Un armonico amore per la liturgia

15 marzo 2023

Un uomo mite con una preparazione fuori dal comune e che aveva nella gentilezza il suo tratto distintivo. Così in tanti ricordano Benno Scharf, musicologo scomparso il 9 marzo scorso all’età di 87 anni.

Nato a Milano da una famiglia austro-tedesca, si era formato al Pontificio Istituto di Musica Sacra. Per la dedizione e la cultura espresse in tanti corsi tenuti a vari livelli, lo ricorda il maestro di Cappella della cattedrale di Como, don Nicholas Negrini. Il maestro Lorenzo Pestuggia dell’Archivio musicale della stessa diocesi ha affermato che ora «potrà conoscere tanti di coloro che ha studiato durante la sua lunga e laboriosa attività musicologica e tutti insieme canteranno cum angelica turba coelorum».

In particolare, «L’Osservatore Romano» ricorda la trentennale collaborazione: circa 200 articoli di Scharf sono stati raccolti nel volume La canzone religiosa europea dal IV al XIX secolo (Libreria Editrice Vaticana, 2019, a cura di Roberta Aglio e Marco Ruggeri). Altri hanno fatto seguito fino all’ultimo del 27 febbraio 2023. Presenta un vasto repertorio: dal canto ambrosiano sino al primo Novecento, passando attraverso la lauda medievale, i canti di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Silvio Pellico e don Bosco, con una panoramica sulle importanti tradizioni della Spagna, della Francia, della Germania, dell’Inghilterra e dei Paesi scandinavi. Un’occasione per ripercorrere la storia della lingua liturgica che — come sottolineava Scharf — fino al Concilio vaticano II era il latino. Tra le altre pubblicazioni accademiche citiamo Le origini della monodia religiosa nell’Europa Occidentale e Storia della canzone religiosa italiana in Analecta Musicologica 2003.

Nell’impegno di Schaf, c’è stato anche quello di traduttore di opere letterarie tedesche. Ha insegnato Filologia germanica e Letteratura tedesca all’Università Iulm Milano e alla Ca’ Foscari, nella sede di Treviso. Sylvia Fuehrlinger, già preside della Scuola superiore d’interpreti e traduttori Carlo Bo, parla di «un docente di grande cultura, gentile e generoso, dedito alla liturgia che allietava ogni giorno con il suono dell’organo», precisando che Benno Scharf lo ha fatto fino a una settimana prima di ritornare a Dio. (fausta speranza)

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-03/quo-062/un-armonico-amore-per-la-liturgia.html

Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale

11 marzo 2023
di FAUSTA SPERANZA

Disordine mondiale e imperi high tech, delocalizzazione e conflitti di potenza, populismi e digital divide, secolarizzazione radicale e nuovi nazionalismi. Se si vuole parlare degli anni Venti di questo XXI secolo sono tantissimi gli ambiti da attraversare, molti i presupposti da rivedere, diverse le illusioni da superare. Il primo passo è recuperare i pezzi della storia a partire dalla caduta del Muro di Berlino, per poi comprendere che, al di là della narrazione della globalizzazione o di quella dello scontro di civiltà, l’Occidente è ridimensionato. È il salto concettuale che si fa leggendo Storia del mondo post-occidentale. Cosa resta dell’era globale? (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2023, pagine 184, euro 16) di Eugenio Capozzi, che ha il pregio dello sguardo più oggettivo possibile, difficile da conseguire per fatti così ravvicinati nel tempo.

Mettere a fuoco bluff imperdonabili, come quello della cosiddetta «economia del credito illimitato», o radicalizzazioni come le involuzioni del «politicamente corretto», non significa deprezzare l’Occidente: piuttosto, le analisi di Capozzi suonano come un monito, affinché questo pezzo di mondo dia un contributo agli equilibri globali degno dello spessore storico e culturale che gli appartiene.

In ogni caso, la disamina nel volume è completa: si va dalla parabola fatta dalla Russia dal fatidico 1989 fino all’era di Putin, in parallelo con la stessa tendenza al «raccorpamento dei poteri nazionali» in altre aree del mondo. Si va dall’illusione statunitense di fare della Guerra nel Golfo il laboratorio di quella che doveva essere la super potenza unica del mondo fino alla «America first» di Trump e la nuova esasperazione della questione razziale. Dalle accelerazioni dell’interdipendenza e dell’interconnessione tra le varie aree del pianeta a livello economico, culturale, politico e della comunicazione — definita globalizzazione e pensata come destinata a sfociare in una sempre maggiore integrazione — fino ai molti e svariati conflitti emersi da allora; le crisi economiche e politiche; le tensioni nei rapporti di potenza. Si passa attraverso la pandemia e si arriva alla moltiplicazione di macro aree di accordi commerciali, che si delineano come arcipelaghi in un oceano di de-globalizzazione.

Per tutti questi snodi o fenomeni storici è prezioso il punto di vista di Capozzi che illustra, ad esempio, come i processi di globalizzazione abbiano convissuto con la tenace persistenza di contrapposizioni culturali, etniche, politico-militari, economiche. Per poi mettere in luce come — contrariamente a quanto le classi dirigenti, il mondo politico e gli intellettuali occidentali hanno spesso pensato — il fenomeno non ha coinciso con una crescente occidentalizzazione del mondo, cioè con l’imporsi a livello planetario di un modello di società — cultura di massa, democrazia liberale, diritti umani — ereditato dai processi europei di modernizzazione. Anzi, il fenomeno più macroscopico che ha accompagnato la globalizzazione è stato l’emergere di potenze economiche e politiche alternative all’Occidente, a partire dal continente asiatico, con il corrispondente ridimensionamento occidentale. Capozzi lo declina in tutti i suoi aspetti, anche quelli di solito meno citati: in termini di Prodotto interno lordo sul piano mondiale, di incidenza sulle crisi internazionali, ma prima ancora in termini demografici. Ricorda il progressivo diradarsi delle nascite, «dovuto a motivi culturali per l’affermazione di un’etica edonista e soggettivista», e un invecchiamento delle società che rende sempre più difficile la crescita e una sua proiezione verso l’esterno.

Un ridimensionamento che — sostiene Capozzi — è stato innanzitutto culturale. Il processo di occidentalizzazione del mondo, che avrebbe dovuto ipoteticamente imperniarsi su un passaggio dal bipolarismo Usa/Urss a un unipolarismo statunitense, si è scontrato ben presto con la realtà che, nei primi anni Novanta del secolo scorso, Samuel P. Huntington aveva individuato, inascoltato dai più: una realtà che si articola nella pluralità e nel pluralismo delle civiltà, con la relativa conflittualità che né la superiorità tecnologica, né il mercato, né il fascino della società dei consumi avrebbero potuto scalzare.

Al contrario, l’apparente dilagare del modello delle società di massa occidentali — che nel frattempo hanno esasperato l’individualismo e radicalizzato la secolarizzazione grazie anche all’amplificazione digitale di internet e social media — ha suscitato, o accompagnato, nelle civiltà non occidentali «reazioni difensive identitarie vigorose», talvolta violente. Si è aggiunto il successo economico di Paesi non occidentali nella competizione globale e si è arrivati — spiega Capozzi — al rafforzamento di poli alternativi, «per nulla disposti ad adeguarsi alle prescrizioni” dell’internazionalismo occidente-centrico».

Il resto è storia sotto gli occhi di tutti: la competizione globale ha innescato processi conflittuali profondi all’interno delle stesse società occidentali, in cui le classi medie e operaie sono state falcidiate dalla concorrenza asiatica e dagli imperi digitali.

Doveroso sottolineare che in un humus culturale povero di idealità, si è andata producendo una divisione di classe preoccupante tra élite internazionalizzate e popolo sfiduciato, spaventato dal futuro, rancoroso. Efficace è la sintesi dello storico che parla di «ridefinizione della dialettica politica delle democrazie in contrapposizione tra globalismo e sovranismo/populismo». Ed è importante la denuncia della tendenza al «progressivo commissariamento della democrazia da parte di regimi tecnocratici e dirigisti, con pretese eticizzanti», fondati su un controllo e una sorveglianza sempre più capillare di comportamenti e consumi privati, reso possibile da tecnologie fortemente invasive.

Intanto, i cambiamenti climatici chiedono il conto di uno sviluppo incurante dell’impatto sull’ambiente. Ma è scoppiato il dramma dell’invasione russa dell’Ucraina e si parla ormai più di possibile scontro nucleare che di transizione ecologica. Rischia di comporsi in modo drammatico il puzzle della terza guerra mondiale che papa Francesco, con la forza della verità, già da tempo denuncia osservandola «a pezzi nel mondo».

L’Osservatore Romano 11 Marzo 2023

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-03/quo-058/qualcosa-di-nuovo.html

Antidoto alla schiavitù

08 marzo 2023

Abramo, Giuseppe, Mosè, il faraone, sono personaggi che ci richiamano subito alla mente la profondità di sapienti interpretazioni delle narrazioni bibliche. È meno immediato pensare all’odierno concetto di leader o alle complicazioni di rapporti familiari alla luce degli studi di psicologia. Eppure il terreno di una lettura attualizzante è proprio quello in cui ci conduce con discrezione il libro di Waris Umer intitolato Attenti ai “sognatori” (Roma, Città Nuova, 2022, pagine 287, euro 10).

Il volume ripropone vicende e figure della Genesi che da secoli illuminano percorsi umani e processi interiori. Nei libri sacri schiavitù e libertà sono declinati in un modo che ne rende universale il valore. Nel testo di Umer lo stesso identico valore assume sfumature nuove perché raccontato con il linguaggio di oggi, attraverso immaginari dialoghi di madri, di sorelle, di figli, di fratelli, che si ritrovano al centro di gesti di crudeltà e atti di generosità. Si tratta della “novità” rappresentata da ogni personale esperienza. In quella dell’autore c’è l’origine pachistana, il viaggio in Italia, il dottorato di ricerca all’Università Gregoriana. In ogni caso, è l’esperienza di chi dall’esempio di fede della madre di Mosè, che affida il piccolo alle acque del Nilo in un cesto confidando nell’aiuto di Dio, ha tratto un convincente messaggio di speranza per la propria vita e immagina e ripropone il mondo interiore di Mosè: «Si sentiva piuttosto debole ma la volontà era pronta ad affrontare qualsiasi difficoltà».

di FAUSTA SPERANZA

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-03/quo-056/antidoto-alla-schiavitu.html

Formarsi insieme per evangelizzare: Atenei a confronto

Formarsi insieme per evangelizzare: è l’obiettivo delle comunità accademiche delle 22 università e istituzioni pontificie presenti a Roma. Si tratta di circa 16.000 studenti provenienti da 120 Paesi dei cinque continenti. Sono stati in udienza per la prima volta tutti insieme dal Papa, sabato 25 febbraio dopo aver redatto un unico rapporto che fotografa nei dati le 22 realtà. E’ stato voluto dalla Conferenza dei Rettori delle Università e Istituzioni Pontificie Romane (Cruipro) ed è stato presentato il 23 febbraio nella Sala Marconi del Dicastero per la comunicazione.
Ha moderato l’incontro Fausta Speranza

Riportare il sapere alle necessità umane

di FAUSTA SPERANZA

Formarsi insieme per evangelizzare: è l’obiettivo delle comunità accademiche delle 22 università e istituzioni pontificie presenti a Roma — circa 16.000 studenti provenienti da 120 Paesi dei cinque continenti — ed è lo spirito con cui si apprestano a vivere la gioia di una prima udienza tutti insieme dal Papa, sabato 25 febbraio. Ad accompagnarli ci sarà il prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione il cardinale José Tolentino de Mendonça. Per l’occasione è stato redatto per la prima volta un unico rapporto che fotografa nei dati le 22 realtà: è stato voluto dalla Conferenza dei Rettori delle Università e Istituzioni Pontificie Romane (Cruipro) ed è stato presentato il 23 febbraio nella Sala Marconi del Dicastero per la comunicazione.

Il presidente della Cruipro, reverendo Luis Navarro (Pontificia Università della Santa Croce) ha tracciato l’orizzonte della sfida intrapresa: una collaborazione sempre nuova tra le varie comunità accademiche, perché sia «unità nella diversità, in un mondo che fa sempre più emergere la necessità di una ricerca condivisa e convergente tra specialisti di diverse discipline». Il presidente della conferenza dei rettori ha ricordato il compito indicato dal Papa nella Veritatis Gaudium di «elaborare strumenti intellettuali in grado di proporsi come paradigmi di azione e di pensiero, utili all’annuncio in un mondo contrassegnato dal pluralismo etico-religioso». In questo contesto, il Rapporto è stato realizzato con il contributo dei referenti per la comunicazione delle distinte università e istituzioni e nasce — ha sottolineato il rettore Navarro — anche come ulteriore occasione per valorizzare il potenziale che la rete tra le diverse comunità accademiche rappresenta per l’evangelizzazione della cultura.

È stata la preside della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium, suor Piera Silvia Ruffinatto, vicepresidente Cruipro, a parlare delle iniziative concrete messe in atto di recente in termini, per esempio di mobilità accademica tra atenei, che significa riconoscimento di crediti o eventuali passaggi senza costosi oneri. Il reverendo Alfonso V. Amarante (Pontificio Istituto Alfonsianum) segretario generale della Cruipro, ha suggerito quale mondo rappresentino insieme le comunità accademiche precisando che si tratta di sette università, due atenei, nove istituti, e che contano l’8 per cento di tutti gli universitari a Roma. A questo proposito il reverendo Navarro ha fatto riferimento al quadro giuridico-normativo che serve per capire la differenza, ad esempio, tra il compito di occuparsi di scienze sacre proprio delle università ecclesiastiche o l’impostazione cattolica di alcune facoltà. Ad assicurare le lezioni sono 2056 tra docenti e ricercatori e nell’anno accademico 2021-2022 sono stati 3086 i gradi accademici conseguiti. Se poi si guarda a istituti affiliati nelle attività a Roma, si ritrovano 221 atenei o facoltà: in un collegamento culturale che spazia da Gerusalemme alla Repubblica Dominicana, dall’India all’Oregon, dalla Romania al Brasile. E c’è da dire che il rapporto tra gli studenti e i professori è di 6 a 1, rispetto alla media di 16 a 1 che si registra negli altri atenei della capitale, statali o non statali. La ricchezza di una cooperazione tra le comunità si comprende anche ricordando che fanno riferimento a ben quindici istituzioni della Chiesa affidatarie, dalla Prelatura della Santa Croce e Opus Dei all’Ordine dei Carmelitani Scalzi, dalla Congregazione del Santissimo Redentore alla Società dei Missionari d’Africa, etc. Una ricchezza che — ha ricordato il professor Amarante — deve essere sempre pensata anche in termini di relazione «interna» alle varie realtà legate alla missione della Chiesa ma anche «esterna», proiettata alla creazione di quelli che il reverendo ha definito «essenziali campi di dialogo» con mondi accademici statali.

A far emergere proprio il punto di vista degli iscritti è stata Rafaella Figueredo, rappresentante degli studenti Cruipro, che ha sottolineato l’entusiasmo dei giovani chiamati a curare l’animazione nell’Aula Paolo VI , con il supporto armonico tra l’altro degli studenti del Pontificio Istituto di Musica Sacra, prima del saluto del Papa.

Alla base di tutto c’è «il rilancio degli studi ecclesiastici nel contesto della nuova tappa della missione della Chiesa», come si legge nel proemio della Costituzione Apostolica Veritatis Gaudium promulgata da Papa Francesco l’8 dicembre 2017 e resa pubblica il 29 gennaio 2018.

L’edificio del sapere è da sempre la grande scommessa dell’umanità, tra accumulo diacronico di conoscenze e frantumo di certezze consolidate. Se un tempo si ragionava sull’insondabile oceano di Newton o sulle illusioni della linearità positivista, oggi si deve dibattere sulla scienza dei dati e la cosiddetta intelligenza artificiale. La sfida etica è sostanzialmente la stessa: reagire alla tendenza a far regredire la scelta dell’uomo al livello dell’uso delle conoscenze, che oggi significa tecnologie. Ma — come ha sottolineato suor Piera — bisogna essere in grado di conoscere e attraversare le sfide della digitalizzazione anche grazie alla conoscenza di discipline sempre nuove.

È il motivo per cui, nonostante le diversità di carismi e di talenti, nonostante i cambiamenti e le variazioni di programmi e di approcci legati ai tempi, un presupposto lega indissolubilmente tutti i «laboratori del sapere» pontifici: non attribuire al sapere un carattere disincarnato, ma riportarlo alle necessità umane. Per chi è impegnato in un’università pontificia — è quanto chiaramente emerso — all’inizio della ricerca c’è l’uomo e all’orizzonte delle finalità c’è il desiderio di capire il mondo per trasformarlo, per renderlo un posto migliore da abitare.

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-02/quo-045/riportare-il-sapere-alle-necessita-umane.html

Convinto fautore di un’Europa della cultura

Osservatore romano 18 febbraio 2023

di Fausta Speranza

Un grande talento, protagonista del panorama culturale italiano ed europeo. Anzitutto la città di Roma rende omaggio a Maurizio Scaparro, scomparso venerdì 17 all’età di 90 anni, ospitando al Teatro Argentina — ha diretto il Teatro di Roma dal 1983 al 1990 — la sua camera ardente, aperta al pubblico nella mattina di domenica 19.

Critico e docente, oltre che uomo di teatro, cinema e tv, Scaparro è stato un professionista in grado di rinnovare profondamente la scena teatrale e un organizzatore creativo di grandi festival e di eventi.

Con il suo stile sobrio e sostenuto da un solido realismo, ha mirato a creare un repertorio “nazional popolare”, valorizzando testi meno conosciuti di autori classici e novità contemporanee, e adattando per la scena romanzi del Novecento, con oltre 60 spettacoli allestiti, conquistando per due volte il Premio Flaiano: nel 2000 alla carriera e nel 2004 il Premio speciale.

Inoltre, ha dato vita, con Giorgio Strehler, al Théâtre de l’Europe, un laboratorio di idee e di arte per «costruire — come diceva — un’Europa della cultura». Un regista internazionale sempre in viaggio fra Italia, Francia, Spagna, Stati Uniti, riconosciuto come un significativo esponente del mondo della cultura europea.

Nato a Roma, ha iniziato l’attività di critico teatrale per giornali come l’Avanti!, nel 1961 è diventato direttore responsabile della rivista Teatro Nuovo. Ha fatto parte di quel gruppo, di cui è stato capostipite Strehler col Piccolo dei Milano, che, nel dopoguerra, ha fatto nascere il teatro pubblico e la moderna regia in Italia.

Negli anni Scaparro ha assunto l’incarico di direttore artistico, tra gli altri, del Teatro Stabile di Bologna, del Teatro Stabile di Bolzano, del Teatro di Roma, del Teatro Eliseo di Roma, del Théâtre des Italiens di Parigi, del Teatro della Pergola di Firenze.

Come regista teatrale ha debuttato nel 1965 al Festival dei Due Mondi di Spoleto con La Venexiana, commedia di autore anonimo. Ha adattato per la scena molti romanzi del Novecento, tra cui Il fu Mattia Pascal e Il giovane Faust. Si è cimentato nella regia cinematografica, dirigendo nel 1983 un proverbiale adattamento di Don Chisciotte.

Particolarissimo il rapporto con Venezia: Scaparro è stato direttore della Biennale Teatro dal 1979 al 1982 e dal 2006 al 2009. Il suo nome per la città lagunare significa la nascita del Carnevale moderno, quello abbozzato in un primo momento alla fine degli anni ‘70 e, poi, organizzato con un vero e proprio programma di eventi teatrali curati dalla Biennale dal 1980. La firma di Scaparro è associata alle particolari edizioni del 1980, 1981, 1982 e a quelle del 2005, in cui ha ideato il progetto della maratona teatrale negli ultimi «tre giorni e tre notti» dei giorni di Carnevale, e del 2006 quando ha curato la programmazione teatrale che aveva come titolo Il drago e il Leone.

Conoscenza appassionata, interazione di culture diverse, mescolanza di vari linguaggi espressivi, utopia: tanto si ritrova nella maestria di Scaparro. Il lungo sodalizio artistico con l’attore Pino Micol ha segnato l’affermarsi nell’immaginario comune di altri personaggi come Cyrano di Bergerac, Caligola di Albert Camus, la brechtiana Vita di Galileo, Enrico IV , Don Giovanni. Fino ad arrivare alle riflessioni private e politiche delle Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar. Tra gli ultimi spettacoli, Scaparro ha direttoAspettando Godot, ripreso fino al 2019.

Di Maurizio Scaparro l’attore e regista teatrale Giorgio Albertazzi ha detto: «Scaparro è quello che si chiama un uomo di teatro e il teatro ha bisogno di persone come lui. Ce ne fossero un paio di Scaparro sarebbe meglio, una decina in Europa sarebbe un gran colpo, il teatro farebbe un balzo in avanti!».

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-02/quo-041/convinto-fautore-di-un-europa-della-cultura.html

Un laboratorio di visioni nuove al servizio dell’uomo

Osservatore romano 15 febbraio 2023

Una continuità ogni anno rinnovata da oltre 60 anni: così il rettore professor Franco Anelli ha definito, nel Dies Academicus per l’anno 2022/2023, il lavoro educativo, di ricerca e di cura che viene con passione condotto dalla sede di Roma dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il suo intervento ha fatto seguito alla Santa Messa concelebrata dal cardinale José Tolentino de Mendonça prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, e da monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo. Hanno partecipato ministri della Repubblica Italiana: della Salute, Orazio Schillaci; dell’Interno, Matteo Piantedosi; della Cultura, Gennaro Sangiuliano; autorità regionali e comunali.

Dell’inaugurazione dell’anno accademico come di un momento estremamente significativo ha parlato il cardinale Tolentino de Mendonça, suggerendo che «gli anni non si sommano come si fa in altre istituzioni, né il tempo che passa fa invecchiare una università». Certamente l’età viene misurata a partire dalla data di fondazione e l’arco temporale costituisce un prezioso patrimonio di esperienza, ma — ha suggerito — «in realtà una università sta sempre cominciando di nuovo, anche le università cariche di secoli sono chiamate a essere giovani, a rinascere, ogni anno, in ogni matricola che si iscrive, in ogni corso o progetto che prende le mosse, nei sogni che si rinnovano». Una considerazione che sa di raccomandazione: «In una università, le visioni non sono prefabbricate come fossero ricette, la scienza è una scuola di umiltà che ci aiuta a integrare l’errore stesso e l’incompiutezza come tappe di un processo più ampio: il percorso universitario deve essere paziente». Dunque, la responsabilità dell’università di essere «una grande potenziatrice di visioni nuove». L’accento va sull’incontro: «Preservare uno spazio per l’imprevedibile, per quello che ancora non sappiamo e che nascerà dall’incontro». L’obiettivo è l’uomo: «La forza di una università, e tanto più di una università cattolica, sta nell’impegno che essa profonde nell’inaugurare una visione dell’essere umano e della vita — visione necessariamente transdisciplinare — che rappresenti una ragione di speranza». Dunque il richiamo del prefetto all’esortazione di Papa Francesco: «Quanto sarebbe bello che le aule delle università fossero cantieri di speranza, officine dove si lavora a un futuro migliore, dove si impara a essere responsabili di sé e del mondo!» (Incontro con gli studenti e il mondo accademico, Bologna, 1° ottobre 2017).

Dell’inaugurazione dell’anno accademico come occasione ha parlato anche il rettore Anelli, spiegando «l’opportunità di guardare al futuro che esige anche un’attitudine di fiducia e determinazione di fronte alle difficoltà del presente e alle inevitabili preoccupazioni per il domani».

Un particolare saluto è stato rivolto dal rettore al preside della Facoltà di Medicina e chirurgia Antonio Gasbarrini, chiamato a succedere a quella che è stata definita «la lunga e importante presidenza del professor Rocco Bellantone, in un periodo delicato e complesso, eppure di importante crescita».

Nel corso dei decenni la Facoltà medica ha educato generazioni di medici e operatori sanitari e ha raggiunto una posizione di straordinario prestigio nazionale e internazionale. Lo ha ricordato il professor Anelli aggiungendo che «la Facoltà di Medicina non è pensabile senza il Policlinico, così come la scienza medica non è pensabile dissociata dall’attività di cura».

A questo proposito Anelli ha chiarito che «parlare di policlinico universitario non significa apporre un’etichetta, ma esprimere l’essenza di un progetto culturale e ideale la cui missione è quella di mettere scienza e assistenza sanitaria a disposizione di tutti», aggiungendo che «una riduttiva e formalistica rappresentazione del Gemelli come “erogatore privato” di prestazioni sanitarie ne tradisce l’identità e il concreto operare», accomunandolo indebitamente a soggetti che si muovono in una logica profit, «pienamente legittima, ma che non appartiene allo spirito di servizio del Gemelli». Un servizio che nello specifico assicura 100mila ricoveri l’anno, un milione di prestazioni ambulatoriali, mantenendo con la realtà dell’università la capacità di «formulare sempre nuovi interrogativi, continuamente attratti, sedotti dalla curiosità». (Fausta Speranza)

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-02/quo-038/un-laboratorio-di-visioni-nuove.html