L’Aise rilancia la recensione di Gianni Lattanzio

LA TRAGEDIA DI BEIRUT DEVE RISVEGLIARE IL MONDO – DI GIANNI LATTANZIO

ZURIGO\ aise\ 
“Le devastanti esplosioni che hanno colpito Beirut il 4 agosto rappresentano una catastrofe per il Libano, ma anche uno schiaffo per la comunità internazionale: non si può continuare a dimenticare il Paese che è stato la Svizzera del Medio Oriente e che nel default finanziario rivela inquietanti mutamenti negli equilibri di potere regionali”. Questa la premessa del pezzo di Gianni Lattanzio pubblicato ieri su “Il Corriere dell’Italianità”, già “Corriere degli italiani”, storica testata di lingua italiana in Svizzera.
“Il Paese è in preda ad una gravissima crisi economica, frutto di politiche miopi e di corruzione al suo interno, ma anche di mutate congiunture internazionali in un contesto mediorientale che non è mai stato così militarizzato dai tempi dei conflitti mondiali. Si tratta di un territorio chiave,specchio delle contraddizioni arabe, riflesso della penetrazione europea nel Vicino Oriente e soprattutto cartina tornasole di contrasti che investono Oriente e Occidente. E tutto questo emerge nel libro Fortezza Libano, scritto dalla giornalista Fausta Speranza, pubblicato per i tipi di Infinito Edizioni.
Su un territorio così geopoliticamente strategico l’Italia è in prima linea. Per la seconda volta è il comando italiano a guidare la missione di pace dell’Onu in questo lembo del Levante. La prima volta, nel 1982, ha coinciso con la prima missione di peacekeeping dell’Italia all’estero, che avveniva in un territorio dilaniato dalla guerra civile. La Brigata Sassari ai primi di agosto ha assunto il comando del contingente italiano e del settore ovest di Unifil, l’interforze delle Nazioni Unite posizionato nel Libano del sud per garantire il rispetto della risoluzione 1701 emanata l’11 agosto 2006 da parte del Consiglio di Sicurezza. Ma c’è anche una sede a Beirut e infatti due militari italiani sono rimasti feriti nelle esplosioni. Di fatto, mille militari italiani saranno dislocati per sei mesi in Medio Oriente e monitoreranno, sotto l’ombrello dell’Onu, lo stop alle ostilità tra Israele e Libano, aiuteranno il governo libanese a garantire la sicurezza dei suoi confini, assisteranno la popolazione civile e sosterranno le forze armate libanesi nelle operazioni di sicurezza e stabilizzazione dell’area. A comandare l’operazione, denominata Leonte, è il generale Andrea Di Stasio, comandante della Brigata Sassari, a capo di 3.800 caschi blu di 16 nazionalità.
La missione dell’Onu non è mai stata interrotta anche se la guerra civile, scoppiata nel 1974, si è conclusa con gli accordi del 1989. Si tratta di un territorio delicatissimo in particolare nella zona meridionale confinante con Israele carica di tensioni. Ma negli ultimi dieci anni il conflitto in Siria ha messo a dura prova anche il nord, confinante con quella zona di territorio siriano dove ha spopolato il sedicente Stato islamico. Anche questa guerra ha contribuito a impoverire il Libano per il quale la Siria era il primo partner commerciale dell’area. In ogni caso, il carovita, che ha alimentato mesi di proteste da ottobre scorso, non basta a giustificare il tracollo finanziario che ha portato, a marzo scorso, il governo a dichiarare il default. Ci sono altre dinamiche, in quest’area del Vicino Oriente, a partire dal passo indietro dell’Arabia Saudita che mal sopporta che il partito sciita Hezbollah, legato all’Iran, stia al governo. Tutto questo e molto altro delle ingerenze straniere viene raccontato nel libro di Speranza, inviata dell’Osservatore Romano con diversi premi internazionali alle spalle per i suoi reportage da diverse parti del mondo.
C’è anche una significativa provocazione di carattere politico: Speranza intravede nel Libano un terreno fertile per quel processo verso l’acquisizione del concetto di cittadinanza nel mondo mediorientale auspicato di recente anche da alcune voci autorevoli dell’Islam. In Occidente è qualcosa di scontato, ma non lo è altrove dove non è codificato, ricorda l’autrice. Si tratta del riconoscimento formale e costituzionale di uguali diritti e doveri per cittadini di uno Stato nazione, al di là della confessione religiosa. Nell’Islam si è imposta per secoli una concezione non territoriale del diritto, piuttosto personale e dipendente dalla fede professata in cui non c’è stato spazio per l’idea di essere cittadini di pari diritti seppure di religioni diverse. Il termine Umma, che da sempre indentifica la comunità, ha un senso transnazionale e universale, infatti, e non territoriale. Il concetto di nazione, che in arabo non esisteva fino all’Ottocento, è stato sempre interpretato in termini etnici o religiosi. Ma di recente – come ben spiega il libro di Speranza – si è aperto il dibattito sulla necessità di acquisire il concetto di cittadinanza nel mondo mediorientale, per vivere insieme, da cittadini uguali, senza subordinazioni o primati, etnici o religiosi. Speranza ricostruisce nel volume le tappe recentissime di questo processo, che portano fino al Documento sulla Fratellanza umana firmato da Papa Francesco e dall’Imam di Al Azhar il 4 febbraio 2019, che parla di valori e di pace, ma – come giustamente mette in luce la giornalista – anche proprio della necessità del concetto di cittadinanza. In sostanza, non più precari e esplosivi equilibri tra maggioranze e minoranze più o meno rispettate o tollerate, ma la svolta di avere cittadini portatori di diritti e di doveri.
E Speranza chiede, dunque, maggiore attenzione da parte della comunità internazionale per il precario equilibrio in Libano, fondato sulla particolarissima governance religiosa tra cristiani e musulmani, nonché tra sunniti e sciiti. Riconosce i limiti di questo sistema definito confessionalismo, ma giustamente chiede che non ci si arrenda al fallimento di un sistema che rappresenta in nuce proprio un primo baluardo del diritto di cittadinanza in terra mediorientale. Il libro di Speranza avverte sull’urgenza di far sì che in Libano si vada avanti rispetto a quel sistema e non indietro, come purtroppo si rischia fortemente nella grave instabilità economico sociale che si vive attualmente.
Il Paese dei cedri viene raccontato anche nel suo spessore culturale, che va dagli influssi di fenici, bizantini, arabi fino alla modernità, con tantissimi riferimenti letterari e con una lettera inedita di Guttuso al suo amico pittore libanese Fedhan Omar. Nel volume c’è anche la ricostruzione della continuità archeologica che dal Libano porta in Siria, una traccia che l’autrice indica come un ideale percorso di pace da riscoprire.
In definitiva, il volume Fortezza Libano che già dal titolo suggerisce la straordinaria resistenza di questo piccolo lembo del Levante a venti di odio identitario in una delle aree più calde del mondo, offre una testimonianza stimolante di come nella cultura e nell’arte ci sia sempre uno spazio di incontro e di dialogo e che non ci si debba arrendere al cosiddetto scontro di civiltà. Ed è proprio anche questo “l’ombrello” sotto il quale è importante pensare che stiano operando i nostri militari accanto alla popolazione civile”. (aise) 

AISE agenzia di stampa estera

 

Sul Corriere dell’Italianità di Zurigo l’urgenza espressa da Fortezza Libano

La tragedia di Beirut deve risvegliare il mondo

Il Paese dei cedri è raccontato nelle sue urgenze e nelle sue potenzialità nel volume Fortezza Libano

di Gianni Lattanzio

Le devastanti esplosioni che hanno colpito Beirut il 4 agosto rappresentano una catastrofe per il Libano, ma anche uno schiaffo per la comunità internazionale: non si può continuare a dimenticare il Paese che è stato la Svizzera del Medio Oriente e che nel default finanziario rivela inquietanti mutamenti negli equilibri di potere regionali.

Il Paese è in preda ad una gravissima crisi economica, frutto di politiche miopi e di corruzione al suo interno, ma anche di mutate congiunture internazionali in un contesto mediorientale che non è mai stato così militarizzato dai tempi dei conflitti mondiali. Si tratta di un territorio chiave,specchio delle contraddizioni arabe, riflesso della penetrazione europea nel Vicino Oriente e soprattutto cartina tornasole di contrasti che investono Oriente e Occidente. E tutto questo emerge nel libro Fortezza Libano, scritto dalla giornalista Fausta Speranza, pubblicato per i tipi di Infinito Edizioni. 

Su un territorio così geopoliticamente strategico l’Italia è in prima linea. Per la seconda volta è il comando italiano a guidare la missione di pace dell’Onu in questo lembo del Levante. La prima volta, nel 1982, ha coinciso con la prima missione di peacekeeping dell’Italia all’estero, che avveniva in un territorio dilaniato dalla guerra civile. La Brigata Sassari ai primi di agosto ha assunto il comando del contingente italiano e del settore ovest di Unifil, l’interforze delle Nazioni Unite posizionato nel Libano del sud per garantire il rispetto della risoluzione 1701 emanata l’11 agosto 2006 da parte del Consiglio di Sicurezza. Ma c’è anche una sede a Beirut e infatti due militari italiani sono rimasti feriti nelle esplosioni. Di fatto, mille militari italiani saranno dislocati per sei mesi in Medio Oriente e monitoreranno, sotto l’ombrello dell’Onu, lo stop alle ostilità tra Israele e Libano, aiuteranno il governo libanese a garantire la sicurezza dei suoi confini, assisteranno la popolazione civile e sosterranno le forze armate libanesi nelle operazioni di sicurezza e stabilizzazione dell’area. A comandare l’operazione, denominata Leonte, è il generale Andrea Di Stasio, comandante della Brigata Sassari, a capo di 3.800 caschi blu di 16 nazionalità. 

La missione dell’Onu non è mai stata interrotta anche se la guerra civile, scoppiata nel 1974, si è conclusa con gli accordi del 1989. Si tratta di un territorio delicatissimo in particolare nella zona meridionale confinante con Israele carica di tensioni. Ma negli ultimi dieci anni il conflitto in Siria ha messo a dura prova anche il nord, confinante con quella zona di territorio siriano dove ha spopolato il sedicente Stato islamico. Anche questa guerra ha contribuito a impoverire il Libano per il quale la Siria era il primo partner commerciale dell’area. In ogni caso, il carovita, che ha alimentato mesi di proteste da ottobre scorso, non basta a giustificare il tracollo finanziario che ha portato, a marzo scorso, il governo a dichiarare il default. Ci sono altre dinamiche, in quest’area del Vicino Oriente, a partire dal passo indietro dell’Arabia Saudita che mal sopporta che il partito sciita Hezbollah, legato all’Iran, stia al governo. Tutto questo e molto altro delle ingerenze straniere viene raccontato nel libro di Speranza, inviata dell’Osservatore Romano con diversi premi internazionali alle spalle per i suoi reportage da diverse parti del mondo. 

C’è anche una significativa provocazione di carattere politico: Speranza intravede nel Libano un terreno fertile per quel processo verso l’acquisizione del concetto di cittadinanza nel mondo mediorientale auspicato di recente anche da alcune voci autorevoli  dell’Islam. In Occidente è qualcosa di scontato, ma non lo è altrove dove non è codificato, ricorda l’autrice. Si tratta del riconoscimento formale e costituzionale di uguali diritti e doveri per cittadini di uno Stato nazione, al di là della confessione religiosa. Nell’Islam si è imposta per secoli una concezione non territoriale del diritto, piuttosto personale e dipendente dalla fede professata in cui non c’è stato spazio per l’idea di essere cittadini di pari diritti seppure di religioni diverse. Il termine Umma, che da sempre indentifica la comunità, ha un senso transnazionale e universale, infatti, e non territoriale. Il concetto di nazione, che in arabo non esisteva fino all’Ottocento, è stato sempre interpretato in termini etnici o religiosi. Ma di recente – come ben spiega il libro di Speranza – si è aperto il dibattito sulla necessità di acquisire il concetto di cittadinanza nel mondo mediorientale, per vivere insieme, da cittadini uguali, senza subordinazioni o primati, etnici o religiosi. Speranza ricostruisce nel volume le tappe recentissime di questo processo, che portano fino al Documento sulla Fratellanza umana firmato da Papa Francesco e dall’Imam di Al Azhar il 4 febbraio 2019, che parla di valori e di pace, ma – come giustamente mette in luce la giornalista – anche proprio della necessità del concetto di cittadinanza. In sostanza, non più precari e esplosivi equilibri tra maggioranze e minoranze più o meno rispettate o tollerate, ma la svolta di avere cittadini portatori di diritti e di doveri. 

E Speranza chiede, dunque, maggiore attenzione da parte della comunità internazionale per il precario equilibrio in Libano, fondato sulla particolarissima governance religiosa tra cristiani e musulmani, nonché tra sunniti e sciiti. Riconosce i limiti di questo sistema definito confessionalismo, ma giustamente chiede che non ci si arrenda al fallimento di un sistema che rappresenta in nuce proprio un primo baluardo del diritto di cittadinanza in terra mediorientale. Il libro di Speranza avverte sull’urgenza di far sì che in Libano si vada avanti rispetto a quel sistema e non indietro, come purtroppo si rischia fortemente nella grave instabilità economico sociale che si vive attualmente. 

Il Paese dei cedri viene raccontato anche nel suo spessore culturale, che va dagli influssi di fenici, bizantini, arabi fino alla modernità, con tantissimi riferimenti letterari e con una lettera inedita di Guttuso al suo amico pittore libanese Fedhan Omar. Nel volume c’è anche la ricostruzione della continuità archeologica che dal Libano porta in Siria, una traccia che l’autrice indica come un ideale percorso di pace da riscoprire. 

In definitiva, il volume Fortezza Libano, che già dal titolo suggerisce la straordinaria resistenza di questo piccolo lembo del Levante a venti di odio identitario in una delle aree più calde del mondo, offre una testimonianza stimolante di come nella cultura e nell’arte ci sia sempre uno spazio di incontro e di dialogo e che non ci si debba arrendere al cosiddetto scontro di civiltà. Ed è proprio anche questo “l’ombrello” sotto il quale è importante pensare che stiano operando i nostri militari accanto alla popolazione civile. 

dal Corriere dell’ Italianità

 

Di fronte alla tragedia a Beirut

la prima analisi per il sito di Infinito Edizioni:

05/08/2020. Le devastanti esplosioni in Libano, avvertite anche a Cipro, rappresentano una tragedia per il Paese e per il Medio Oriente mai così militarizzato dai conflitti mondiali, ma anche una sberla per la comunità internazionale: non si può continuare a ….

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Esplosione a Beirut, l’analisi di Fausta Speranza

 

Su L’Osservatore romano

Libano, fortezza del dialogo

La recensione di Elisa Pinna su L’Osservatore romano

Una nuova immagine del Paese dei cedri nel libro della giornalista Fausta Speranza

Nell’antica lingua siriaca, era il “cuore di Dio”. Da millenni snodo di incontri, di commerci, di scambi culturali tra civiltà diverse, oggi il Libano per molti aspetti è anche il cuore del Medio oriente. Nel biblico Paese dei cedri, una striscia di terra tra il mare e catene imponenti di montagne, stretta tra Israele e Siria, si rispecchiano infatti le tensioni, i drammi, le speranze, le occasioni mancate e la storia recente di un’intera regione che va dal Mediterraneo al Golfo Persico. Il libro Fortezza Libano, scritto da Fausta Speranza, giornalista inviata dei media vaticani, e pubblicato a luglio per i tipi di Infinito Edizioni, traccia con passione e ricchezza di dati politici, religiosi, culturali, storici — aggiornati fino all’attualità della bancarotta finanziaria e delle proteste di piazza — il quadro di un Paese dilaniato tra «tensioni interne e ingerenze esterne», come recita il sottotitolo di copertina. Il Libano è una democrazia araba, in una regione di sceicchi, teocrati, rais. Già questo lo rende un Paese pressoché unico nel panorama locale, ma anche uno spazio aperto dove le potenze regionali e globali — come osserva l’autrice — si prendono reciprocamente le misure e fanno le prove per regolamenti di conti futuri. È inoltre una Nazione in cui la matassa sociale è aggrovigliatissima, basti pensare che vi abitano 18 confessioni religiose: «Non c’è — scrive Fausta Speranza — un solo Occidente o una sola chiesa occidentale e non c’è soltanto un Oriente arabo o un solo mondo musulmano, né un solo modo di praticare l’Islam. Né una sola Chiesa orientale. Il Libano è un riflesso della formidabile diversità del mondo ma anche delle sue contraddizioni e dei suoi dolori». A complicare ancora di più le cose, vi è stato l’arrivo negli ultimi dieci anni di oltre un milione di rifugiati dalla Siria, che si sono aggiunti ai 300-400 mila palestinesi dei campi profughi del 1948, ed hanno sconvolto le dinamiche e i rapporti sociali in un Paese di quattro milioni e mezzo di cittadini libanesi. Per fare un paragone, sarebbe come se l’Italia avesse accolto — osserva Fausta Speranza — 20 milioni di rifugiati. A regolare i rapporti tra le diverse componenti vi è, dal 1943, un Patto nazionale che attribuisce ai cristiani la presidenza della Repubblica, ai musulmani sunniti l’incarico di primo ministro e, ai musulmani sciiti, la presidenza del Parlamento. Fino agli anni Settanta, il Libano era sinonimo di un Paese ricco, moderno, laico, modello di società plurireligiosa. In molti lo consideravano una Svizzera del Medio oriente, con il lungomare di Beirut affollato di bar, ristoranti, locali all’ultima moda. Lo scenario è mutato quando il Paese è stato risucchiato — spiega l’autrice — nell’orbita dei conflitti tra Israele, l’Olp di Yasser Arafat, la Siria, l’Arabia Saudita, l’Iran della post-rivoluzione khomeinista. Due invasioni israeliane: la prima nel 1982 (contro i palestinesi e i loro sostenitori libanesi), la seconda nel 2006 (contro gli sciiti di Hezbollah filoiraniani); nel mezzo, una guerra civile durata dal 1975 al 1990 innescata e pilotata soprattutto dalle vicine potenze regionali. Dal 2011 poi, il conflitto siriano è tracimato attraverso i porosi confini libanesi, non solo per la massa dei rifugiati in fuga ma anche — da un lato — per le incursioni dei miliziani del sedicente stato islamico (Is) nel Paese dei cedri e — dall’altro — per l’intervento diretto a fianco del presidente siriano Assad e dell’Iran da parte delle milizie sciite libanesi di Hezbollah. Spesso il Libano è percepito come un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro. In realtà, Fausta Speranza ne parla come di una fortezza che ha retto di fronte ad una sequenza ininterrotta di guerre, distruzioni, pressioni, attentati. «È sorprendente — scrive — come il Paese abbia tenuto testa all’egemonia siriana sui Paesi limitrofi, abbia resistito, psicologicamente oltre che militarmente al suo vicino Israele, liberando territori occupati, e poi come abbia respinto l’orrore del sedicente Stato islamico nel nord-est». In Libano inoltre, la convivenza di popolo tra cristiani e musulmani, nonostante i conflitti delle milizie e le tensioni istituzionali, non è mai venuta meno, come dimostra l’affluenza incessante di pellegrini non solo cattolici ma anche musulmani al santuario mariano di Nostra Signora del Libano ad Harissa. Il libro conduce il lettore in un viaggio pieno di riferimenti culturali, religiosi, storici, archeologici, persino culinari, oltre che ovviamente politici e sociali, mostrando anche gli aspetti meno conosciuti di quel piccolo-grande laboratorio a cielo aperto che il Libano rappresenta nel Medio oriente. Ad esempio ci svela il primo Giardino dei Giusti in terra libanese, uno spazio aperto per la preghiera individuale e la discussione collettiva in mezzo alla natura, creato nel villaggio di Kfarnabrakh nel 2019 dall’associazione Annas Linnas, guidata dal padre grecomelchita-basiliense Abdo Raad. Sull’esempio del museo ebraico dello Yad Vashem, anche qui vi è un’area che ricorda “i giusti dell’umanità”, nella quale è reso omaggio a donne e uomini di tutte le fedi che hanno scelto il bene, in situazioni molto diverse: dall’epoca della “pulizia etnica” degli armeni nell’Anatolia della prima guerra mondiale all’olocausto ebraico, dai massacri interetnici in Rwanda alle mamme di Plaza de Mayo in Argentina. L’autrice affronta anche l’ultima fase che si è aperta con le proteste scoppiate nel 2019: cristiani delle diverse denominazioni e musulmani sciiti e sunniti si sono ritrovati insieme in piazza contro il carovita e la corruzione, chiedendo il conto al governo per aver fatto sprofondare il Paese in una spirale di povertà, disoccupazione. Il premier Saad Hariri, erede di una famiglia di primi ministri sunniti tradizionalmente legati all’Arabia Saudita, è stato costretto alla dimissioni. Nel nuovo governo, presieduto — come previsto dal Patto nazionale — da un nuovo premier sunnita, Hassan Diab, sono entrati rappresentanti di Hezbollah. La pandemia di covid-19 ha poi rimescolato e complicato tutto. L’esecutivo ha dichiarato la bancarotta e sta rinegoziando il proprio debito con il Fondo monetario internazionale. La rivolta non si è fermata: ha caratteristiche nuove, a protestare ci sono soprattutto i giovani libanesi che — come si legge anche nell’introduzione del libro firmata da Pasquale Ferrara, ambasciatore italiano esperto dei Paesi del Mediterraneo — vogliono «prendere in mano il loro futuro».

su L’Osservatore romano 23 luglio 2020:

https://media.vaticannews.va/media/osservatoreromano/pdf/quo/2020/07/QUO_2020_166_2307.pdf

 

Sull’Avvenire, il Libano «laboratorio politico» di fratellanza

Avvenire 22 Luglio 2020

IL LIBRO

Il Libano un «laboratorio politico» di fratellanza

Il Libano, un Paese che resiste, e per questo la sua maggiore virtù è la resistenza. Le manifestazioni contro la corruzione e il carovita, esplose nell’autunno del 2019, «sono state una interessantissima espressione popolare, trasversale rispetto a qualunque confessionalismo o settarismo». E per questo “Fortezza Libano. Tra tensioni interne e ingerenze straniere” di Fausta Speranza (Infinito edizioni, euro 14) è una ricognizione storica e culturale del Libano, nella ricerca di una nuova possibilità di sviluppo.
«La maggiore virtù del suo popolo – scrive nella introduzione Pasquale Ferrara – è la resilienza ed è per questo che esso ha diritto a una nuova opportunità di sviluppo umano, di cittadinanza partecipativa, di inclusione sociale, soprattutto per i suoi giovani, scesi in piazza per prendere in mano il loro futuro». Una chance che, secondo Fausta Speranza, ora va cercata nel Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019 da papa Francesco e dal grande imam di alAzhar, al-Tayyeb: «Uno strumento nuovo e straordinario perché non è solo l’espressione di propositi di convivenza e di pace», afferma l’inviata de L’ Osservatore Romano. Nel Libano, «Cuore di Dio» in siriaco, da sempre esposto alle tensioni culturali e geopolitiche dell’intero Medio Oriente, in modo concreto questo documento apre «al concetto di cittadinanza, in linea con l’affermarsi di una comune identità nazionale che superi la logica di minoranze alla ricerca di protettori politici». Il Libano, laboratorio politico della fratellanza. ( L.Ger.) RIPRODUZIONE RISERVATA.

Fortezza Libano nella recensione di Paolo di Giannantonio

Il dramma e la magia del paese dei cedri nel libro di Fausta Speranza

di Paolo Di Giannantonio

 Notizie molto più che preoccupanti dal Libano: ormai siamo alla narrazione quotidiana del precipitare di una nazione intera negli abissi di una crisi finanziaria ed economica che è anche politica e sociale. E, sullo sfondo, si sentono i sordi scricchiolii anche di quel difficile equilibrio che ha permesso una straordinaria, anche se mai facile, convivenza a 18 confessioni religiose diverse. L’incubo di tutti e che si torni a regolare i conti con le armi, con si è spesso fatto negli anni passati.

Oggi la “Svizzera del Medio Oriente”, così come la si definiva negli anni d’oro, sembra chiamata a pagare, tutte e subito, le contraddizioni che ieri erano considerate elementi costitutivi di uno Stato unico nel suo genere, profondamente arabo e mediorientale, ma anche composto da pezzi d’Occidente di avanguardia. Le analisi, tutte pessimistiche, si rincorrono. Le previsioni per il futuro prossimo, sono tutte negative. Inflazione, banche in dissesto, manifestazioni di piazza, scarsità di alcuni generi di prima necessità, interruzione di servizi essenziali come la corrente elettrica per periodi sempre più lunghi. La tristezza, narrata con magistrale lucidità, da quell’intellettuale amaramente consapevole di Samir Kassir, è diventata angoscia, incertezza per il domani, voglia di fuga. E, dal passato recente, riemergono ferite mai chiuse, i ricordi di massacri e crudeltà impossibili da dimenticare. Da quello meno recente i dubbi su quella ingegneria post-coloniale che ha tratteggiato il Medio Oriente per quello che è ancora e che non dovrebbe essere più.
Il Libano soffre l’aggressività e l’ingerenza degli stati vicini, a cominciare da Israele, subisce i danni delle tragedie irakena e siriana, sente sulla pelle le tensioni tra Arabia Saudita ed Iran.
Ci sono stato più volte, a raccontare l’affermazione di Hezbollah, l’arroccamento e le divisioni interne dei cristiani, il mistero dei Drusi, in campi profughi senza speranza dei palestinesi, il malumore della popolazione sunnita. Ma anche la straordinaria vitalità di Beirut, le impareggiabili bellezze naturali ed archeologiche di Tiro, Sidone e della Beckaa. Il fermento culturale, la voglia dei libanesi di restare uniti, di sentirsi popolo. Ma subito dopo anche l’amarezza dei giovani, che non riescono a vedere un futuro.
TuttI questi spunti vengono puntualmente approfonditi e sviluppati dalla collega Fausta Speranza, nel suo bel libro, “Fortezza Libano”, che potrà essere strumento utilissimo per chi vorrà conoscere questo paese così complesso e pieno di sfumature.
Nella interessantissima prefazione, Massimo Campanini, autorità indiscussa della mediorientalistica italiana (consentitemi questo neologismo), ricorda che questo è stato un paese “costruito” dagli ingegneri geopolitici francesi nel dopoguerra e che paga e pagherà sempre questa stortura. Ne sottolinea, anche, la ricchissima tradizione culturale, che Fausta Speranza ben racconta e illustra nella seconda parte del volume. È paese da apprezzare E studiare nella letteratura, nelle arti, nella musica ed anche, molto, nella cucina.
E se la politica sembra confusa e miope, incapace di trovare vie di uscita alla grande crisi che attanaglia non solo il Libano ma la regione intera, molto attiva è la diplomazia di Papa Bergoglio, che con le parole d’ordine dialogo, fratellanza e pace non si risparmia. Fausta Speranza tutto questo lo illustra, dando, a questo momento pieno di incertezze, un motivo di speranza. Ecco: da cronista disincantato spero proprio che abbia ragione lei…

https://www.meridianoitalia.tv/index.php/cultura1/libri-film/199-fortezza-libano-il-dramma-e-la-magia-del-paese-dei-cedri-nel-libro-di-fausta-speranza

“Fortezza Libano” racconta le sfide di un Paese che ‘resiste’

“Fortezza Libano” è l’espressione che la giornalista di Vatican News Fausta Speranza ha scelto per descrivere la realtà di un Paese che rappresenta un unicum nel contesto mediorientale e può essere un laboratorio fecondo per tutta la Regione

Debora Donnini – Città del Vaticano

“Il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano”. La citazione del Cantico dei Cantici che dà il “la” al libro “Fortezza Libano”, uscito per Infinito Edizioni, testimonia già da queste prime parole la centralità di questo territorio che porta le orme e il fascino di storia e civiltà, tra cui quella cristiana. I viaggi che la collega Fausta Speranza vi ha compiuto sono stati in qualche modo tradotti in queste pagine nelle quali si fotografa la situazione di un Paese che fino agli anni Settanta era il più ricco e moderno del Vicino Oriente mentre oggi è attraversato da tensioni interne, ingerenze straniere e manifestazioni di piazza contro il carovita e la corruzione. “Quello che io ho potuto constatare – dice Fausta Speranza nell’intervista –   è che il Libano è un Paese che dopo la guerra civile tra il 1975 al 1990, vive una situazione particolare”. In definitiva, si tratta di “un Paese che resiste”. “A 20 chilometri da Balbeek, dove c’è il bellissimo sito archeologico – racconta – si trova il confine con la Siria, un Paese in guerra da circa 10 anni. Da questo si capisce che il Libano ha resistito, ad esempio, all’ingerenza del sedicente Stato islamico. Non solo,  sono arrivati un milione e mezzo di profughi – in una certa fase perfino due milioni – e questo piccolissimo Paese di circa 4 milioni e mezzo di abitanti li ha accolti. Tuttora vi si trovano un milione e mezzo di profughi siriani e il Libano resiste alla tentazione del rifiuto”. Un piccolo territorio, il Paese dei cedri, “un crocevia fondamentale negli equilibri del contesto regionale, che ha resistito da dopo la guerra civile finora anche al fenomeno che  l’intellettuale statunitense Huntington ha definito ‘scontro di civiltà’”.

Le sfide

Ma Speranza vuole raccontare anche le sfide, a partire da quelle sul piano economico e sociale, con cronaca e approfondimenti sulle tensioni interne e sulle ingerenze straniere, come recita il sottotitolo del libro. E descrive la peculiarità di un Paese dove la rappresentanza politica riflette, in qualche modo, quella delle differenti religioni che lo abitano. Vi sono  cristiani, sunniti, sciiti, alcune minoranze, e la Costituzione prevede una forma di governance definita confessionalismo, con le tre principali cariche attribuite a cristiani maroniti, sunniti, sciiti. Un Paese che l’autrice definisce “un possibile laboratorio privilegiato del Documento di Abu Dhabi firmato il 4 febbraio del 2019 da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb”. E  questo perché – spiega – “si tratta di un documento importante per l’affermazione della promozione del dialogo tra credenti in termini di incontro nello spazio dei valori etici e spirituali,  per la  presa di posizione importante contro qualunque strumentalizzazione delle religioni nel senso della violenza, ma anche perché si tratta di un documento in cui si parla del concetto di cittadinanza”. Speranza sottolinea che dobbiamo considerarlo un pronunciamento  molto importante e afferma: “Cittadinanza significa riconoscere l’uguaglianza dei diritti e doveri su un fondamento di giustizia, e il Libano, dove l’equilibrio tra la presenza cristiana e quella musulmana è particolare anche se tra diverse sfide, può essere indicato anche come un laboratorio per il processo di acquisizione del concetto di cittadinanza nel mondo mediorientale”.

Il riferimento al magistero dei Papi

A proposito dei risvolti del magistero dei Papi nel libro, l’autrice cita, oltre a Papa Francesco, in particolare due riferimenti: nel 2010  il Sinodo sul Medio Oriente voluto da Benedetto XVI; e, facendo  un passo indietro, nel 1997 la visita di Giovanni Paolo II  in Libano per la pubblicazione dell’Esortazione post-sinodale del Sinodo speciale dedicato proprio al Libano. In quell’occasione il Papa oggi Santo ha parlato così della terra dei cedri: “Il Libano è qualcosa di più di un Paese: è un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l’Oriente come per l’Occidente”.

La testimonianza di scrittori e poeti

Il libro di Fausta Speranza va anche a ritroso nella storia di questo Paese dai mille volti, dalle impronte fenice ai numerosi richiami nella Bibbia, e rintraccia, nell’oggi quegli scrittori e poeti testimoni di quella bellezza e profondità della cultura libanese come Amin Maalouf, “un romanziere particolarissimo – dice Speranza – un intellettuale simbolo, un interprete particolarissimo di tutte le sfide culturali che coinvolgono l’Oriente come l’Occidente. “Mi ha affascinato molto e c’è questa frase che mi è rimasta dentro: Sogno un mondo in cui l’agnello e il lupo si abbeverano allo stesso ruscello”. Dipinge così quell’afflato di dialogo e di scambio che da sempre nutre la variegata eredità libanese.

da Vatican NEWS del 14 luglio 2020