Pedofilia

Un quadro della Via Crucis come tanti ma diverso da tutti: rappresenta il dolore di un abuso sessuale. 45 anni dopo, il bambino violato da una suora è diventato un artista che dice di non essere mai riuscito a rimuovere del tutto i fatti. Il 9 agosto scorso ha accettato di tornare all’Opera serafica di Merano dove era stato accolto perché orfano, per incontrare l’attuale direttore, Peter Hofer, e la madre Superiora delle Suore terziarie, Klara Rieder. Loro, a nome della Chiesa, hanno chiesto perdono a Peter Paul Pedevilla, in arte Peter Verwunderlich. Lui si è lasciato stringere la mano visibilmente scosso e non ha chiesto soldi. Ha chiesto che quel quadro con il suo dolore rimanga nell’Istituto. E’ solo un episodio ma racconta qualcosa di quel “lungo processo di ripresa e di rinnovamento ecclesiale” che Benedetto XVI ha chiesto alla Chiesa dopo le ferite della pedofilia “inferte al corpo di Cristo”. Un cammino che si è aperto portando speranza nuova anche se purtroppo è sembrato iniziare tardi: è sempre troppo tardi quando non si risparmia dolore. C’è anche una tappa significativa a livello giuridico, segnata sempre ad agosto. Si tratta della chiusura del caso Kentucky, dove oltre a rivendicare giustizia per vittime di abusi si era alzato il tiro facendo causa alla Santa Sede in quanto ritenuta responsabile finale. Dopo sei anni di causa, l’avvocato delle tre vittime coinvolte, William McMurry, ha annunciato la decisione di rinunciare. Secondo l’avvocato del Vaticano, Jeffrey Lena, è stato dimostrato che la causa era sbagliata nel merito. Peraltro lo stesso McMurry ha ricordato che almeno una delle vittime che aveva intentato causa al Vaticano è tra quanti hanno raggiunto già un accordo con le diocesi. Nello Stato del Kentucky l’arcidiocesi di Louisville si è impegnata per un risarcimento di 25 milioni di dollari.
Il processo di risanamento  è fatto di percorsi e tappe diversi. In Irlanda la prossima tappa comincia ora, in autunno: i prelati nominati dal Papa “visitatori” stanno per partire per andare a vedere come stanno le cose in Diocesi, seminari, congregazioni religiose. Ma la consapevolezza e l’allerta sono per tutte le diocesi del mondo, dopo che lo scandalo, scoppiato negli Stati Uniti nel 2002, è riscoppiato quest’anno in Irlanda, in Germania e in altri Paesi d’Europa. Non è più tempo di chiacchiericci. E’ tempo per tutta la Chiesa di “stare più umili”, di “chiedere a Dio la grazia di essere all’altezza dei sacrifici che ci vogliono per superare errori e mediocrità”. E’ quanto raccomanda, parlando con Area, mons. Domenico Sigalini, presidente della Commissione episcopale per il laicato della CEI. E’ vescovo di Palestrina e assistente ecclesiastico dell’Azione Cattolica. “I giovani chiedono radicalità – ci dice – e le vicende della pedofilia nella Chiesa sono state per loro una coltellata alle spalle”. Dei media che hanno denunciato, mons. Sigalini dice che “hanno svolto una funzione positiva”. E aggiunge: “C’è altro male nella Chiesa che i giornali non scrivono: esiste come esiste l’impegno di tanti per chiedere a Dio che aiuti la sua Chiesa fatta di peccatori”. Mons. Sigalini ricorda che “abbiamo avuto in passato papi indegni di essere vicari di Cristo” e sottolinea che la Chiesa deve saper guidare la purificazione. “Benedetto XVI – afferma – ha saputo far chiarezza”.
Benedetto XVI ha espresso “vergogna e rimorso”, ha parlato di “danno immenso provocato alle vittime”, di “seri errori commessi nel trattare le accuse”, di “procedure inadeguate per determinare l’idoneità dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa”,  di giustizia di Dio che “esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla”. Ai colpevoli ha detto: “Dovete rispondere davanti a Dio come pure davanti ai Tribunali debitamente costituiti”. Si è espresso in particolare nella Lettera ai cattolici di Irlanda ma lo ha fatto anche in Australia, Stati Uniti, Malta. Ha incontrato più volte vittime di abusi e lo farà molto probabilmente anche in Gran Bretagna. Di fronte alla tentazione del vittimismo, ha chiarito: “Il ”pericolo più grave” per la Chiesa oggi non viene dalle ‘persecuzioni’ esterne ma dal male che la ‘inquina’ dall’interno”. Ha voluto l’aggiornamento delle norme canoniche sui Delicta graviora del 2001.
Di “progresso della cultura giuridica” parla il portavoce del Papa affermando che “le normative sono il risultato di un lavoro in corso da molti anni”. Poi però nell’intervista esclusiva ad Area ammette: “E’ certamente vero che il fatto che nei media e nell’opinione pubblica è cresciuta la consapevolezza sugli abusi ha portato anche nella chiesa a sviluppare una parallela consapevolezza dell’urgenza di normative e  protezione dei bambini”. E aggiunge: “La Chiesa profondamente colpita e umiliata si rende conto e reagisce. Sarebbe auspicabile che questo avvenisse anche nella società dove avvengono la massima parte degli abusi, non certamente limitati o concentrati nel mondo della Chiesa.”
Il piano delle norme, di cui si sentiva il bisogno, è solo un’altra tappa del cammino. Tra le pieghe di qualche percorso ci sono anche “attacchi scorretti e infondati”, come ha denunciato il Papa. Lo ha detto ai primi di agosto, pochi giorni dopo la pubblicazione da parte del settimanale Panorama del dossier su un sottobosco di relazioni omosessuali con preti a Roma. In alcuni corridoi vaticani giurano che un prete, di cui si parla nell’articolo senza indicare nominativo completo e oscurando il volto, sia stato immediatamente individuato. Sembra siano scattati seri provvedimenti. A scandalizzare in particolare era la scioltezza nel frequentare ambienti di vizio e depravazione senza peraltro nascondere di essere un prete. Ma gli “attacchi” di cui ha parlato Benedetto XVI non sono le denunce – ci spiega p. Lombardi – ma alcuni “modi di criticare la Chiesa che sono strumentali: qualcuno non mira tanto ad un’effettiva purificazione della Chiesa quanto ad attaccarla per le sue posizioni controcorrente sull’uomo e sulla famiglia, e dunque matrimonio stabile tra uomo e donna, eutanasia etc.” La vicenda degli abusi può essere per qualcuno l’occasione per “calcare la mano in modo critico”.
Negli Stati Uniti già alla fine del ‘92 il Wall Street Journal calcolava a più di 400 milioni i dollari pagati dalla gerarchia cattolica in risarcimenti. Nel 1997 la diocesi di Dallas si è impegnata a sborsare 119 milioni di dollari. Nel 2007 l’arcidiocesi di Los Angeles ha accettato di pagare la cifra record di 660 milioni di dollari a 508 vittime di molestie. Cifre da capogiro, da business. Ma p. Lombardi mette subito in chiaro: “E’ legittimo cercare un risarcimento tangibile di quanto sofferto, il riconoscimento della dignità violata e della gravità dell’abuso subito”. Però il portavoce del Papa ammette che “alcuni avvocati ne hanno fatto una fonte di guadagno, considerando diocesi o istituzioni responsabili piuttosto che le singole persone, in modo da chiedere cifre particolarmente consistenti”. Ma p. Lombardi ci tiene a sottolineare che stabilire congrui compensi o svelare eventuali strumentalizzazioni è compito dei giudici. La Chiesa deve occuparsi di altro, del suo specifico: l’ascolto. E ci confida: “Mi colpisce moltissimo che alcune persone, se si dà loro la possibilità di farlo in una forma riservata e rispettosa, parlano di quanto subito anche dopo decenni e mostrano di essere ancora in cerca di un risanamento interiore: è qualcosa di molto importante e di molto profondo”.  I centri di ascolto sono una realtà da tempo presso alcune diocesi ma certamente ora che tanto di sommerso è venuto alla luce saranno più impegnati, anche per casi prescritti secondo la legge ma non “prescritti” nell’anima. Viene in primo piano la vicenda belga e anche in questo caso ci sono stati nel mese di agosto sviluppi. Parliamo delle perquisizioni del 24 giugno scorso nella sede dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles e nella residenza del cardinale Godfried Danneels, nell’ambito delle indagini sugli abusi sessuali sui minori da parte di membri della Chiesa locale. Il punto è che le perquisizioni hanno significato la chiusura della commissione di inchiesta istituita dalla Chiesa e il passaggio di mano alla giustizia civile. Di nuovo c’è che la Procura generale di Bruxelles è intervenuta giudicando tali azioni “irregolari”. Bisognerà attendere ora la Corte d’Appello. Intanto l’avvocato Fernando Keuleneer, legale dell’arcidiocesi di Malines e del cardinale Danneels, definisce l’intervento della Procura “una sconfessione di quelle perquisizioni-evento” e si chiede “se ci fossero elementi concreti specifici, o se lo scopo non fosse andare ‘alla cieca’ sperando di trovare qualcosa”. P. Lombardi sottolinea che “la commissione istituita dalla Chiesa riceveva confidenze, testimonianze da parte di vittime che erano venute per farlo alla commissione della Chiesa e non al tribunale”. E aggiunge: “Se la polizia prende tutta la documentazione, perché ritiene che la Chiesa non sappia fare il suo mestiere, in un certo senso vanifica e rende impossibile lo svolgimento di questa dimensione dell’affrontare i problemi come risanamento interiore, che la Chiesa o organizzazioni che sappiano mettersi in ascolto profondo possono fare ma che non farà mai una giustizia civile e un tribunale”.
Se è vero, come è vero, che la dimensione dell’ascolto è uno specifico della Chiesa, gli uomini di Chiesa devono fare ammenda anche su questo terreno: non solo è mancato in troppi casi l’ascolto dei segnali che venivano da vittime ma anche l’ascolto dei sacerdoti: un “ascolto” appena più attento del mondo interiore e della psicologia di quelli che poi hanno commesso abusi, li avrebbe esclusi dal ministero. P. Lombardi ammette: “In molti casi si è trattato di persone che non avrebbero mai dovuto essere sacerdoti perché nella loro personalità c’erano tare, tendenze che li rendevano non adatti per il ministero e pericolosi per gli altri.”  Allarga il discorso a tutta la società per dire che “in passato c’era una cultura generale di riservatezza, non solo nella Chiesa, che ha influito negativamente e c’era anche un’idea non sufficientemente approfondita della natura psicologico-medica di tendenze alla perversione, alla pedofilia: ci si immaginava che fossero colpe o delitti di cui uno si poteva pentire e non commetterli più. Adesso si è molto più consapevoli del fatto che si tratta generalmente di tendenze profonde da cui è difficile poi cambiare.” A proposito della riduzione allo stato laicale che tanti cattolici vorrebbero accadesse più spesso, p. Lombardi dice: “Se si tratta di persone che rimangono pericolose nel ministero per gli altri, è chiaro che è meglio che lascino il ministero completamente, ma in altri casi possono essere sufficienti limitazioni molto rigide di ambienti da frequentare, di attività da svolgere.” Tanti laici hanno difficoltà a capire questi ultimi casi, ma mons. Sigalini ci invita a considerare che “qualunque padre di famiglia tenta fino all’ultimo di recuperare il proprio figlio prima di arrivare al punto di cacciarlo di casa”.
Resta da dire che tra tanti percorsi individuati, si dovrebbe parlare di più anche di quelli all’interno della società e della famiglia: se è vero che la pedofilia nella Chiesa è “una pugnalata alle spalle”, non è meno grave all’interno delle mura domestiche o in altri ambiti educativi, o non è meno aberrante in settori spesso bene organizzati e tollerati di turismo sessuale. E’ legittimo chiedersi se si sia aperta o no una stagione nuova anche in questi ambiti. Agosto 2010