Diretta alle 11.00 del 22 aprile con Roberto Zicchitella
La trasmissione completa si può sentire su RaiPlayRadio
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Sapere aude
Diretta alle 11.00 del 22 aprile con Roberto Zicchitella
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ROMA\ aise\ – Multilateralismo e governance di beni essenziali come le risorse idriche: ne hanno parlato ieri nella Sala stampa di Montecitorio il deputato Pd Stefano Ceccanti, capogruppo in Commissione Affari Costituzionali, l’Ambasciatore inviato speciale per la Libia, Pasquale Ferrara e Padre Bernard Ardura, presidente del Pontificio Comitato di Scienze storiche in occasione della presentazione del volume “Il senso della sete” (Infinito Edizioni) della giornalista Fausta Speranza, che contiene anche una lettera all’autrice di Papa Francesco.
I cambiamenti climatici producono il paradosso di crescenti aree di siccità mentre si moltiplicano anche le inaspettate e pesanti alluvioni. Si pone il problema di come evitare l’utilizzo sregolato di beni comuni come l’acqua.
“Questo volume ci ricorda anzitutto che il livello di regolazione deve essere superiore allo Stato nazionale, vale la logica del principio di sussidiarietà verso l’alto: senza accordi internazionali che diano standard comuni non c’è una reale efficacia”, ha affermato Ceccanti prima di ribadire che “il multilateralismo è una risorsa decisiva e che i venti cambiati dagli Stati Uniti aiutano molto”.
Il secondo punto toccato dal deputato costituzionalista ha riguardato la “regolazione più puntuale che ne consegue ai livelli inferiori, da quello dell’Unione europea fino agli enti locali, deve essere rigorosa per evitare sprechi e favorire un’equa distribuzione, qualsiasi sia il gestore concreto. Si tratta – ha osservato – di combinare il rigore sulla regolazione col pragmatismo sulla scelta dei gestori. I due livelli vanno adeguatamente distinti per dar vita a una governance efficace”.
L’Ambasciatore Ferrara ha fatto un excursus sulle aree critiche nel mondo in tema di risorse idriche – citando in particolare il lago Ciad, che negli ultimi 50 anni si è ridotto del 90% – per soffermarsi poi sulle gravi diseguaglianze che pesano negli equilibri generali. Ferrara ha spiegato che l’acqua è sicuramente un fronte delle relazioni internazionali nel XXI secolo, sottolineando però che non si deve ragionare solo in chiave di possibili conflitti: può anche essere occasione di distensione e condivisione di intenti, come ad esempio il progetto del “canale della pace” tra il mar Rosso e il mar Morto”.
Secondo il diplomatico “l’impostazione multi-dimensionale di questo volume di Fausta Speranza riflette bene l’interconnessione, i rimandi, le diramazioni di questa tematica, tra politica ed ecologia, tra etica ed estetica, tra storia e profezia, tra archetipi e testimonianze e rappresenta un contributo di riflessione che aiuta a dipanare l’intreccio di vicende e di approcci da sempre connessi alla tematizzazione simbolica e pragmatica dell’acqua”.
Sulla relazione profonda tra uomini di ogni latitudine e del genere umano con la natura si è soffermato padre Ardura, ricordando come l’Enciclica di Papa Francesco dedicato all’ambiente, Laudato Sì, debba essere letta insieme con quella dedicata alla fratellanza umana, per capire che tutto rientra nell’attenzione della Chiesa al bene comune.
La scommessa alla quale il Papa sollecita – ha ricordato padre Ardura – è un futuro più sostenibile e inclusivo: alla base di tutto c’è il valore proprio di ogni creatura che implica il senso umano dell’ecologia. Basti pensare – ha detto – alla “differenza abissale di disponibilità di acqua nel mondo: c’è una fetta larghissima della popolazione per la quale la raccomandazione di lavarsi le mani spesso contro il coronavirus impatta sulla mancanza di servizi igienici”. La prospettiva, dunque “è quella olistica, globale, ampia, di un creato inteso come ‘casa comune’, ambiente di vita e non semplice ‘oggetto’ da utilizzare. E le domande di fondo sono quelle sul senso della vita e del nostro abitare la Terra”.
Fausta Speranza, dal canto suo, ha ricordato come “in un’epoca segnata dalla pandemia, dai disastri ambientali legati ai cambiamenti climatici, dal fenomeno del Earth Overshoot Day, l’acqua è emblema dell’equilibrio naturale del pianeta che gli esseri umani non possono distruggere senza annientare se stessi”. Ha spiegato poi che cercando un approccio costruttivo e propositivo ha dedicato una seconda parte del libro alle nuove tecnologie in grado di difendere l’ambiente. Mentre la terza parte del volume è dedicata all’analisi della dimensione spirituale, culturale e artistica con cui l’uomo ha guardato all’elemento naturale fonte di vita per eccellenza perché “il grido degli scienziati aspetta di essere rilanciato da un potente sussulto di consapevolezza etica”. (aise)
originale su Vatican NEWS del 21 aprile 2021 prima parte
ROMA – Il 7 febbraio scorso l’India ha subìto un disastro assai simile a quello del Vayont: un ghiacciaio nello Stato dell’Uttarakhand ha ceduto e la massa d’acqua ha travolto ogni cosa. A differenza del cataclismo che ci fu la sera del 9 ottobre 1963 nel bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont, che provocò la morte di 2.018 persone, il bilancio delle vittime in India è stato per fortuna assai meno tragico: 9 morti e almeno 150 dispersi. Il crollo è stato provocato molto probabilmente dal riscaldamento globale, ed ha causato un’alluvione che ha danneggiato una diga. Dodici persone intrappolate in un tunnel coperto di fango sono state salvate dai soccorritori, che hanno scavato nella melma.
L’avidità per l’ultima goccia di petrolio e l’ultimo chilowatt di energia. “I disastri himalayani, compresa la tragedia del 7 febbraio 2021 – scrive Vandana Shiva nella prefazione al volume di Fausta Speranza dal titolo Il senso della sete. L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità (Infinito Edizioni) – sono una conseguenza dell’ignoranza e dell’avidità, l’avidità di estrarre l’ultima goccia di petrolio e gas dal sottosuolo, l’ultimo chilowatt di energia dall’ultimo fiume, compresa la nostra sacra madre Gange e i suoi affluenti, l’ultimo soldo, l’ultima rupia della natura e dei lavoratori”. La riflessione di Vandana Shiva, che viene riportata a ridosso della 51° Giornata Mondiale della Terra (il 22 aprile) si addice perfettamente al libro Il senso della sete, dove si evidenzia come il legame tra l’acqua e il diritto alla salute sia una tra le questioni sociali e geopolitiche più urgenti inerenti alla più essenziale delle risorse.
La lettera di Papa Francesco all’autrice, Fausta Speranza in un’epoca segnata dai disastri ambientali legati ai cambiamenti climatici e dal consumo umano eccessivo delle risorse del Pianeta, l’acqua è l’emblema di quell’equilibrio naturale che evidentemente gli esseri umani non possono continuare ad alterare senza annientare se stessi. “Coltivare e custodire il Creato è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia (cfr Gen 2.15), ma a ciascuno di noi, per far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un luogo abitabile per tutti”, scrive Papa Francesco in un’originale lettera a Fausta Speranza, contenuta integralmente all’interno del suo libro.
L’Autrice. Fausta Speranza è giornalista inviata dei media vaticani, al Radiogiornale internazionale di Radio Vaticana dal 1992 e nella redazione esteri de L’Osservatore Romano dal 2016 (prima donna a occuparsi di politica internazionale nel quotidiano della Santa Sede). Collabora o ha collaborato con Famiglia cristiana, Limes, RadioRai, il Corriere della Sera e Il Riformista. Vincitrice di molti premi (nelle sezioni Radio, Tv e Libri), è coautrice di diversi volumi.
Francesco, “trasformare il mondo perché sia abitabile per tutti”
(di Fausto Gasparroni)
(ANSA) – ROMA, 13 APR – “Coltivare e custodire il Creato è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia (cfr Gen 2.15), ma a ciascuno di noi, per far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un luogo abitabile per tutti”. E’ una lettera di papa Francesco ad aprire “Il senso della sete”, il nuovo libro della giornalista Fausta Speranza dedicato a “L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità”, edito da Infinito. E in questa lettera all’autrice, sottolineando come l’elaborato si ispiri “alle tematiche della casa comune e della fratellanza”, “quanto mai attuali”, il Pontefice auspica “che esso possa favorire il rispetto e la custodia del Creato”.
Quanto poi sia cruciale il tema dell’acqua, in tutti i suoi aspetti, da quello geopolitico ed economico, a quello del suo essere un indispensabile bene pubblico, fruibile da tutti, fino ai risvolti etici, culturali, artistici e spirituali, lo dimostra anche la serie di nomi di prestigio che, oltre al Papa, firmano gli interventi introduttivi del volume: l’ambientalista Vandana Shiva, il diplomatico Pasquale Ferrara, l’ex ministro ed ex presidente del Cnr Francesco Profumo, l’economista Leonardo Becchetti.
“Secondo le stime del Water Grabbing Observatory, nel 2030 il 47 per cento della popolazione mondiale vivrà in zone a elevato stress idrico, che significa elevatissimo stress sociale”, scrive l’autrice. “L’oro blu” è “in grado di scatenare carestie e guerre e l’acqua potabile, in particolare, rappresenta il primo diritto da tutelare in tema di salute”.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 28 luglio 2010, ha incluso l’accesso ai servizi igienico-sanitari e all’acqua potabile tra i diritti umani universali e fondamentali. Ma “le risorse idriche non sono distribuite in modo equo e questo diritto è più ‘fluido’ che mai”. Intanto – e anche questo fa parte dell’attuale modernità “liquida”, “è accaduto un fatto tanto potenzialmente dirompente quanto impensabile: l’acqua quotata in Borsa”. E se ne parla in un capitolo ‘ad hoc’.
Ancora: il profondo legame tra la più essenziale delle risorse e il cambiamento climatico è stato il tema dell’edizione 2020 della Giornata mondiale dell’acqua. Con la pandemia, “il messaggio è deflagrato: si deve ripartire dall’ambiente costruito per contrastare l’arrivo di ondate di calore anomale, piogge torrenziali, siccità e aridità, uragani e cicloni”.
Ma si deve anche garantire “una gestione idrica più sicura e sostenibile e tutelare il diritto alla salute in un modo nuovo”. E l’analisi del volume è serrata su come sia “inaccettabile il numero di coloro che nel mondo vivono senza poter accedere all’acqua potabile”, mentre “nessuno può negare che far mancare l’acqua a esseri umani possa rappresentare un crimine contro l’umanità”.
Ma Fausta Speranza è anche alla ricerca di risposte e soluzioni, vuole contribuire a un dibattito “comprensivo e propositivo”. E per farlo non manca di attingere, nell’ultima parte della sua trattazione, a “quel bacino di spiritualità e sensibilità artistica che davvero può dare forza per una vera rivoluzione ecologica”: una rivoluzione che, come insegna lo stesso papa Francesco, “non può cambiare solo lo stato di salute dell’aria, dell’acqua, della terra, ma deve modificare la relazione dell’essere umano con il contesto ambientale e con l’altro”.
(ANSA).
13/4/2021 – «Nulla è più duro di una pietra e nulla è più molle dell’acqua, eppure la molle acqua scava la dura pietra», sentenziava Ovidio. Nel pensiero del poeta romano si specchia, in modo esemplare, la forza — paziente e sorprendente — di un bene e di una risorsa dalle cui potenzialità derivano dinamiche ed implicazioni che risultano decisive al fine di salvaguardare l’equilibrio e la salute della Terra. Sarebbe di conseguenza gravissimo, nonché imperdonabile, non valorizzare adeguatamente tali potenzialità. Alla luce di questa consapevolezza acquista un rilievo pregnante il libro della giornalista Fausta Speranza Il senso della sete. L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità (Formigine, Infinito Edizioni, 2021, pagine 255, euro 17), perché richiama, con rigore critico, l’impellente esigenza di tutelare il legame fondamentale tra l’acqua e il diritto alla salute, ovvero una tra le questioni sociali e geopolitiche di maggiore urgenza inerenti alla più essenziale delle risorse.
Il libro si fregia della lettera di Papa Francesco all’autrice, in cui si elogia il suo lavoro, «frutto della sua operosità quotidiana e di una diligente raccolta di tematiche quanto mai attuali». In tale senso il Santo Padre auspica che tale lavoro «possa favorire il rispetto e la custodia del Creato». Perché coltivare e custodire il Creato, sottolinea Papa Francesco, è «un’indicazione di Dio, data non solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi, per far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un luogo abitabile per tutti».
Diversi punti di vista, contenuti nelle prefazioni, introduzioni e postfazione (l’ecologista Vandana Shiva, l’ambasciatore Pasquale Ferrara, l’accademico Francesco Profumo, i professori Leonardo Becchetti e Stefano Ceccanti) arricchiscono il volume: valutazioni che fanno da prezioso contorno all’illuminante studio di Fausta Speranza, uno studio che spicca quale prezioso punto di riferimento in merito ad una tematica così articolata e sfaccettata.
In un’epoca segnata dai disastri ambientali e dal consumo eccessivo e scriteriato delle risorse del pianeta, l’acqua assurge ad emblema di quell’equilibrio naturale che gli esseri umani non possono continuare ad alterare senza annientare, così facendo, sé stessi. Indicativo è il richiamo all’Himalaya il quale è il Terzo Polo che fornisce acqua a metà dell’umanità. In virtù di ciò, assumono una dimensione cupa e allarmante “i disastri himalayani”. Spinti dall’avidità e dalla corruzione siamo diventati ignoranti della cultura del sacro e della fragilità ecologica dell’Himalaya. Ecco allora che i disastri himalayani rappresentano una conseguenza dell’ignoranza e dell’avidità, l’avidità di estrarre l’ultima goccia di petrolio e di gas dal sottosuolo, l’ultimo chilowatt di energia dall’ultimo fiume, compreso il Gange e i suoi affluenti, l’ultimo soldo, l’ultima rupia della natura e dei lavoratori.
L’acqua riveste un nevralgico ruolo strategico nello scacchiere internazionale. Si pensi alla crisi del lago Ciad, ovvero uno dei “serbatoi” d’acqua più importanti dell’Africa, da cui attingono tutti i territori circostanti appartenenti a quattro diversi Stati: Ciad, Camerun, Nigeria e Niger. L’area di questo bacino si è ridotta di circa il novanta per cento rispetto agli anni Settanta del secolo scorso. L’emergenza del lago Ciad è un intreccio di crisi diverse. Il cambiamento climatico ha aumentato la vulnerabilità ambientale di una regione già fragile, portando ad una forte siccità e a conseguenze negative sull’agricoltura e sulla sicurezza alimentare. Al contempo si registrano un sensibile aumento demografico e la caduta del petrolio al barile, che ha fatto aumentare l’inflazione e il costo dei beni di prima necessità. A ciò si aggiungano fenomeni di estesa corruzione, che prospera quando si riducono le opportunità economiche “legali”, e quando si allargano le fasce di miseria. La popolazione è allora esposta alle “scorciatoie” della criminalità transnazionale e si creano nuove tensioni migratorie.
Non c’è dubbio che l’acqua sia al cuore della questione ambientale la quale, a sua volta, è inserita in un’era dominata dalla tecnologia. In questa temperie si affermano meccanismi e dinamiche dell’intelligenza artificiale, i processi lavorativi sono sempre più automatizzati, le persone sono sempre più in simbiosi con gli strumenti digitali. Tutto questo avviene mentre si consuma il pianeta fino a minacciare la sicurezza idrica. A questo punto scatta un amaro paradosso. Si raggiungono impensate conquiste, ma non sappiamo come risolvere questioni fondamentali in cui sono messe in gioco l’esistenza e la dignità dell’essere umano. È dunque necessario che venga ripensato l’intero sistema di relazioni tra esseri umani, tecnologia e ambiente. E puntualmente, in merito, Fausta Speranza accosta il messaggio dell’Enciclica Laudato sì alla disamina dei disastri ambientali, alla prospettiva di una tecnologia green, come pure al patrimonio umanistico, religioso e artistico.
Non è certo un caso che tra le sei dimensioni principali della sfida ambientale identificate a livello globale si trovi quella dell’impronta d’acqua e che il goal 6 degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite sia relativo alla disponibilità d’acqua pulita e di servizi sanitari. Tra i traguardi che, da questo punto di vista, ci si propone figurano l’implementazione di una gestione delle risorse idriche integrata, la tutela ed il risanamento degli ecosistemi legati all’acqua, l’espansione del supporto per le attività legate all’acqua e agli impianti igienici nei Paesi in via di sviluppo. Alcune buone pratiche, intanto, stanno indicando la vita. In Nuova Zelanda, per esempio, il Parlamento ha approvato una legge che rende il fiume Whanganui (il terzo fiume del Paese) un soggetto giuridico.
Questa iniziativa pone bene in rilievo che l’acqua, a conferma delle sue molteplici potenzialità, assume anche una dimensione costituzionalistica. Essa, cioè, diventa una res funzionale al godimento dei diritti fondamentali, primo fra tutti quello della vita e della salute. L’indissolubile legame con i diritti fondamentali rende l’acqua un bene comune, cioè un bene la cui utilizzazione economica non può andare ad incidere il nucleo essenziale dei diritti umani.
La riflessione di Fausta Speranza sull’acqua ha un potente respiro sinottico, perché traccia un interessantissimo itinerario di tale bene attraverso le diverse religioni, dal cristianesimo e all’ebraismo, dall’islam e al buddismo. Un itinerario che, nel suo agile dispiegarsi, non può non caricarsi di un solido spessore culturale, in cui trova espressione un denso nucleo di usi e tradizioni. L’autrice puntualmente ricorda come l’acqua sia una “protagonista” nelle opere di Shakespeare. Basti pensare a La tempesta, o all’Ofelia dell’Amleto, che sparisce inghiottita dalle acque. C’è poi un’altra celebre storia d’acqua, il mito di Narciso, un personaggio implicitamente presente nei primi Sonetti. Nel sonetto di Shakespeare, allo specchio d’acqua, che nel mito ovidiano resta complice muto di un amore fallace, si sostituisce l’io del poeta in diretta allocuzione con il giovane innamorato. L’interlocutore dell’io poetico tende a non uscire dalla sterile corrispondenza di sé stesso, ma l’invito a guardarsi nello specchio — sottolinea Fausta Speranza — va nella direzione esattamente opposta a quella dell’auto-contemplazione distruttiva di Narciso. Serve piuttosto da incentivo a salvare «quella che viene pensata come l’Immagine perfetta».
di Gabriele Nicolò