Il pedaggio di Vilnius

Limes N. 1 2006

di Fausta Speranza da Vilnius

“La Russia si è comportata con l’Ucraina come con la Lituania nel 1992 , quando con la guerra delle risorse energetiche condizionò il risultato delle elezioni parlamentari nel paese che aveva guadagnato l’indipendenza l’anno precedente. Questo il punto di vista sulla faccenda Gazprom espresso da Vytautas Landsberghis, l’ex leader del fronte popolare Sajudis, cioè il che portò Vilnius fuori dell’egemonia russa nell’agosto del 1991. Landsberghis, che siede oggi al parlamento europeo tra le file dei popolari, da Strasburgo ci ha detto di essere sicuro che il voto che premiò il partito comunista alle presidenziali nel ’92 fu condizionato proprio dalle minacce di Mosca di tagliare le risorse energetiche.
A Kiev l’appuntamento con le urne fissato a marzo rappresenta il capitolo più importante da scrivere, a un anno dalla . Nel frattempo l’acquisto di gas dalla Russia non è più una questione bilaterale ma, piuttosto, un braccio di ferro che ha investito l’intera Europa. Di per la politica energetica europea del futuro ha parlato il ministro austriaco dell’Economia Bartenstein – l’Austria è presidente di turno dell’UE – commentando l’accordo raggiunto tra Mosca e Kiev, non senza strascichi, sulla crisi del gas a cavallo tra dicembre e gennaio scorsi.
Al di là dei buoni propositi di Bruxelles, indubbiamente la questione energetica non è solo economica ma ha forti implicazioni politiche. Per capire quale ruolo reciti la Lituania nello scacchiere dell’est, è interessante innanzitutto riferire il punto di vista di Landsberghis che è stato presidente dell’assemblea costituente, capo dello Stato e in seguito presidente del parlamento. Il deputato europeo ha affermato, senza mezzi termini, che l’Europa rischia la dipendenza da Mosca e che l’ex cancelliere tedesco Schroder ha . Lo ha fatto, a suo parere, accettando l’incarico di guidare il consiglio di sorveglianza della neonata , il consorzio creato dal gigante russo del metano Gazprom insieme con le tedesche Basf e E.On., per la costruzione del gasdotto che dal 2010 collegherà la Russia direttamente con la Germania. La Germania stessa, secondo il parlamentare europeo lituano, ha perseguito un interesse approvando il progetto del gasdotto avviato nei primi giorni dello scorso dicembre. Polonia, Lituania e altri paesi baltici sarebbero accomunati dai forti disagi proprio in conseguenza della costruzione del gasdotto.

2. Il gasdotto non passa attraverso il territorio lituano ma nel Mar Baltico. La scelta è più costosa e più discutibile per l’ambiente, ma in questo modo Mosca ha in pugno la contrattazione per il prezzo delle risorse energetiche, senza dovere nulla per transito. Per la Lituania è uno smacco, e c’è qualcuno a Vilnius che lo addebita ad una classe politica che non è stata capace di trattare. Secondo Landsberghis, invece, Mosca ha preso la sua decisione strategica senza margine di appello. Visto dal punto di vista di Mosca, il gasdotto rappresenta un grosso affare economico ma certamente anche un modo per uscire da quella sorta di isolamento geografico che la Polonia e le repubbliche baltiche hanno determinato negli ultimi anni.
E qui le implicazioni geopolitiche si allargano: non si può dimenticare che gli americani sostengono la Polonia, entrata nella Nati già dal 1999, e stanno per spostare proprio in Polonia le basi militari finora in Germania. Se delinea, in sotanza, uno scenario vecchio di secoli, con una specie di contrapposizione strategica tra Polonia e Russia. Certamente Lituania e Polonia hanno interessi in comune e dipendono entrambe sostanzialmente dalle forniture energetiche della Russia. Ma la classe dirigente e la forza imprenditoriale lituane non sembrano proprio seguire la linea polacca. La Lituania è entrata a far parte della Nato nell’aprile 2004, un mese prima dell’ingresso nell’UE, e ospita una base aerea dell’Alleanza Atlantica. Non è tuttavia un paese di grosso peso internazionale. Piuttosto che esporsi nel seguire la Polonia, cerca di mantenere buoni rapporti con la Russia. E, in questo senso, non sembra importante che nell’attuale coalizione di governo il partito principale sia quello ex comunista, guidato dal premier Brauzaskas. E neanche che si tratti di una coalizione non troppo stabile, viste le tensioni, proprio all’interno di questo partito, tra la vecchia guardia e i leader più giovani.
In realtà, infatti, un po’ tutte le formazioni politiche avvertono che la Lituania può crescere di peso solo mantenendo uno stretto rapporto con Mosca. Il paese ne è consapevole anche se a livello collettivo c’è la volontà di conservare tutta la distanza conquistata dopo 51 anni di regime sovietico. Nessuna forma di complicità culturale, ma un interesse economico strategico.  Il punto è che la Lituania ha carte da giocare con la Russia di Putin. Rappresenta il possibile corridoio per collegare Mosca con l’exclave russa di Kaliningrad e con il cuore stesso dell’Europa. I porti della Lituania sono gli unici che praticamente non conoscono uno stop per il gelo d’inverno, beneficiando di temperature più miti di quelle che interessano il Mar Baltico e il tratto di costa di Kaliningrad. Restano dunque preziosi anche se le basse tariffe dell’exclave potrebbero essere competitive. Se il nuovo gasdotto eviterà le repubbliche baltiche, non perciò tanti e tanti altri scambi commerciali cesseranno di aver luogo attraverso il territorio e i porti lituani. Della scelta marina per il gasdotto, resta poi da dire che nella capitale lituana in molti ne sottolineano i rischi, ricordando che dopo la fine della seconda guerra mondiale navi tedesche da guerra, con armi chimiche, restarono incagliate nell’Atlantico e simile materiale russo rimase nel Mar Baltico, con il risultato che la zona dove Atlantico e Baltico si incontrano, e lo stesso Mar Baltico, potrebbero serbare materiale ancora attivo e pericoloso. Su questo punto non sono giunte rassicurazioni convincenti da parte della Russia.

3. Passeggiando per la restaurata capitale Vilnius ci si scopre a constatare quanto poco resti dell’impronta russa. Aleksandras Matonis, vicecaposervizio della principale agenzia di informazione del paese, la Baltic News Service, ci ha raccontato che sua madre, insegnante elementare, ha trascorso mesi di prigione sotto il regime comunista per aver insegnato ai suoi studenti a scrivere con caratteri lituani parole lituane, mentre il regime sovietico permetteva solo caratteri cirillici. Quasi sottovoce e guardandosi un po’ intorno in un tipico locale della storica via Pilies, ha aggiunto che sua madre, ormai pensionata e felicemente impegnata con i nipoti, si rifiuta di parlare il russo, lingua ancora fondamentale in tutta l’area baltica (anche estoni, lituani e lettoni usano il russo per comunicare tra loro). Ma un conto sono i sentimenti della gente e un conto è la disponibilità agli affari. E la gente, che in questa fase assapora i primi segni di un certo benessere, non ha problemi quando si tratta di scambi commerciali.
Si sarebbe tentati di dire che l’impegno a mantenere un buon rapporto di vicinato con Mosca si è visto anche mesi fa, quando un Mig dell’aviazione russa è precipitato nel centro del territorio lituano e dopo un mese di inchieste non se ne è parlato più.  Ma bisogna aggiungere che circola voce di una considerevole cifra elargita da Mosca per chiudere l’incidente. Se si parla di soldi, molti commentatori assicurano che la Russia ha investito ingenti capitali in Lituania per mantenervi la propria •int1uenza. E non si può non ricordare che solo due anni dopo la nascita della repubblica parlamentare, dopo mesi di forti polemiChe, il 6 aprile del ’94 il parlamento licenziava il presidente Paksas perché aveva violato la costituzione aiutando l’uomo d’affari russo ]urij Borisov, suo fmanziatore alle elezioni, ad otte¬nere la cittadinanza lituana. E l’accusa era anche di aver mantenuto contatti con la criminalità russa. A proposito di fili non tagliati, va ricordato che Landsberghis, da parlamentare europeo, il 26 maggio scorso ha chiesto ai paesi membri di fare pressione su Mosca affinché .la Russia elimini dalla propria legislatura vigente in materia di previdenza sociale il riferimento agli Stati baltici quale area in cui l’esercito russo può, anche al giorno d’oggi, essere utilizzato in azioni armate». Sono strascichi significativi anche a livello simbolico.

4. Ci sono poi questioni delicate come quella dell’exclave di Kaliningrad, territorio russo grande come la regione Calabria, che confina con Lituania, Polonia, e, come dicevamo, si affaccia sul Mar Baltico. Chiariamo subito che per quanto ri¬guarda il nuovo gasdotto, non passerà attraverso l’exclave, e non è certo se ci sarà un collegamento per rifornirla. Sul grosso nodo di transito da e per la Russia, la Lituania, sostenuta dall’Unione Europea, è arrivata a una situazione di compromes¬so. Nell’estate 2002 il presidente russo Putin aveva chiesto un corridoio di 70 km attraverso la Lituania da Kaliningrad fino alla consorella Bielorussia. L’Ue è stata ferma nel suo no. Ha rilanciato la trattativa assicurando visti a prezzi stracciati a tut¬ti i kaliningradesi o russi, per poi superare anche l’ipotesi del visto, optando per un documento di viaggio valido per un anno per il passaggio in auto attraverso la Li¬tuania, mentre per il transito in treno il permesso fa parte del biglietto. Bisogna dire che per quanto riguarda gli abitanti dell’exclave, non si muovono tanto verso la Russia, quanto piuttosto verso Varsavia e verso Vilnius. Per la Lituania c’è il proble¬ma dell’immigrazione clandestina, ancora non del tutto risolto, mentre in relazione alla Polonia si segnala l’intenso contrabbando di vodka.
Ma c’è un punto in relazione a Kaliningrad che davvero può creare frizione tra Vilnius e Mosca: è il progetto di trivellazione petrolifera non lontano dalle coste russe dell’exclave che minaccia la riserva naturale di dune sabbiose di Kurshskaja Kosa, in Lituania, dichiarate patrimonio mondiale dell’Unesco. Agli atti del Parla¬mento europeo c’è la richiesta presentata da Landsberghis per la conclusione di un accordo tra la società Lukoil controllata dal governo russo e il governo lituano in merito a garanzie di compensazione in caso di disastro ambientale. Ci sono poi implicazioni di carattere economico nella svolta in senso autoritario che Putin ha imposto all’exclave. Una legge federale ha messo in seria difficoltà gli investitori stranieri, anche quelli che facevano affari sul territorio da dieci anni. Soprattutto li¬tuani, affiancati negli ultimi anni da tedeschi e danesi. I lituani, infatti, sono un po¬polo di origine contadina che si distingue per la vena imprenditoriale: sono lituane le maggiori catene di supermercati in Estonia e Lettonia.

5. Tra la Lituania e l’exclave russa il legame è anche culturale, tanto che que¬st’ultima veniva chiamata Lituania minore. E c’è anche una curiosità storica: il primo libro pubblicato in lituano venne stampato nel XV secolo a Kaliningrad, città che sotto la “pelle sovietica” nasconde l’antica Konigsberg, capitale della Prussia orientale dove nacque il filosofo Emmanuel Kant. I natali di Konigsberg risalgono al 1255 e l’area rimane tedesca, tra alterne vicende, fino all’aprile 1945, quando l’Armata Rossa la conquista. Alla Conferenza di Postdam, nello stesso anno, viene deciso di concedere per mezzo secolo il territorio all’Unione Sovieti¬ca che quasi subito ne trasforma il nome in Kaliningrad.
Tra il ’47 e il ’48 avviene l’espulsione da parte delle autorità sovietiche degli ultimi tedeschi: molti erano già scappati sotto i pesanti bombardamenti dell’aviazione britannica nel ’44. Negli anni della guerra fredda Kaliningrad rappresenta un avamposto  avanzato  per contrastare la Nato.  Allo  scadere  della concessione, nel 1995, non è stata sollevata nessuna seria discussione sulla sorte dell’exc1ave che solo nel ’92 era stata riaperta ai visitatori stranieri. La Russia di El’cin aveva dato segni di voler concedere sempre maggiore autonomia e di voler perseguire una certa integrazione con i paesi vicini, ma con Putin si è andati in tutt’altra di¬rezione. Anche la speranza che si procedesse verso una certa smilitarizzazione non è stata soddisfatta. A sorvolare lo spazio aereo è un numero sempre consi¬derevole di aerei spia e pieni di armi: il Mig precipitato mesi fa in territorio litua¬no ha solo sfiorato la tragedia. Resta lo stato di povertà in cui versa la popolazio ne dell’exclave, anche se più del 90% delle risorse minerarie mondiali di ambra si trovano a Kaliningrad e dal 1999 la BMW ha aperto uno stabilimento di assemblaggio per il mercato russo. Nei piani di Mosca l’exc1ave doveva essere la Hong Kong del Baltico, ma corruzione e burocrazia hanno impedito qualsiasi boom. C’è da dire che, a luglio 2005, ai festeggiamenti per i 750 anni di KaliningradIKonigsberg, cui hanno preso parte Schroeder e Putin, il cancelliere tedesco ha detto: Sono grandi le possibilità di Kaliningrad di diventare una metropoli europea.

6.  A Kaliningrad ci sono molti polacchi e, d’altra parte, in tutta questa area geografica convivono nazionalità diverse. In Lituania, paese che si estende su un territorio grande come l’Irlanda ed è il più popoloso dei paesi baltici con 3,4 mi¬lioni di abitanti, poco più dell’80% della popolazione è lituano. Ci sono poi russi, polacchi ed ex sovietici in genere. A Vilnius tutti vantano rispetto delle minoran¬ze. È un fatto che, al momento dell’indipendenza, a differenza di quanto accadu¬to in Estonia e Lettonia, la Lituania ha concesso indistintamente la cittadinanza a tutti i residenti sul territorio da dieci anni.
Nella regione di Vilnius circa il 50% della popolazione ha origini polacche ma questo non significa che linguisticamente i due popoli siano vicini: polacco e lituano provengono da ceppi diversi e, anche in questo caso, la lingua di com¬prensione reciproca è il russo, salvo per i giovani, che parlano l’inglese. Lituania e Polonia hanno in comune i principali problemi socioeconomici, però la Litua¬nia non è mai stata industrializzata. Tradizionalmente vige la distinzione tra po¬lacchi colti e ricchi e lituani contadini. In ogni caso, la loro storia è storia in gran parte condivisa, a partire dal 1569, anno dell’unione formale, detta Unione di Lu¬blino. E drammatico, dunque, fu lo strappo del 1920, quando le truppe di Varsa¬via occuparono la città di Vilnius, dove rimasero fino al ’39. Nell’estate del’40 la Lituania entra a far parte formalmente dell’Urss. Tra il ’41 e il ’44 subisce l’inva¬sione nazista con lo sterminio di centinaia di migliaia di ebrei lituani. Nel ’90 è la prima repubblica sovietica a dichiararsi indipendente. Il 13 gennaio 1991 gli Omon sovietici assaltano la torre della televisione di Vilnius e 14 persone riman¬gono uccise mentre la città si riempie di barricate. Approfittando del fallito golpe a Mosca, il 19 agosto il paese riconquista l’autonomia. Il 6 settembre viene rico¬nosciuta come indipendente anche dall’Urss. Il 17 settembre entra a far parte delle Nazioni Unite. Ma le ultime truppe ex sovietiche si ritirano solo nell’agosto del 1993.
Da quel drammatico 1920, dunque, i rapporti con la Polonia si riallacciano solo dopo la nascita della Repubblica parlamentare della Lituania. Fino al 1990 le frontiere tra i due paesi sono chiuse. E a tutt’oggi manca una moderna autostra¬da che unisca i due paesi. Da Vilnius ci vogliono otto o nove ore per coprire la distanza di 350-400 km fmo a Varsavia. Un vero sistema autostradale tra Polonia e Lituania ovviamente è atteso anche da Lettonia ed Estonia. Anèhe la linea fer¬roviaria necessita di un ammodemamento. D’altra parte, l’integrazione con l’Eu¬ropa passa anche attraverso l’adeguamento delle rotaie che non sono ancora compatibili. La Polonia sembra interessata in particolare ad un incremento dell’acquisto di gas dalla Limania ma attualmente non c’è una linea diretta di riforni¬mento e si è costretti a passare attraverso la Bielorussia sicché i due paesi pensa¬no alla costruzione di un gasdotto diretto, confidando nei fondi Ue. Per tornare ai rapporti culturali tra Varsavia e Vilnius bisogna osservare che la Lituania tutela l’integrazione e la.scolarizzazione dei polacchi più di quanto la Polonia faccia con i lituani, che faticano anche a trovare testi nella loro lingua per conservare il bilinguismo. E in questo senso, la svolta a destra alle elezioni di autunno in Polo¬nia ha suscitato qualche preoccupazione per possibili scelte ultranazionaliste, anche se Vilnius professa ufficialmente estremo ottimismo.

7. Infine, in questo panorama di equilibri che attraversano la Lituania, cuore e avanguardia delle repubbliche baltiche, non può non essere menzionata una questione delicata in relazione alla stessa Unione Eluropea. Si tratta della centrale nucleare di Ignalina, costruita negli anni Settanta al confine tra Lituania, Bielorus¬sia e Lettonia, a circa 120 km a nord-est di Vilnius. Ha due reattori da 1.500 me¬gawatt simili a quello esploso nel 1986 a Chernobyl e dunque l’Ue ha imposto la chiusura del primo nel 2005 e dell’altro entro il 2009, facendone un punto fermo nelle trattative di adesione.
La centrale si trova a 8 km dal centro abitato chiamato Visaginas, dove gli esperti giurano sulla sicurezza di tutti gli impianti e dove tanta gente si è dispera¬ta per la crisi occupazionale in conseguenza della chiusura. All’Unione Europea chiedono il riutilizzo della struttura e in ogni caso tutto il supporto per sostenere la perdita di un impianto che forniva il 70% del fabbisogno lituano di energia. È normale che ci siano altre aspettative dopo l’adesione all’Unione, che ha portato una vera svolta, riassumibile simbolicamente nella trasformazione della capitale Vilnius, che in due anni ha recuperato la bellezza degli antichi palazzi e un ruolo di crocevia e di motore dell’economia per l’area baltica. La capitale lituana è sempre stata particolare e oggi è di nuovo attraente, dopo che è stata rimossa la patina di grigiore tipica dell’impronta sovietica. La città vecchia, che le ha fatto guadagnare un posto nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco, è uno dei più grandi centri storici dell’Est Europa. Ha circa 1.500 palazzi edificati in secoli molto diversi, che offrono una carrellata di tutti gli stili architettonici europei. E notando tante e tante chiese barocche, si può calpire meglio perché la storica Sigita Maslauskhite parli dell’adesione all’Ue esclusivamente in termini di un dopo mezzo secolo di comunismo.
D’altra parte, il senso di appartenenza e l’entusiasmo per il ritorno nella fa¬miglia europea è stato evidente al referendum per l’adesione che ha registrato il 90%  di voti a favore, e poi al momento della ratifica della costituzione: la Lituania è stato il primo paese dell’Ue a dire sì al trattato costituzionale, 1’11 novembre 2004. Trattato poi bloccato da Francia e Olanda,. ma questa è un’altra storia. TI prossimo passo, al quale la Lituania tiene molto, è l’ingresso nella zona euro, che tuttavia non potrà avvenire nell’immediato futuro. Senz’altro avrebbe un peso sull’economia del paese che tra le repubbliche baltiche registra la maggiore cre¬scita, anche se ha ancora troppe persone occupate in agricoltura. E avrebbe un peso forse anche nei rapporti con la tanto vicina e tanto più grande Polonia.