Nuovo capitolo della questione cipriota

Ankara annuncia l’avvio di trivellazioni nel mare intorno all’isola

di Fausta Speranza

Risorse energetiche e interessi internazionali: il binomio non è nuovo. Nel caso dei giacimenti scoperti, circa cinque anni fa, nelle acque di Cipro siamo di fronte a un caso diplomatico e sembra arrivato il tempo di possibili delicati sviluppi. La Turchia ha annunciato ieri ufficialmente l’avvio di esplorazioni alla ricerca di idrocarburi intorno all’isola di Cipro. È stato il ministro degli esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, a chiarire le intenzioni di Ankara, senza specificare se le esplorazioni riguarderanno il gas o il petrolio. Ma ha precisato la motivazione: la decisione è collegata al rifiuto della Repubblica di Cipro di ascoltare le richieste turche a proposito dei presunti “diritti di condivisione” delle risorse del Mediterraneo orientale con i turco ciprioti del Nord. Nicosia, infatti, è ferma nel rivendicare piena sovranità sui giacimenti in questione che si trovano nelle acque a sud est dell’isola. Ai primi di febbraio di un anno fa, la Turchia bloccava l’arrivo di una nave dell’Eni, che trasportava una piattaforma di trivellazione per estrazioni su licenza del governo di Nicosia. Alcune navi militari turche intimarono alla nave dell’azienda multinazionale di non proseguire perché erano «in corso attività militari nell’area di destinazione». La tensione rimase alta per alcuni giorni, poi la nave fece marcia indietro e la questione tornò in ombra rispetto ai riflettori internazionali. È stata solo una delle mosse evidenti della partita che si trascina dal 2014, dalla scoperta dei giacimenti. In realtà, al di là della scoperta di idrocarburi, la questione di Cipro risale al 1974, anno dell’occupazione della zona settentrionale da parte delle truppe di Ankara, dichiaratamente in reazione al colpo di stato militare che aveva deposto il presidente cipriota. Da allora è storia di dolore per la popolazione, di giochi politici, ma anche di tentativi di dialogo e di passi avanti. Dal 2003, il processo negoziale, con stop and go, è sostanzialmente sempre proseguito sulla traccia della proposta Onu di una Federazione di due stati, anche se la bozza di accordo proposta dall’allora segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel 2004 — al momento dell’ingresso nell’Ue della Repubblica di Cipro — è stata approvata via referendum dalla parte turco-cipriota ma bocciata dal nuovo stato membro Ue. In ogni caso, i risultati delle trattative successive tra una parte e l’altra, riprese e interrotte molte volte, sono giunte ad un accordo in linea di principio per una riunificazione come federazione bi-camerale e bi-zonale, con il territorio assegnato alle comunità greche e turche all’interno di un’isola unita. Ma le difficoltà rimangono quando dal principio si passa ai singoli punti c o n c re t i . Ma forse non è al tavolo delle trattative che bisogna guardare quanto alle profondità delle acque territoriali intorno all’isola di Cipro e ai possibili attori in scena. A fine 2018 l’assistente segretario di Stato statunitense per gli affari eurasiatici, Wess Mitchell, ha chiesto ad Ankara di non ostacolare le trivellazioni per il gas nella zona economica esclusiva di Cipro. «La Turchia è il nostro alleato Nato», ha detto Mitchell, sottolineando però che «il resto del mondo ha una visione molto chiara e diretta sulla zona economica esclusiva di Cipro, che è fondata sul diritto internazionale». Gli elementi da considerare si moltiplicano.

L’Osservatore Romano, 30 gennaio 2019