Cerca
Close this search box.

Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale

11 marzo 2023
di FAUSTA SPERANZA

Disordine mondiale e imperi high tech, delocalizzazione e conflitti di potenza, populismi e digital divide, secolarizzazione radicale e nuovi nazionalismi. Se si vuole parlare degli anni Venti di questo XXI secolo sono tantissimi gli ambiti da attraversare, molti i presupposti da rivedere, diverse le illusioni da superare. Il primo passo è recuperare i pezzi della storia a partire dalla caduta del Muro di Berlino, per poi comprendere che, al di là della narrazione della globalizzazione o di quella dello scontro di civiltà, l’Occidente è ridimensionato. È il salto concettuale che si fa leggendo Storia del mondo post-occidentale. Cosa resta dell’era globale? (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2023, pagine 184, euro 16) di Eugenio Capozzi, che ha il pregio dello sguardo più oggettivo possibile, difficile da conseguire per fatti così ravvicinati nel tempo.

Mettere a fuoco bluff imperdonabili, come quello della cosiddetta «economia del credito illimitato», o radicalizzazioni come le involuzioni del «politicamente corretto», non significa deprezzare l’Occidente: piuttosto, le analisi di Capozzi suonano come un monito, affinché questo pezzo di mondo dia un contributo agli equilibri globali degno dello spessore storico e culturale che gli appartiene.

In ogni caso, la disamina nel volume è completa: si va dalla parabola fatta dalla Russia dal fatidico 1989 fino all’era di Putin, in parallelo con la stessa tendenza al «raccorpamento dei poteri nazionali» in altre aree del mondo. Si va dall’illusione statunitense di fare della Guerra nel Golfo il laboratorio di quella che doveva essere la super potenza unica del mondo fino alla «America first» di Trump e la nuova esasperazione della questione razziale. Dalle accelerazioni dell’interdipendenza e dell’interconnessione tra le varie aree del pianeta a livello economico, culturale, politico e della comunicazione — definita globalizzazione e pensata come destinata a sfociare in una sempre maggiore integrazione — fino ai molti e svariati conflitti emersi da allora; le crisi economiche e politiche; le tensioni nei rapporti di potenza. Si passa attraverso la pandemia e si arriva alla moltiplicazione di macro aree di accordi commerciali, che si delineano come arcipelaghi in un oceano di de-globalizzazione.

Per tutti questi snodi o fenomeni storici è prezioso il punto di vista di Capozzi che illustra, ad esempio, come i processi di globalizzazione abbiano convissuto con la tenace persistenza di contrapposizioni culturali, etniche, politico-militari, economiche. Per poi mettere in luce come — contrariamente a quanto le classi dirigenti, il mondo politico e gli intellettuali occidentali hanno spesso pensato — il fenomeno non ha coinciso con una crescente occidentalizzazione del mondo, cioè con l’imporsi a livello planetario di un modello di società — cultura di massa, democrazia liberale, diritti umani — ereditato dai processi europei di modernizzazione. Anzi, il fenomeno più macroscopico che ha accompagnato la globalizzazione è stato l’emergere di potenze economiche e politiche alternative all’Occidente, a partire dal continente asiatico, con il corrispondente ridimensionamento occidentale. Capozzi lo declina in tutti i suoi aspetti, anche quelli di solito meno citati: in termini di Prodotto interno lordo sul piano mondiale, di incidenza sulle crisi internazionali, ma prima ancora in termini demografici. Ricorda il progressivo diradarsi delle nascite, «dovuto a motivi culturali per l’affermazione di un’etica edonista e soggettivista», e un invecchiamento delle società che rende sempre più difficile la crescita e una sua proiezione verso l’esterno.

Un ridimensionamento che — sostiene Capozzi — è stato innanzitutto culturale. Il processo di occidentalizzazione del mondo, che avrebbe dovuto ipoteticamente imperniarsi su un passaggio dal bipolarismo Usa/Urss a un unipolarismo statunitense, si è scontrato ben presto con la realtà che, nei primi anni Novanta del secolo scorso, Samuel P. Huntington aveva individuato, inascoltato dai più: una realtà che si articola nella pluralità e nel pluralismo delle civiltà, con la relativa conflittualità che né la superiorità tecnologica, né il mercato, né il fascino della società dei consumi avrebbero potuto scalzare.

Al contrario, l’apparente dilagare del modello delle società di massa occidentali — che nel frattempo hanno esasperato l’individualismo e radicalizzato la secolarizzazione grazie anche all’amplificazione digitale di internet e social media — ha suscitato, o accompagnato, nelle civiltà non occidentali «reazioni difensive identitarie vigorose», talvolta violente. Si è aggiunto il successo economico di Paesi non occidentali nella competizione globale e si è arrivati — spiega Capozzi — al rafforzamento di poli alternativi, «per nulla disposti ad adeguarsi alle prescrizioni” dell’internazionalismo occidente-centrico».

Il resto è storia sotto gli occhi di tutti: la competizione globale ha innescato processi conflittuali profondi all’interno delle stesse società occidentali, in cui le classi medie e operaie sono state falcidiate dalla concorrenza asiatica e dagli imperi digitali.

Doveroso sottolineare che in un humus culturale povero di idealità, si è andata producendo una divisione di classe preoccupante tra élite internazionalizzate e popolo sfiduciato, spaventato dal futuro, rancoroso. Efficace è la sintesi dello storico che parla di «ridefinizione della dialettica politica delle democrazie in contrapposizione tra globalismo e sovranismo/populismo». Ed è importante la denuncia della tendenza al «progressivo commissariamento della democrazia da parte di regimi tecnocratici e dirigisti, con pretese eticizzanti», fondati su un controllo e una sorveglianza sempre più capillare di comportamenti e consumi privati, reso possibile da tecnologie fortemente invasive.

Intanto, i cambiamenti climatici chiedono il conto di uno sviluppo incurante dell’impatto sull’ambiente. Ma è scoppiato il dramma dell’invasione russa dell’Ucraina e si parla ormai più di possibile scontro nucleare che di transizione ecologica. Rischia di comporsi in modo drammatico il puzzle della terza guerra mondiale che papa Francesco, con la forza della verità, già da tempo denuncia osservandola «a pezzi nel mondo».

L’Osservatore Romano 11 Marzo 2023

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-03/quo-058/qualcosa-di-nuovo.html

More Interesting Posts