Tra mare e hotspot

Intervista con l’inviato speciale del Consiglio d’Europa per le migrazioni   di Fausta Speranza

Oltre 4000 migranti sono stati tratti in salvo oggi nel Mediterraneo in diverse operazioni di soccorso. Insieme con loro le forze impegnate in mare hanno però recuperato anche le salme di 18 persone. Tragedie senza consolazione che si ripetono ogni giorno ridimensionando i pur significativi successi della macchina dei soccorsi: solo la settimana scorsa sono state intercettate e assistite al largo delle coste libiche 8100 persone, ma sono stati anche ritrovati 26 corpi senza vita.

Molti i porti italiani mobilitati nell’accoglienza. La nave Siem Pilot, con 1117 migranti, ma anche con i corpi di 17 persone che non ce l’hanno fatta, è giunta a Palermo. Il mercantile Tanker Okyroe è atteso ad Augusta, con 758 persone; la nave Dignity i, con 552 persone e una salma è in arrivo a Trapani; la nave Werra con 857 migranti ha scelto Messina; la nave Corsi con 358 migranti viene accolta a Crotone; la nave Beckett con 650 migranti a Pozzallo. La nave Aquarius giungerà, invece, non prima di domani a Taranto con 520 migranti.

Nel canale di Sicilia, in attesa di altri salvataggi, restano la nave Dattilo che ha già a bordo 434 migranti, la nave Iuventa con 278 migranti a bordo, la nave Rio Segura con 117 persone raccolte davanti alle coste libiche.

Un lungo e articolato elenco giornaliero di persone in arrivo che vengono ospitate nei cosiddetti hotspot. Concepiti per un’accoglienza di 24/48 ore questi centri diventano invece ricoveri per settimane o più spesso per mesi. Tomáš Boček, segretario generale del Consiglio d’Europa, appena tornato da una delle sue missioni in tutte le zone più calde dell’emergenza migrazioni ribadisce all’«Osservatore Romano» la gravità della situazione e la mancanza di un intervento efficace della comunità internazionale.

In particolare, Boček ha visitato nei giorni scorsi gli hotspot in Italia. L’inviato speciale dell’organismo europeo che si occupa di diritti umani, sottolinea che «quello che turba di più è la presenza sempre crescente di minori non accompagnati che non dovrebbero essere detenuti».

Sull’emergenza generale Boček è chiaro: «Non è un problema solo italiano o greco, questo è un problema europeo». E lo fa ricordando che di rotta balcanica non si parla abbastanza: «Tante frontiere sono state chiuse e il flusso risulta interrotto, e potrebbe risultare positivo — spiega — ma troppe persone sono rimaste incastrate in paesi che non sono pronti a fare i conti con i profughi». Ribadendo che «Roma e Atene non possono essere lasciate sole dagli altri partner dell’Unione», Boček precisa che, «al di là della prospettiva europea, si tratta di un problema della comunità internazionale e tutti aspettiamo l’attuazione delle dichiarazioni del summit che si è svolto a settembre a New York».

E che sia possibile percorrere strade alternative per soccorrere in sicurezze e legalmente chi fugge dalla guerra e dalla fame lo dimostra quanto accaduto oggi all’aeroporto di Fiumicino. Nello scalo romano sono giunti infatti 75 profughi siriani, provenienti da Beirut. Il loro viaggio è stato reso possibile grazie ai corridoi umanitari avviati a febbraio scorso, con il sostegno del governo italiano, dalla comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e la Tavola valdese. Un altro gruppo, composto da 53 persone, giungerà domani facendo così salire a 400 il numero di migranti, per lo più siriani, arrivati in Italia usufruendo dei corridoi umanitari.

Osservatore Romano, 25 Ottobre 2016