Galgano: un santo da restituire alla Chiesa e alla storia

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La spada nella roccia nella Cappella di San Galgano a Montesiepi

“E’ penoso assistere alla distorsione della vita di un santo e dei luoghi di culto dove è venerato. Purtroppo alla radice c’è un’ignoranza, non so quanto involontaria, che ormai permea il nostro humus culturale”. Così, Andrea Conti, storico e priore geneale della Compagnia di San Galgano, commenta il proliferare di testi e trasmissioni che presentano in modo scorretto la biografia del Santo di Chiusdino.

“Da qualche decennio, attorno a San Galgano – spiega – si registra un fenomeno di disinformazione e deformazione della vicenda storicamente accertata di uno dei primi santi di cui si possiede la documentazione della canonizzazione”. “Esiste – aggiunge lo storico – un culto di San Galgano antichissimo, che risale a pochi anni dopo la sua morte, rimasto inalterato fino a  tempi recenti quando attorno alla sua figura si sono voluti riconoscere riferimenti al ciclo bretone”. “In realtà, anche il gesto del conficcare la spada nella roccia – commenta il priore della Confraternita – significa l’abbandono della cavalleria secolare da parte di Galgano per mettersi al servizio del Signore ultraterreno ed entrare nella milizia di Cristo. Ma quando abbandoniamo la visione storica e ci avventuriamo sul terreno dei parallelismi e contaminazioni con il ciclo bretone perdiamo Galgano come uomo e come santo”.

“La storia di Galgano, come si ricostruisce attraverso le fonti, è già di per sé abbastanza complessa e non ha bisogno di misteri aggiuntivi”, aggiunge Eugenio Susi, storico e saggista, studioso di agiografia medievale. “Galgano vive nel 1100, un’epoca in cui i racconti del Graal erano presenti in Toscana. Nella sua vicenda ci sono elementi che ricordano questa letteratura, il più macroscopico dei quali è il gesto con cui il Santo conficcò la spada nel terreno al momento della sua conversione”. “Probabilmente – spiega Susi – ciò dipende da un uso un po’ forzoso di questi elementi fatto dai primi promotori del suo culto, proprio perché Galgano diventasse un modello per i cavalieri dell’epoca. Tutto il resto sono aggiunte superflue per colorire la vicenda in modo sensazionalistico. Nelle fonti storiche non c’è traccia del Sacro Graal e dei Templari”.

Ma quanto questa mistificazione della biografia di San Galgano è frutto di ignoranza e quanto di una strategia volta a cancellare l’autentico significato religioso della sua testimonianza? “Dietro questa propaganda – spiega ancora Eugenio Susi – sembra esserci l’obiettivo di dimostare che il culto di questo Santo è stato affossato dalla stessa Chiesa e che è in realtà sia un archetipo legato a miti celtici o ad altre tradizioni culturali”. “E’ un dato di fatto – aggiunge lo storico – che alcuni ambienti esoterico-massonici siano molto legati alla figura di San Galgano e che la stessa Abbazia dedicata al Santo sia meta di raduni annuali della massoneria. Potremo parlare di un  tentativo di appropriazione di questa figura storica per trasformarla una una sorta di proto-massone del XII secolo”.

“Siamo di fronte a un fenomeno di disinformazione preoccupante”, conclude Andrea Conti. “La Compagnia di san Galgano, di cui sono priore, ha deciso proprio per questo di incrementare gli studi sul Santo, promuovere l’accesso alle fonti, e rendere sempre più conosciuta nella sua realtà storica una figura interessantissima perché protagonista della rinascita dell’eremitismo e del monachesimo cristiano nella Toscana del XII secolo”.

3 luglio 2017