L’Europa, una risposta alla barbarie nazifascista

Premio Carlo Magno al network Europhonica

di Fausta Speranza

«Avvicinare l’Europa ai cittadini»: non è la promessa di un politico, né lo slogan di una campagna di sensibilizzazione, ma sono parole che compaiono nella motivazione con cui è stato consegnato il Premio Carlo Magno della gioventù a Europhonica IT, programma radio dove i giovani condividono le loro storie e i loro punti di vista sul progetto comunitario, spiegando le istituzioni dell’Unione europea e il loro operato e rendendole, dunque, più familiari ai cittadini. È il network radiofonico al quale collaboravano l’italiano Antonio Megalizzi e il polacco Bartosz Orent-Niedzielski, rimasti uccisi il 14 dicembre scorso nell’attentato al mercatino di Natale a Strasburgo. Dei due giovani reporter resta la passione, condivisa dai loro “compagni di radio” e difesa con rinnovato slancio proprio in risposta all’odio terroristico. E lo stesso desiderio di far sopravvivere l’unità, a dispetto della disgregazione, si ritrova nell’impegno di un giornalista di lunga carriera che ha scelto un’espressione diretta per il titolo del suo libro: Salvare l’Europa. L’autore è il vaticanista Rai Enzo Romeo. Il volume, dell’Ave editrice (pagine 189, euro 12), è frutto di approfondimenti e di studio, ma ha la freschezza dell’entusiasmo giovanile per una casa allargata al vecchio continente e per questo più ricca. Si parla di un premio e di un libro che hanno il pregio di ricordare lo spessore della costruzione europea da due punti di vista generazionali diversi.

Far sì che i ragazzi sappiano cosa si faccia davvero, e cosa non si faccia, in Europa era l’obiettivo di Antonio Megalizzi colpito in testa, come altre quattro persone, dalla follia omicida di un giovane esattamente della sua età, ma senza veri obiettivi nella vita. In piena atmosfera natalizia, la città francese al confine con la Germania sede del Parlamento europeo regalava una serata bellissima. Chi scrive era lì, a seguire la stessa sessione dell’Assemblea parlamentare e a gioire, a quel primo imbrunire, delle stesse bancarelle con manufatti artigianali.

Per seguire i lavori erano arrivati giornalisti italiani da varie parti d’Italia ma non moltissimi ed era stata organizzata una cena tutti insieme. Sapevamo che c’erano giovani colleghi precari come Antonio ed era venuto naturale organizzare in un pub piuttosto che in un vero ristorante più costoso. Antonio, come gli altri di Europhonica, facevano salti mortali per rientrare nel budget a disposizione. Al funerale di Antonio, un compagno di classe ha detto: «Se Europhonica fosse una metafora, sarebbe Don Chisciotte contro i mulini a vento, ma Antonio era un Don Chisciotte che cercava i cavalli giusti e vinceva contro i mulini dell’ignoranza».

Antonio aveva capito che di Europa si parla male, non nel senso di negativamente, ma di superficialmente ed erroneamente. Ricordo, su questo argomento, un breve scambio di idee all’ascensore di fronte all’Emiciclo dell’Europarlamento: battute e incoraggiamenti reciproci a non mollare, per fare la differenza in mezzo alla disinformazione. Ad Antonio dissi: «Però bisogna studiare molto, perché le questioni sono complesse e i documenti articolati» e lui mi rispose: «L’ho capito; è faticosissimo ma per fortuna che esiste la radio perché diventa divertente!». Replicai al volo: «Vedrai, sarà divertente anche quando, come me, ti troverai a passare da una radio a un quotidiano, dalla tv a un settimanale».

Non posso dimenticare il suo sorriso intenso e le sue parole un po’ gridate mentre si chiudeva l’ascensore: «Ehi, grazie perché di solito i giornalisti affermati si lamentano sempre e invece tu mi incoraggi!». Oggi vorrei poter dire ad Antonio quanto incoraggiamento mi trasmettono il suo ricordo e i frutti, come questo premio, che continuano a germogliare dal suo impegno per l’unità dei popoli e per un mondo migliore. Vorrei anche spiegargli che, se si è giornalisti sul serio, esercitando senso critico, non ci si afferma mai davvero: si rimane nella sola condizione possibile di tensione verso la difesa degli ideali e dei valori e non si arriva mai.

Il lavoro di Antonio e di Bartosz è stato stroncato come la loro giovane vita, ma Europhonica (RadUni – Associazione Operatori Radiofonici Universitari) con la redazione composta da giovani provenienti da Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Germania continua a trasmettere mensilmente dal Parlamento Europeo a Strasburgo e ha meritato di essere definita dalla giuria di Aquisgrana «il perfetto esempio di come avvicinare le istituzioni dell’Ue ai cittadini, contribuendo alla comprensione del funzionamento dell’Unione e a migliorare le condizioni per la partecipazione attiva di tutti».

E lo studio radiofonico del Parlamento Ue è stato intitolato a quel ragazzo infaticabile e al suo amico polacco, che risiedeva a Strasburgo e che era sempre pronto a ospitare qualunque collaboratore di Europhonica, di diverse nazionalità. Quella sera Antonio sarebbe rimasto a dormire in quella casa così ricca di scambi. Vorremmo ascoltare il sonoro di qualche conversazione avvenuta tra ragazzi di paesi diversi così simili tra loro.

E c’è qualcosa da sapere della costruzione europea che restituisce lo slancio etico e culturale e il sentire spirituale che ha animato chi nel passato, dopo la devastazione dei due conflitti mondiali, ha immaginato un futuro di integrazione tra popoli che potesse rendere impossibili le guerre e favorire la solidarietà: è la storia della bandiera europea, di cui Romeo racconta nel suo libro nascita e significati. Spiega tante curiosità, ritrovate in vecchi archivi, sul disegnatore che l’ha ideata e sulla sua ispirazione alla corona e al manto di Maria. Sulla prima bandiera voluta alla nascita del Consiglio d’Europa, così come su quella dell’attuale Unione europea, compaiono dodici stelle dorate, disposte in cerchio su campo azzurro.

Il numero di stelle non è legato in nessun modo al numero, crescente negli anni, di stati membri, ma riprende un’immagine della devozione alla Madonna propria del dodicesimo capitolo dell’Apocalisse: «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle». E l’azzurro riprende il colore della veste con la quale si raffigura la Madonna. Dettagli che richiamano idealità e valori profondi e pregnanti, che si ritrovano poi nei discorsi dei Papi sul tema dell’Europa raccolti nella seconda parte del libro. La bandiera è un simbolo per definizione e il libro di Romeo ha il grandissimo pregio di restituirne la meravigliosa potenza. E il pensiero va alla bara di Antonio alla cerimonia funebre: il drappo europeo era steso sul drappo italiano e alcuni ragazzi tra la folla dei partecipanti teneva sulle spalle, e sul proprio dolore, una bandiera d’Europa. Anche lì si poteva avvertirne la potenza. Aiuta l’etimologia della parola simbolo: dal greco antico symbolon, che significa unire, tenere insieme. L’opposto di diabolon, che significa dividere.

L’Osservatore Romano, 6 giugno 2019