Clinica degli aborti illegali

Corriere della sera di domenica 16 aprile 2000

Intervista in esclusiva di Fausta Speranza  alla superteste Feliziana Alesse, segretaria di Ilio Spallone, sugli aborti illegali a Villa Gina

In prima pagina
Roma, parla l’infermiera che ha svelato lo scandalo: “Non dimenticherò mai quei corpicini”

“Io, la superteste, vi racconto  la clinica degli aborti illegali”

ROMA – “Ho denunciato lo scandalo degli aborti illegali perchè erano sette mesi che lavoravo a Villa Gina e non volevo più vedere o sapere”. Feliziana Alesse, 22 anni, la segretaria di Ilio Spallone che ha svelato la vicenda degli aborti praticati oltre il tempo limite imposto dalla legge, parla per la prima volta in un’intervista a una giornalista di Radio Vaticana: “Non posso dimenticare le ecografie di quei feti, per me erano foto di bambini: avevano già piedini, mani e testa”. “Tante donne – prosegue – arrivavano dall’ospedale, tante dai consultori, altre su segnalazione di un’amica. Erano tantissime, italiane e straniere, anche minorenni. Prima dell’intervento alle italiane facevano esami completi; alle extracomunitarie solo l’elettrocardiogramma”.

In cronaca a pagina 11
Feliziana Alesse, segretaria di Ilio Spallone, è la donna che ha raccontato per prima al PM Staffa dei presunti aborti clandestini. E’ stata ascoltata nell’agosto del 1999 e poi in ottobre ha fornito testimonianze e documentazione in seguito alle quali Spallone è stato incarcerato a Regina Coeli mentre suo nipote Marcello è agli arresti domiciliari. Alcuni componenti dell’equipe medica della clinica di Roma sono colpiti da provvedimenti restrittivi, altre 27 persone sono indagate. Anche la supertestimone è sotto accusa perchè, per un periodo, ha lavorato a Villa Gina consapevole di ciò che vi accadeva.
Feliziana Alesse ha 22 anni, occhi azzurri molto chiari, capelli biondissimi, carnagione slavata. Il volto è minuto, il fisico robusto. Ha qualcosa da dire su come l’hanno descritta. “Non sono una tossicodipendente e non sono una cubista. Non ho mai fatto uso di anfetamine e quando mia nonna ha sentito questa cosa si è sentita male. Non ho mai fatto la cubista anche se penso che farlo non significa essere una poco di buono o una che mente”.

Perchè ha deciso di denunciare tutto ai magistrati?

“Perchè ho una coscienza. Erano sette mesi che lavoravo a Villa Gina e non volevo più sapere o vedere. L’ho fatto per tutte le donne che possono avere un problema ad affrontare una gravidanza e io non le giudico se decidono di abortire. Ma quello non è il modo di trattare nessun essere umano”.

C’è qualcosa che non può dimenticare?

“Quando la paziente superava le dodici settimane il modo in cui le procuravano l’aborto non potrò mai dimenticarlo. Vengono somministrati farmaci in quantità eccessiva e la donna si vede che soffre in un modo tremendo, innaturale. E poi non posso dimenticare le foto dei bambini”.

Quali bambini?

“Quelli fotografati dalle ecografie”.

Vuol dire i feti?

“Sì, ma erano bambini, per me erano foto di bambini”.

Perchè?

“Avevano i loro piedini, le loro testoline, i loro corpi, le manine. Avevano tutto. Io non giudico quelle donne in difficoltà ma non dovrebbe succedere così”.

In sala operatoria che cosa ha visto?

“Vedevo che mettevano il bimbo in una bacinella. Poi il bimbo lo portavano nell’inceneritore nella stanza accanto, mentre il resto, cioè le acuqe e quello che esce dopo, lo gettavano nel water”.

Lei ha lavorato per un periodo nello studio privato del dottor Ilio Spallone, poi in un laboratorio di famiglia e poi, dal gennaio 1999, a Villa Gina. Quando ha deciso di denunciare?

“Il 5 agosto ho raccontato tutto al maresciallo Michele Di Laroni della Compagnia Divino Amore”.

Lei si è allontanata per un periodo da Villa Gina e poi è rientrata a lavorare. Perchè?

“Sono rientrata per avere delle prove. Io non ho fatto molte scuole, ma ho capito che altrimenti nessuno mi avrebbe creduto”.

Adesso c’è qualcosa che la spaventa?

“Sì, lui”.

Lui chi?

“Ilio Spallone, il dottor Ilio Spallone. Tanti all’interno della clinica avrebbero voluto denunciarlo ma avevano paura di perdere il posto”.

Qualcuno ha detto che si è voluta vendicare dopo un litigio con Ilio Spallone. C’è stata questa litigata?

“Una volta mi ha puntato contro l’antenna del telefonino e mi ha detto in malo modo di andarmene. Ma lui trattava sempre tutti male. Diceva anche alle pazienti un sacco di parolacce. Non è quell’episodio che mi ha spinto a denunciare anche se quel giorno mi sono sentita male”.

Ma nel litigio c’entravano gli aborti clandestini?

“No. Lui mi insultò perchè ero stata assente per un periodo. A Villa Gina si diceva che girava la scabbia e che io ero infetta. Allora io sono stata a casa qualche giorno per farmi vedere da un dottore esterno che ha detto che non avevo nulla. Quando sono rientrata lui mi ha fatto quella scenata e mi ha strattonata.”

Si ricorda l’espressione di una donna che l’ha particolarmente colpita?

“Ricordo gli occhi di una donna che piangeva tanto, per quello che stava facendo. Le pazienti che dovevano interrompere la gravidanza oltre la dodicesima settimana, dopo aver dato i farmaci che procurano l’aborto, le lasciavano tutta la notte sole in una stanza. Lui diceva che non dovevano lamentarsi perchè non le sentisse nessuno. La mattina si faceva l’intervento e poi uscivano senza che altri le vedessero.”

E’ vero che doveva fare la segretaria ma ha svolto anche altre mansioni?

“Sì, ho fatto l’infermiera tuttofare. Sono stata in sala operatoria, passavo i ferri e ho scritto sui registri della sala. Facevo le ricette alle pazienti prima di uscire dalla clinica”.

Come arrivavano le donne in stato interessante a Villa Gina?

“Tante arrivavano dall’ospedale, tante dai consultori e tante venivano su segnalazione di un’amica”.

Le donne pagavano tutte allo stesso modo?

“No. Il prezzo variava. Da un milione  e mezzo fino a otto o dieci milioni”.

Secondo lei, da che cosa dipendeva?

“Da quanto risultava sull’ecografia, dal periodo della gestazione.”

Hai mai riflettuto su quante persone passavano a Villa Gina?

“Erano tantissime, italiane o da fuori, straniere, anche minorenni”.

Secondo lei, la salute delle pazienti era comunque tutelata?

“No. Ad alcune italiane si faceva l’elettrocardiogramma, il gruppo sanguigno con azotemia e glicemia e un’ecografia che però spesso si modificava. Invece, alle extracomunitarie, alle rumene, alle prostitute si faceva solo il gruppo sanguigno e l’elettrocardiogramma e qualche volta anche solo l’elettrocardiogramma, prima di procedere all’aborto”.

C’è stato un caso in cui ha temuto per la salute di una persona?

“Più di una volta. In un caso l’intervento è venuto male. Mi dispiace per quella povera ragazza che credo proprio non avrà mai figli. E poi c’è la vicenda di una donna di 40 anni. Non era d Roma e faceva un’interruzione per una gravidanza molto al di là delle dodici settimane. Le hanno perforato l’uretere: dovrà andare avanti con una sacchettina per urinare”.

Adesso come si sente?

“Mi sento la forza di andare avanti. Questi mesi sono stati drammatici ma ora tanti sanno. E penso che non vedrò più quello che succedeva a Villa Gina. Qualcuno che oggi mi giudica un giorno penserà: Feliziana è stata brava, non poteva tacere”.