Partita riaperta per la Brexit

Dopo il voto contrario al “no deal” si attende il pronunciamento del parlamento sul rinvio

di Fausta Speranza

 Tutto il processo della Brexit potrebbe essere rimesso in discussione. Escluso il distacco dall’Ue senza un accordo sulle relazioni future — il famigerato “no deal” bocciato ieri sera dalla camera dei comuni con 321 voti a favore e 278 contrari — tante ipotesi tornano a recuperare legittimità e diverse vie appaiono percorribili. A partire dal rinvio: questa sera a Westminster la camera dei comuni si pronuncerà sull’opp ortunità

Di chiedere a Bruxelles un posticipo della data della Brexit fissata al momento al 29 marzo. Ma c’è da mettere in conto anche che il premier Theresa May ottenga che si voti per la terza volta sul suo piano, bocciato a gennaio e — in una versione leggermente rivista — respinto martedì scorso. La prima breccia alle certezze è arrivata dal premier. May ha parlato di «chiara maggioranza contraria al “no deal”», ma ha anche aggiunto che «l’opzione di una Brexit senza accordo resta lo

sbocco naturale in mancanza di un accordo o di un rinvio». Il punto è che May ha confermato per questa sera il voto sulla mozione che apre la strada a un «breve rinvio» della Brexit, ma ha fissato alcune condizioni: lo ha messo in relazione con la disponibilità della camera dei comuni ad accettare il suo accordo come testo di base, aprendo la strada a un terzo voto la prossima settimana sul suo piano di intesa con la Ue. Altrimenti, ha evocato «un rinvio a più lungo termine con l’inevitabile partecipazione

britannica alle elezioni europee di maggio». Da parte sua, il leader laburista Jeremy Corbyn ha parlato di «necessità che sia il parlamento a prendere il controllo del processo verso la Brexit» e ha annunciato consultazioni trasversali per trovare un compromesso accettabile per la maggioranza. Corbyn ha un suo piano di intesa che finora non ha raccolto sufficienti consensi, ma che in linea teorica potrebbe essere discusso. Inoltre, non si può dare per scontato che i 27 paesi membri accolgano la richiesta di rimandare la Brexit a due mesi dalle elezioni europee di fine maggio. La decisione spetterà al consiglio europeo del 20 e 21 marzo. Un portavoce del caponegoziatore Michel Barnier ha dichiarato che non sarà concesso alcun rinvio al buio, «senza una valida motivazione». La Commissione ha già fatto sapere di non volere rinvii oltre il 21-22 maggio, vigilia dell’apertura delle urne per il rinnovo dell’Europarlamento. A Bruxelles tempo fa era emersa la disponibilità a un rinvio ma di lunga portata, fino al 2021. May si è sempre schierata contro, spiegando che ciò «tradirebbe lo spirito del referendum». A proposito di eventualità tutte in discussione, il conservatore Jacob Rees-Mogg ha precisato: «Tecnicamente la mozione votata ieri non ha valore legale vincolante». Dunque, in punta di legge — nonostante il pronunciamento di Westminster — resterebbe in piedi la norma che impone l’uscita il 29 marzo, “deal” o “no deal”.

L’osservatore Romano, 15 marzo 2019