In Tunisia misure d’emergenza

Il presidente Saied sospende il parlamento e licenzia il primo ministro Mechichi dopo una giornata di manifestazioni popolari contro il sistema politico in atto. Proteste dal leader di Ennhadha. Sullo sfondo l’emergenza sanitaria e la crisi economica che nel decennio dopo la Primavera araba ha fatto scendere e non alzare il livello di sviluppo del Paese, come spiega la studiosa Francesca Maria Corrao

 Fausta Speranza – Città del Vaticano

Il presidente tunisino Kais Saied ha annunciato, ieri nella tarda serata della giornata in cui si festeggiava la repubblica, la sospensione del parlamento e il licenziamento del primo ministro Hichem Mechichi. Nove i provvedimenti ufficializzati dal presidente di fronte a migliaia di persone scese in strada per contestare al governo la gestione della crisi e quella dell’emergenza sanitaria.  Saied ha invocato l’articolo 80 della Costituzione che prevede misure d’emergenza in caso di “pericolo grave e malfunzionamento delle istituzioni”. Ha deciso l’allontanamento del primo ministro e il congelamento del parlamento per un mese. Dopo poche ore, l’esercito, inviato a garantire la sicurezza della sede del Parlamento, ha vietato l’accesso al presidente dell’Assemblea,  Ghannouchi, anche leader del partito islamico Ennhadha, alla  vicepresidente  Chaouachi e ad altri deputati di Ennahdha e della coalizione islamista Al Karama. Le cronache della Tv di Stato si sono chiuse  con il presidente tra la folla in festa nel centro di Tunisi.

Le decisioni del presidente e le critiche a Saied

Tra le misure d’emergenza, che gli oppositori hanno definito un “colpo di Stato”, c’e’ la sospensione di tutte le immunità dei parlamentari. Saied ha comunicato che designerà un nuovo primo ministro, tutti i membri del governo e presiederà il Consiglio dei ministri, ma non ha parlato di sospensione della Costituzione. “Abbiamo preso questa decisione – ha spiegato Saied, parlando alla televisione – fino a quando non tornerà la calma e non metteremo lo Stato in sicurezza”. Tutta la zona attorno agli edifici governativi è attualmente blindata e protetta dalle forze di sicurezza. “Chiunque pensa di fare ricorso alle armi – ha dichiarato Saied – e chiunque sparerà anche un solo colpo, sappia che le forze armate risponderanno sparando”. Lo speaker dell’assemblea, Ghannouchi, ha parlato espressamente di “colpo di Stato contro la rivoluzione e la costituzione” e ha chiamato il popolo a “difendere la rivoluzione”. Dieci anni fa, la protesta di massa in Tunisia aveva innescato la cosiddetta Primavera Araba e la rivolta di migliaia di persone in tutta la regione.

Covid e povertà

Non è chiaro quanto sia politica la connotazione delle proteste popolari, afferma la professoressa Francesca Maria Corrao, docente di Lingua e cultura araba alla Luiss:

La studiosa ricorda che nel centro del Paese dove più si annida la povertà da circa un anno è riesploso il malcontento. Si tratta della parte di popolazione che più subisce da sempre le diseguaglianze e che più soffre la crisi economica che  – afferma Corrao – si riassume in un dato: l’indice di sviluppo del Paese è passato dal 3 all’1 per cento. In questi dieci anni dalla cosiddetta Primavera araba non c’è stato un vero rinnovamento a livello sociale anche a causa di mali endemici come la corruzione, sottolinea Corrao.

L’aspetto istituzionale

Non è chiaro che cosa accada al resto dei componenti del governo dopo il licenziamento del primo ministro o cosa avverrà delle attuali rappresentanze in parlamento dopo il mese di sospenzione. Corrao ricorda che effettivamente l’articolo 80 invocato da Saied prevede interventi di questo tipo in caso di emergenza ma spiega che ad essere messa in discussione al momento è proprio la definizione di situazione di emergenza denunciata dal presidente. Corrao in ogni caso ricorda che l’attuale presidente è stato votato a grande maggioranza con il manifestato mandato di arginare le forze politiche che avevano il potere e dunque spiega che questo può significare che davvero avrà il sostegno di una parte della popolazione. Nello stesso tempo la studiosa sottolinea che in piazza è evidente anche l’espressione di quanti in realtà restano legati ad altre forze politiche. In sostanza –  ricorda –  si continua ad assistere  ad una polarizzazione di fondo tra forze laiciste e non, ma a determinare lo scontento popolare non sono questo tipo di dinamiche ma quelle economiche in cui si accentuano le diseguaglianze.  E – aggiunge la studiosa – al momento c’è anche un blocco di fondi da parte del Fondo Momentario Internazionale e preoccupano anche gli alti costi di tanti prodotti che vengono importati.

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