Balcani d’Europa

  Al giro di boa il processo di integrazione dell’Albania nell’Ue

di Fausta Speranza

La questione dei Balcani in Europa torna di primo piano e l’attenzione è puntata sull’Albania. Dopo l’inverno segnato dalla pressione migratoria proprio sulla rotta balcanica, a Bruxelles ci si è resi conto che il processo di sempre maggiore avvicinamento deve essere una priorità delle politiche europee e non un dossier minore. Proprio in questi giorni arrivano sollecitazioni a Tirana perché sblocchi la riforma della giustizia necessaria per procedere verso l’adesione all’Ue. Ma arrivano, oltre che da Bruxelles, anche da Washington.

A vent’anni dagli Accordi di Dayton, che con la firma a novembre 2005 mettevano fine al conflitto nella ex Jugoslavia, lo scenario è cambiato di molto. Dal 2004 la Slovenia fa parte dell’Ue e dal 2013 la Croazia è a tutti gli effetti il ventottesimo Stato membro. Ma c’è di più. Albania, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia sono ufficialmente Paesi candidati all’adesione all’Ue. E sono riconosciuti come «candidati potenziali» la Bosnia ed Erzegovina e il Kosovo. Tra l’altro, non si può dimenticare lo storico accordo tra Serbia e Kosovo, raggiunto nel 2013, con la mediazione europea.

Oggi, dopo mesi di difficili flussi trasnazionali e l’accordo sulle migrazioni con la Turchia che in alcuni momenti vacilla e che lascia aperte diverse incognite, risulta obbligato uno sguardo rinnovato al dossier Balcani. Un dossier che suscita interesse non solo ad ovest. Oltre alla storica influenza della Russia, c’è l’interesse sempre crescente dei Paesi del Golfo e della Cina. In quest’ottica si capisce anche meglio il pressing degli Stati Uniti. Nelle ultime ore, da Washington è arrivato l’invito a Tirana perché le parti politiche trovino un accordo sulla riforma del sistema giudiziario. Bruxelles chiede all’Albania un sistema che possa respingere la corruzione e rafforzare lo stato di diritto arginando le pressioni politiche.

In Albania, dopo mesi di stallo, potrebbe essere decisivo l’atteso incontro a inizio settimana tra il presidente del Consiglio, Edi Rama, del Partito socialista d’Albania, e il capo dell’opposizione di centro destra Lulzim Basha, del Partito democratico. Dopo l’ammissione a candidato all’ingresso, due anni fa, Tirana potrebbe ottenere quest’anno l’avvio dei colloqui per la piena adesione.

Alla vigilia del grande allargamento di dieci Paesi ad est, avvenuto nel 2004, a Salonicco i leader europei si pronunciavano solennemente firmando una dichiarazione in cui asserivano: «Il futuro dei Balcani è in Europa». Da allora si cerca di costruire quel futuro nei nuovi scenari di un’Europa fiaccata dalla crisi economica, indebolita da spinte nazionaliste proprio ad est e impaurita da flussi migratori, sicuramente consistenti ma che il continente, ormai a oltre mezzo miliardo di abitanti, dovrebbe poter gestire senza perdenti ripiegamenti.

Osservatore Romano 6-7 Giugno 2016