Tra i finalisti del Premio europeo Caruana Galizia

Il video reportage “La discarica della vergogna”, firmato da Fausta Speranza con la regia di Stefano Gabriele e pubblicato sul sito www.MeridianoItalia.tv il 22 febbraio 2022,  e’ tra i 10 finalisti del Premio Daphne Caruana Galizia 2022 del Parlamento europeo.  Il 19 ottobre prossimo a Strasburgo si svolge la cerimonia di premiazione, in ricordo della giornalista maltese uccisa nel 2017 per le sue denunce di delitti ambientali e corruzione.
Questo il link per rivedere il reportage “La discarica della vergogna”:

Dalla Terra Santa il racconto di un pellegrinaggio d’eccezione

Di seguito i servizi radiofonici dalla Terra Santa per i Radiogiornale delle ore 08:00 nei giorni del primo pellegrinaggio dopo 16 mesi di pandemia e gli 11 giorni di scontri a maggio.  Di seguito introduzione e servizi:

06/07/2021

Dopo sedici mesi di paura a causa della pandemia, riprendono i viaggi in Terra Santa dell’Opera romana pellegrinaggi. Da ieri un gruppo di fedeli, sacerdoti e giornalisti italiani, guidato dal cardinale Enrico Feroci e da monsignor Remo Chiavarini, amministratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi. Da Gerusalemme la nostra inviata Fausta Speranza:

07/07/2021

La Terra Santa senza pellegrini è monca: sono parole del Patriarca di Gerusalemme dei Latini,  Sua Beatitudine PierBattistaPizzaballa,  che ieri ha accolto con gioia il primo gruppo dell’Opera romana pellegrinaggi in Israele – guidato dal cardinale Enrico Feroci – dopo un anno e mezzo di pausa forzata. Ascoltiamo il Patriarca Pizzaballa nel servizio della nostra inviata Fausta Speranza

08/07/2021

“Betlemme è la città della Terra Santa che più ha sofferto il Covid”. Sono parole di padre Ibrahim Faltas, francescano della Custodia francescana. Ma Betlemme è anche la città che racconta una storia di inclusione e di riscatto, come spiega nel servizio, la nostra inviata in Terra Santa, Fausta Speranza:

09/07/2021

In chiusura ci trasferiamo in Terra Santa. Nella grotta dell’Annunciazione a Nazareth è stata esposta la statua della Madonna di Loreto, nel corso del pellegrinaggio guidato dal cardinale Feroci. Un viaggio che significala ripresa non solo delle visite nei luoghi di Gesù, ma anche dei voli aerei della patrona dell’aviazione nell’ambito dell’anno giubilare lauretano. La nostra inviata a Nazareth Fausta Speranza ha intervistato Don Savino Lombardi, assistente spirituale dell’Opera romana pellegrinaggi:

 

Con Lucio Trojano

Messico dei paradossi

Violenza, corruzione e bellezza

“Messico in bilico. Viaggio da vertigine nel Paese dei paradossi”, questo il titolo di un libro pubblicato di recente, che descrive un Paese dalle mille contraddizioni e un popolo che, dal nuovo Presidente, attende riforme sociali e sicurezza

Stefano Leszczynski e Adriana Masotti – Città del Vaticano

Il Messico promette di diventare uno degli scenari geopolitici ed economici più interessanti dei prossimi anni. Sono pronti a scommetterci i principali analisti internazionali, come Lucio Caracciolo – direttore della rivista Limes – e Paolo Magri, direttore dell’ISPI. Entrambi concordano sulle peculiarità di quello che viene definito anche il più meridionale degli Stati nordamericani.

Le speranze dei messicani dopo il voto

Il Messico è un Paese grande sei volte l’Italia, che ospita 130 milioni di abitanti e che condivide ben 3.201 chilometri di confine con gli Stati Uniti, la cui popolazione è rappresentata per circa l’11% da messicani. Il primo dicembre di quest’anno, si insedierà alla presidenza Andres Lopez Obrador, 64 anni leader della sinistra messicana, uscito vincitore alle presidenziali di luglio, succedendo al Presidente Enrique Pena Nieto.

Insicurezza, corruzione e bellezza

Sarà Obrador a doversi confrontare con i paradossi messicani che sprofondano il Paese in un infinito orrore e lo innalzano al contempo verso un’insostenibile bellezza. Di tutto questo si parla nel libro di Fausta Speranza, giornalista alla redazione esteri dell’Osservatore Romano: “Messico in bilico – Viaggio da vertigine nel Paese dei paradossi” pubblicato da Infinito Edizioni, con il patrocinio di Amnesty International, e presentato nella sede della Federazione Nazionale della stampa italiana a Roma. Un libro che, passando dalle dimensioni umane e sociali ai versanti politici e geopolitici, offre un biglietto per un itinerario sulle “montagne russe” messicane.

Violenza e turismo tra povertà e grandi ricchezze

La violenza in Messico è drammaticamente paragonabile solo a uno scenario di guerra, ma il Paese è meta preferita di milioni di turisti. Dagli anni Novanta è in continua crescita economica e si è ridotto il numero dei poveri, ma resta un Paese con zone in cui si registrano indici di sviluppo pari alla Germania e aree paragonabili al Burundi. Lo spagnolo è lingua ufficiale, ma ci sono 62 idiomi amerindi riconosciuti, tra i quali nahuatl e maya, entrambi parlati da circa 1,5 milioni di persone.

I tanti paradossi messicani

Fausta Speranza racconta nel suo libro la difficoltà di muoversi in Messico da cronista per andare in cerca delle persone e delle storie vere che incrociano criminalità e narcotraffico. Quando però le ha trovate, soprattutto tra le donne, l’impatto è stato scioccante. Il quadro generale che emerge è quello di un Paese che sconvolge per la vivezza dei suoi colori, “ma quasi ti assuefà agli intrecci tra smerci di droga, armi ed esseri umani”. Ti conquista con la piacevolezza della cucina, “ma ti colpisce con un pugno allo stomaco per la familiarità con la corruzione”. Da una parte la generosa accoglienza della gente, dall’altra una fortissima omertà. L’incontro con un popolo con una radicata spiritualità e una fede viva, insieme alla diffusa “banalizzazione del valore della vita umana”.

Il G7 e la guerra dei dazi

A conclusione del vertice del G7 in Canada (9 e 10 giugno 2018), il gruppo dei paesi più industrializzati sottoscrive un documento di accordo, Donald Trump lo firma e poi ci ripensa. Stefano Leszsczynki parla con   l’economista Prof. Paolo Guerrieri, in collegamento telefonico, e Fausta Speranza, in studio,  delle prospettive di una guerra commerciale e del ruolo dell’Europa:

Galgano: un santo da restituire alla Chiesa e alla storia

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La spada nella roccia nella Cappella di San Galgano a Montesiepi

“E’ penoso assistere alla distorsione della vita di un santo e dei luoghi di culto dove è venerato. Purtroppo alla radice c’è un’ignoranza, non so quanto involontaria, che ormai permea il nostro humus culturale”. Così, Andrea Conti, storico e priore geneale della Compagnia di San Galgano, commenta il proliferare di testi e trasmissioni che presentano in modo scorretto la biografia del Santo di Chiusdino.

“Da qualche decennio, attorno a San Galgano – spiega – si registra un fenomeno di disinformazione e deformazione della vicenda storicamente accertata di uno dei primi santi di cui si possiede la documentazione della canonizzazione”. “Esiste – aggiunge lo storico – un culto di San Galgano antichissimo, che risale a pochi anni dopo la sua morte, rimasto inalterato fino a  tempi recenti quando attorno alla sua figura si sono voluti riconoscere riferimenti al ciclo bretone”. “In realtà, anche il gesto del conficcare la spada nella roccia – commenta il priore della Confraternita – significa l’abbandono della cavalleria secolare da parte di Galgano per mettersi al servizio del Signore ultraterreno ed entrare nella milizia di Cristo. Ma quando abbandoniamo la visione storica e ci avventuriamo sul terreno dei parallelismi e contaminazioni con il ciclo bretone perdiamo Galgano come uomo e come santo”.

“La storia di Galgano, come si ricostruisce attraverso le fonti, è già di per sé abbastanza complessa e non ha bisogno di misteri aggiuntivi”, aggiunge Eugenio Susi, storico e saggista, studioso di agiografia medievale. “Galgano vive nel 1100, un’epoca in cui i racconti del Graal erano presenti in Toscana. Nella sua vicenda ci sono elementi che ricordano questa letteratura, il più macroscopico dei quali è il gesto con cui il Santo conficcò la spada nel terreno al momento della sua conversione”. “Probabilmente – spiega Susi – ciò dipende da un uso un po’ forzoso di questi elementi fatto dai primi promotori del suo culto, proprio perché Galgano diventasse un modello per i cavalieri dell’epoca. Tutto il resto sono aggiunte superflue per colorire la vicenda in modo sensazionalistico. Nelle fonti storiche non c’è traccia del Sacro Graal e dei Templari”.

Ma quanto questa mistificazione della biografia di San Galgano è frutto di ignoranza e quanto di una strategia volta a cancellare l’autentico significato religioso della sua testimonianza? “Dietro questa propaganda – spiega ancora Eugenio Susi – sembra esserci l’obiettivo di dimostare che il culto di questo Santo è stato affossato dalla stessa Chiesa e che è in realtà sia un archetipo legato a miti celtici o ad altre tradizioni culturali”. “E’ un dato di fatto – aggiunge lo storico – che alcuni ambienti esoterico-massonici siano molto legati alla figura di San Galgano e che la stessa Abbazia dedicata al Santo sia meta di raduni annuali della massoneria. Potremo parlare di un  tentativo di appropriazione di questa figura storica per trasformarla una una sorta di proto-massone del XII secolo”.

“Siamo di fronte a un fenomeno di disinformazione preoccupante”, conclude Andrea Conti. “La Compagnia di san Galgano, di cui sono priore, ha deciso proprio per questo di incrementare gli studi sul Santo, promuovere l’accesso alle fonti, e rendere sempre più conosciuta nella sua realtà storica una figura interessantissima perché protagonista della rinascita dell’eremitismo e del monachesimo cristiano nella Toscana del XII secolo”.

3 luglio 2017

Premio Sacharov 2016 alle yazide Nadia e Lamya

Vivevano a Kocho, un villaggio vicino alla città di Sinjar, nel Nord dell’Iraq, a poca distanza dal confine siriano, quando il 3 agosto del 2014 miliziani dell’Is hanno portato l’orrore: hanno ucciso gli uomini, hanno catturato i bambini e le donne, che hanno passato in rassegna, per poi uccidere quelle che non avrebbero reso soldi al mercato delle schiave del sesso. Le più giovani sono state messe a disposizione dei miliziani a Mosul. E’ la storia di Nadia Murad Basse Lamya Haji Bashar,  le due ragazze che sono state per mesi nelle mani di uomini del sedicente Stato islamico in Iraq e che hanno ricevuto il Premio Sacharov per la difesa dei diritti umani del Parlamento Europeo, il 13 dicembre 2016. Oggi hanno rispettivamente 23 e 18 anni. Appartengono alla comunità degli yazidi, una minoranza religiosa, di etnia curda, con 4 mila anni di storia. Fausta Speranza  ha incontrato Nadia e Lamya e ha parlato con loro dell’orrore dell’Is, del ruolo della comunità nella lotta contro la barbarie e dei rischi di ogni forma di razzismo. Oltre al’articolo pubblicato su L’Osservatore Romano, in data 20 dicembre 2016, e ai servizi andati in onda nei radiogiornali della Radio Vaticana, Fausta Speranza ha parlato della loro vicenda e della loro particolarissima testimonianza ospite in diretta dello spazio approfondimenti di Rv gestito dal collega Stefano Leszczynski:
20 Dicembre 2016, ore 16:10-16:30: