Una moda molto pericolosa

Crescono i casi di alcolismo fra i giovanissimi

di Fausta Speranza

Morti, malattie e disabilità. Le conseguenze di un consumo eccessivo e disordinato di alcol, soprattutto tra i giovanissimi, sono sempre più evidenti. Ogni anno, si contano nel mondo almeno 3,3 milioni di vite spezzate e si registrano casi di ben 230 patologie legate all’alcol. Eppure sono sempre di più  i ragazzi che si lasciano coinvolgere da mode come il binge drinking, l’assunzione di almeno cinque bevande alcoliche in un’unica occasione.

Aprile è stato il mese della prevenzione alcologica, su indicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Ma chi è stato schiavo della bottiglia spiega che, oltre a informare sui danni alla salute, bisogna intervenire per colmare il vuoto esistenziale che porta a bere. E chi fa prevenzione chiede interventi sul piano culturale.

È emergenza nella fascia tra i 15 e i 24 anni e si impenna il  grafico che riguarda le donne.  Cresce  il consumo di amari e superalcolici. In sostanza, è sempre meno diffuso il tradizionale modello di consumo basato sull’assunzione quotidiana di vino durante i pasti e vi si contrappone il modello dell’assunzione occasionale, a qualunque ora e con quantità sempre maggiori. In particolare, è  preoccupante quel dieci per cento di ragazzi sotto i 16 anni che l’anno scorso ha dichiarato di aver provato almeno una volta il binge drinking. Tanto che l’associazione Alcolisti anonimi (Aa) ha creato il gruppo Yaa, per quando si aggiunge il fattore Young. Bere un bicchiere appresso all’altro di superalcolici (nonostante il divieto di vendita ai minorenni) si sposa con la pseudo cultura dello “sballo”, che vorrebbe far credere ai ragazzi che solo nella perdita di lucidità e consapevolezza c’è il divertimento. E spesso si associa a stupefacenti.

Il tutto si traduce, secondo l’Oms, che rileva questi dati, in «danni diretti alle cellule di molti organi, soprattutto fegato e sistema nervoso centrale». Dunque,  cirrosi epatica, pancreatite, tumori maligni e benigni, epilessia, disfunzioni sessuali, demenza, ansia, depressione. Risulta evidente che il termine inglese binge drinking si deve tradurre come la combinazione di tutti questi rischi e, nella migliore delle ipotesi,  con intossicazioni acute.

Non si possono dimenticare poi altri aspetti “collaterali” all’alcol, a partire dal drammatico capitolo degli incidenti stradali provocati dalla guida in stato d’ebbrezza. In Europa, le distrazioni al volante  sono responsabili di ben il 25 per cento dei decessi tra i ragazzi tra i 15 e i 29 anni.

Di tutti questi aspetti dà conferma Michela, che fa parte proprio del gruppo Yaa. Spiega all’Osservatore Romano che l’alcol, alla prima leggera sbronza, regala una appagante lontananza  dai propri problemi che conquista chiunque  abbia un vuoto dentro e, fin qui, assicura che «non c’è alcuna differenza di età». Ma secondo Michela, «se è un ragazzo a bere, c’è l’aggravante che genitori, parenti  o amici tendono a relativizzare: una sbronza è vista quasi come un passaggio di crescita».  E «qui arriva il dramma», dice Michela: «Tutto può ruotare intorno al suo bisogno di bere, ma  negarlo è facile, come è facile ed economico procurarsi alcol». Michela ricorda  che l’alcolismo è una malattia, secondo il pronunciamento dell’Oms del 1958. Ma soprattutto raccomanda di ricordare che «chi è schiavo dell’alcol è malato nell’anima». E «non c’è differenza se esagera con lo champagne o con il vino da tavola,  se si stordisce da solo o in compagnia».

Di mancata consapevolezza parla anche Maria Nuovo, presidente della fondazione onlus Oikia impegnata a fare prevenzione in scuole di Roma. Nei ragazzi, dice, «stupisce la bassa consapevolezza dei pericoli», ma soprattutto la «spropositata fiducia nelle proprie capacità di mantenere il controllo della situazione».

In diversi giorni di aprile,  in Europa e nel mondo,  è stato celebrato l’Alcohol Prevention Day.   Lavora tutto l’anno, però, l’ufficio dell’Organizzazione mondiale della sanità dedicato alle ricerche sugli effetti dell’uso smodato di alcol, denominato «Collaborating Centre for research and health promotion on alcohol and alcohol-related health problems». Una lunga definizione che indica in sostanza che si fa ricerca e studio su tutto ciò che gravita tra alcol e salute. Tra tante pubblicazioni, in un documento il Centro chiarisce che «per quanto riguarda i giovani, l’alcol si associa ancora  a concetti e situazioni che esprimono dolore, sofferenza, malattia, solitudine, paura, violenza».   Ma subito dopo si legge anche che «assume sempre più importanza il piano  strettamente culturale», che significa il peso che hanno l’immaginario e il costume.

A questo proposito, emerge e colpisce  una raccomandazione esplicitata dagli esperti del Centro: «Tenere sotto monitoraggio le fiction». Se è vero che tanti fattori incidono e che sono investite nella prevenzione tutte le agenzie educative, è vero anche che «il peso che hanno alcune fiction o sit-com nell’immaginario giovanile è molto forte». Parliamo di  scelte precise che passano al vaglio di creativi e di registi, ma di cui la politica deve assumersi   la responsabilità. Emerge un altro urgente  doveroso livello di consapevolezza.

L’Osservatore Romano, 28 Aprile 2017