TTIP, L’EUROPA IN DIFFICOLTÀ PER ECCESSO DI REGOLE

TTIP, L’EUROPA IN DIFFICOLTÀ PER ECCESSO DI REGOLE

La mancata armonizzazione delle regole e degli standard tra i 28 Paesi della Ue mette l’Europa in difficoltà nella trattative commerciale con gli Usa.

Elena Bryan.

 

Gli articoli del dossier
di Fausta Speranza
“TTIP, più politica che economia”

 

.

Ttip, l’Europa in difficoltà per eccesso di regole

Ttip, le critiche di chi non lo vuole

Agroalimentare e tessile, dove il Ttip può convenire all’Italia

 

Un punto chiave del TTIP è la creazione di tribunali privati internazionali per dirimere eventuali controversie tra investitori e Stati. Le cause sono già possibili ma passano attualmente per tribunali statali che tendono a tutelare gli interessi dello Stato e che solo grandi multinazionali possono affrontare. Si creerebbe un’entità indipendente con standard comunemente accettati, che dovrebbe rappresentare una possibilità concreta per piccole e medie imprese che attualmente non possono sostenere direttamente una causa con uno Stato. Si è discusso tanto di questi tribunali a partire dalla sigla ISDS, che sta perInvestor-State Dispute Settlement. Ora sembra si stia imponendo la definizione più semplice diInvestment Care System. Dovrebbe trattarsi, in ogni caso, di un giudizio di primo grado, più appello.

Il punto è che il tema dei tribunali è esemplare delle difficoltà dell’Europa nel negoziare il Trattato transatlantico. Lo capiamo bene parlando con Elena Bryan, Rappresentante per il commercio della Missione degli Stati Uniti presso l’Unione Europea. A Famiglia Cristiana ricorda che nella sola Europa, tra i vari Stati membri, ci sono in vigore 250 diversi accordi di arbitrato. Tra Paesi Ue e Usa, ce ne sono nove. Cercando di saperne di più, scopriamo che la proposta della Commissione Europea sugli ISDS o ICS, che dir si voglia, non è ancora pervenuta all’altra parte. Si focalizza, dunque, immediatamente che l’Europa che negozia standard comuni Oltreoceano non ha ancora standard comuni al suo interno.

Guardiamo a un altro ambito: al settore farmaceutico. Bruxelles e Washington tentano di superare i costi e le lungaggini dovute alla moltiplicazione di ispezioni: i controlli sui farmaci, infatti, seguono protocolli diversi, pur trattandosi di farmaci con gli stessi componenti. Questo obbliga a passaggi ripetuti e costi moltiplicati. Ma bisogna guadare dentro casa nostra e prendere atto del fatto che, al momento, anche alcuni medicinali approvati in un paese Ue non possono essere approvati automaticamente in altri Stati membri.

Altro tema centrale è la questione dello scambio di dati sensibili. La normativa di Bruxelles è più restrittiva rispetto a Washington e l’ultima normativa Usa, denominata Safe Harbour, non aiuta. Non è tema da poco e il braccio di ferro da parte dell’Ue è importante. Ma anche qui va affrontato con la dovuta consapevolezza che, se è vero che in sede di Commissione Europea e di Europarlamento sono state date linee guida inequivocabili, è vero anche che i singoli paesi non si sono sempre adeguati e continuano a viaggiare con diversi distinguo nazionali. Per esempio, per quanto riguarda le indicazioni di tracciabilità in cui non c’è armonizzazione.

Diversità, o meglio divergenza, si registra anche in relazione ai prodotti più interessati dallo slancio agli scambi. I paesi del Sud Europa producono  quei formaggi e quei vini che le tavole degli americani aspettano. E, dunque, il Trattato risulta una gran bella prospettiva per allargare le vendite. Ma i paesi del Nord Europa, per esempio,  sono forti, piuttosto, nella produzione di carne e il TTIP aprirà, superando gli ostacoli, all’importazione di carne bovina made in Usa. In questo caso, non suona come un vantaggio, ma come concorrenza, per paesi come la Danimarca. Va ricordato che nella filiera di approvazione dei singoli passi negoziali, da una parte, c’è il filo diretto tra negoziatori Usa e relativo potere politico, mentre, dall’altra parte, il tutto passa per la discussione e l’approvazione di 28 governi. Si tratta di una catena di comando più articolata e complicata, attraverso la quale non possono non emergere interessi tanto diversi.

C’è poi un aspetto che colpisce su tutti, perchè in qualche modo li investe tutti. Le diverse normative nei diversi paesi Ue in tema di cittadinanza rappresentano maglie larghe attraverso le quali, al momento, investitori statunitensi, o perchè no cinesi, possono aggirare dazi e barriere non tariffarie. Pensiamo alla nuova normativa di Malta che permette l’acquisto, ad un prezzo di 250.000 euro, della cittadinanza dell’isola, e dunque europea. Per un facoltoso imprenditore che volesse venire a fare affari in Europa, sarebbe facile, con una spesa per lui relativa, aggirare gli attuali ostacoli di dazi e barriere non tariffarie o investimenti.

In considerazione di tutto ciò, immaginando i tempi possibili di approvazione del Trattato, viene in mente che non è solo alle elezioni americane che si deve guardare. Ci sono anche elezioni di casa nostra da considerare, fattore in genere di forte rallentamento dei processi di integrazione e di ripiegamento interno. Fanno pensare, dunque, diverse scadenze oltre al voto presidenziale in Usa: in Germania le amministrative nel 2016 e le federali nel 2017, in Francia il voto presidenziale nel 2017.