Non solo Francia: l’Europa dibatte la questione dei rom

Oggi il Consiglio d’Europa e il 20 ottobre paesi dell’Ue e varie istituzioni dibatteranno sull’integrazione di rom e sinti. Parigi non viene accusata apertamente, ma il problema delle espulsioni esiste – non solo oltralpe.


La questione dei rom continua a dividere l’Europa
, anche quella allargata ai 47 paesi del Consiglio d’Europa. L’Assemblea parlamentare paneuropea vota oggi una risoluzione in tema di discriminazioni contro le minoranze rom; dal testo è stato stralciato il riferimento diretto alla Francia.

Dunque niente dito puntato contro le espulsioni – o rimpatri che dir si voglia – attuate in proporzioni numeriche rilevanti negli ultimi mesi da Parigi. I rom e i sinti contano quasi 12 milioni di persone nel Vecchio continente e il dibattito dietro le quinte è stato tutt’altro che pacifico.

In realtà le istituzioni europee si sono date appuntamento al 20 ottobre per un pronunciamento operativo e collegiale. Il Consiglio d’Europa, che comprende anche Russia e Turchia, dopo aver incontrato i vertici dell’Ocse ha chiamato all’appello l’Unione Europea, invitando però al dibattito superallargato di Strasburgo anche i singoli governi e le organizzazioni internazionali.

In quell’occasione l’obiettivo dovrebbe essere mettere nero su bianco le priorità per migliorare il livello di integrazione dei rom, che dopo 20 anni di dichiarazioni non ha fatto passi avanti significativi. La Francia ha appoggiato l’iniziativa con la sollecita adesione del ministro degli Affari europei Lellouche.

Ma intanto Parigi ha scongiurato che l’organismo che ospita sul suo territorio puntasse direttamente il dito contro la sua politica di  rimpatri.          Con l’appoggio degli altri maggiori contributori, Italia e Germania in testa, ha ottenuto che il testo della risoluzione del Consiglio d’Europa sia l’ennesimo generico appello a evitare qualunque discriminazione dei rom e a smantellare gli stereotipi che associano i rom alla criminalità.

Il documento è stato presentato da ben tre commissioni: quella per le questioni politiche, quella per le questioni giuridiche e dei diritti umani, quella per le migrazioni e i rifugiati. Avrebbe potuto essere diverso: nella sua stesura iniziale, non avrebbe consentito un voto facile, al di là della sensibilità francese.

Se in linea di principio sono tutti d’accordo contro ogni forma di razzismo, nei fatti i paesi più coinvolti dalla presenza di rom, come Francia e Italia ma non solo, hanno parecchie riserve a mettere nero su bianco modalità di azione per una tanto sospirata integrazione degli stessi.

Più ferma nel voler inchiodare tutti i paesi a sottoscrivere il rispetto incondizionato è la Scandinavia, più lontana dai campi nomadi, anche se di recente anche Danimarca e Svezia hanno espulso dei rom.

Secondo Thomas Hammarberg, commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, sono già state tirate le orecchie alla Francia. Hammarberg non ha problemi a ribadire che «la lotta contro la criminalità nella quale la Francia si è impegnata ha preso di mira in particolare i rom originari di Romania e Bulgaria».

Peraltro Hammamberg riconosce che «la Francia non è sola: l’Italia ha arrestato ed espulso un numero notevole di rom romeni in questi ultimi anni». Il commissario ricorda il pronunciamento della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza che esprimeva preoccupazione e invitava le autorità francesi a lottare contro «gli atteggiamenti razzisti e l’ostilità della maggioranza della popolazione nei confronti della comunità rom».

In quella denuncia c’erano responsabilità precise e venivano individuate su due piani: sul piano della risposta politica con i provvedimenti voluti dal capo di Stato francese; sul piano del sentimento diffuso tra la popolazione. A questo proposito, da Strasburgo emerge un monito a 360 gradi: attenzione al crescente nazionalismo e al sempre meno strisciante estremismo.

Nella sessione di ottobre del Consiglio d’Europa due dibattiti, con rispettive raccomandazioni emanate all’unanimità, hanno lanciato l’allarme sulle preoccupanti posizioni che il Vecchio continente sta assumendo in tema di sicurezza. Si sono sentiti interventi sulla recrudescenza di «atteggiamenti fascisti dove nazionalismo significa esclusione» e più in generale sulla «tendenza galoppante all’estremismo politico o sociale».

Il filo rosso delle due dichiarazioni non è solo la paura che può essere drammaticamente montante e contagiosa ma anche e soprattutto «la possibile strumentalizzazione di casi come quelli dei rom da parte di forze estremiste».

L’Europa paladina dei diritti umani rischia, proprio in questo 2010 in cui celebra 60 anni dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, di ripiegarsi e soffocare i diritti sotto il peso delle paure.

In edicola a ottobre 2010