cose che ho detto, e anche se dovrò rimanere ancora un po’ di tempo a Bruxelles, credo di non violare nessuno dei miei doveri se ripeto che in parecchi momenti è mancata una forte spinta europeistica che era nella tradizione italiana, secondo cui l’Europa ha sempre fatto parte del nostro DNA, ha sempre accompagnato i nostri successi … A volte sembra come mancare fede in questa realtà, sembra che qualcuno possa pensare che l’Italia possa fare da sola. Ecco, io credo, sono convinto che siano stati soltanto momenti passeggeri e che ritorni la grande politica italiana, di essere la spinta dell’Europa. Anche perché poi è difficile vedere guadagno e ricompensa da una politica diversa: è molto difficile. Io non ne vedo e non ne ho visti!

D. – Un esempio concreto?

R. – Un esempio concreto … ce ne sono … i più evidenti sono nel campo della cooperazione giudiziaria, sono nella spinta verso il multilateralismo, sono anche nello spingere nel campo della cooperazione economica che è interesse dell’Italia vedere più stretta, più forte, proprio perché altrimenti noi perdiamo contatto con il nuovo, con il nucleo forte del progresso del nostro continente. L’Italia, nella sua storia, ha sempre avuto due aspetti: uno, di essere parte dell’Europa più avanzata, del nocciolo duro dell’Europa, e l’altra, della difficoltà di essere periferica. Ecco, noi non possiamo assolutamente permetterci di diventare un Paese periferico, dobbiamo fare in modo che anche la periferia, soprattutto il nostro Mezzogiorno, diventi un punto centrale della politica europea. E ne abbiamo le possibilità, perché con lo sviluppo dell’Asia, il Mediterraneo è tornato – dopo quattro, cinque secoli – centrale e, se non siamo matti, dobbiamo capire che si possono rovesciare tante cose. I punti di arrivo del mondo che si sviluppava, che erano Amsterdam, Londra, adesso, attraverso Schulz, dall’Asia vengono verso il nostro Mezzogiorno. E allora, dobbiamo prendere noi l’iniziativa di legare l’Europa all’Asia. Questo è il nuovo, grande compito dell’Italia.
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6 maggio 2003

Corte Penale Internazionale

Con il giuramento di 18 giudici di 4 continenti, oggi, 11 marzo 2003, nasce all’Aja il gruppo di lavoro della Corte penale internazionale. Alla presenza del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, e della regina d’Olanda, i giudici, che resteranno in carica nove anni, giurano solennemente nella “Sala dei Cavalieri” del Parlamento olandese che ospita la sede della Cpi. Dal 1998, anno in cui la Corte veniva istituita, con il Trattato di Roma, finora 89 Stati ne hanno ratificato lo Statuto. Proprio oggi il Consiglio d’Europa ha lanciato un appello a tutti i governi del Pianeta che ancora non vi hanno aderito a farlo “senza indugio”. La Corte si ocuperà espressamente di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidi, rispondendo a un’esigenza di giustizia sovranazionale che già che nel 1948 era stata sottolineata da una Risoluzione dell’ONU. Un cammino importante, dunque, è stato compiuto ma restano alcuni interrogativi. Lo sottolinea, nell’intervista di Fausta Speranza, il prof. Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino.

11 marzo 2003

 

2001 G8 a Genova

Prima dei tragici sviluppi del G8 del 2001 a Genova, per approfondire alcuni dei tanti temi che faceva emergere, abbiamo realizzato una trasmissione speciale in diretta. Davvero speciale anche perchè frutto della collaborazione tra me e un altro collega italiano e rispettivamente altri due francesi e inglesi. Alcuni in studio, altri a Genova. Ne ripropongo qui la registrazione integrale:

21 luglio 2001

Romano Prodi 02/2001

La Carta dei diritti fondamentali e l’avvio dell’euro sono le più significative novità che l’inizio del Millennio ha portato all’Unione Europea. La moneta unica dei 15 Paesi membri per un anno affianca nelle operazioni finanziarie le monete locali. Da gennaio 2002 sarà moneta corrente ancora parallelamente a quelle tradizionali, ma solo fino a marzo dell’anno prossimo, quando diventerà l’unica valuta del vecchio continente. L’Euro è il simbolo di un’Unione che non può essere, però, solo economica ma anche culturale e istituzionale. E’ questo l’obiettivo della Carta dei diritti dei cittadini votata nell’ultimo vertice di Nizza, a dicembre scorso. Intende difendere i diritti fondamentali della persona, contro ogni forma di discriminazione, sfruttamento, abusi. Ma questa Carta si può considerare davvero la baseper la Costituzione dell’Europa unita? Risponde, nell’intervista di Fausta Speranza, Romano Prodi, presidente della Commissione Europea.

4/02/2001

Incontro con Padre Cremona

In occasione dell’anno 2000 e del millenario giubileo, ho realizzato diverse interviste ad alcune personlità. Mi accorgo che ho conservato solo questa, una lunga conversazione con il giornalista scrittore agostiniano Carlo Cremona. E’ la riflessione arguta e appassionata di un credente che non  abdica dalla sua natura di intellettuale.

3 dicembre 1999