in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua 22 Marzo 2022
ospite di Giorgio Zanchini a Radio Anch’io GR1 nella trasmissione del 23 Marzo 2022 intitolata
Zelensky al Parlamento italiano e le risposte della politica. Crisi climatica e siccità:
ospite di Giorgio Zanchini a Radio Anch’io GR1 nella trasmissione del 23 Marzo 2022 intitolata
Zelensky al Parlamento italiano e le risposte della politica. Crisi climatica e siccità:
“Giornata mondiale dell’acqua”: le parole di Fausta Speranza autrice del libro “Il senso della sete”
Il 22 marzo ricorre il 30° anniversario della Giornata mondiale dell’acqua, istituita dalle Nazioni Unite all’interno delle direttive previste dall’Agenda 21, risultato della conferenza di Rio. Vogliamo ricordare questo anniversario con le parole della nostra autrice Fausta Speranza, tratte dal suo libro dal titolo Il senso della sete. L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità.
“Secondo le stime del Water Grabbing Observatory, nel 2030 il 47 per cento della popolazione mondiale vivrà in zone a elevato stress idrico, che significa elevatissimo stress sociale. “L’oro blu” è in grado di scatenare carestie e guerre e l’acqua potabile, in particolare, rappresenta il primo diritto da tutelare in tema di salute. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 28 luglio 2010, ha incluso l’accesso ai servizi igienico-sanitari e all’acqua potabile tra i diritti umani universali e fondamentali. Ma le risorse idriche non sono distribuite in modo equo e questo diritto è più “fluido” che mai. Intanto, è accaduto un fatto tanto potenzialmente dirompente quanto impensabile: l’acqua quotata in Borsa.
Il libro:
Titolo: Il senso della sete. L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità
Autrice: Fausta Speranza
(€ 17,00 – pag. 256)
Fausta Speranza è giornalista inviato Esteri dei media vaticani: al Radiogiornale internazionale di Radio Vaticana dal 1992 e nel 2016 chiamata nella redazione esteri de L’Osservatore Romano quale prima donna a occuparsi di politica internazionale nel quotidiano della Santa Sede. Nel 2000 ha lavorato con Sergio Zavoli per la realizzazione di due programmi Rai TV, Diario di un cronista e Viaggio nella scuola. Ha collaborato con Limes, RadioRai (rubriche Pianeta Dimenticato e Inviato Speciale), Famiglia cristiana e – occasionalmente ma pubblicando in Prima pagina – con il Corriere della Sera e Il Riformista. Ha visitato, per realizzare reportage, molte località d’Europa, Africa, Asia centrale, Vicino Oriente, Estremo Oriente, Stati Uniti, America Latina. Vincitrice di molti premi (nelle sezioni Radio, Tv e Libri), è coautrice di diversi volumi, tra cui Al mio paese. Sette vizi. Una sola Italia (2012), Europa, il futuro di una tradizione (2019) e testi dedicati ai temi della comunicazione. Ha pubblicato con Infinito edizioni Messico in bilico (2018), con cui ha vinto il Premio Giustolisi al Giornalismo d’inchiesta 2018, Fortezza Libano (2020) e Il senso della sete (2021).
“Guerra ripugnante”: Papa Francesco, dopo altri accorati appelli dall’attacco del 24 febbraio, torna a dare un nome al “massacro insensato” che avviene in Ucraina. E’ la voce del Pastore di anime, e tradisce tutta l’intensità della preghiera fatta all’Angelus della terza domenica di Quaresima, ma è anche la voce dell’uomo di Dio che tuona potente come la condanna: “Tutto questo è disumano, anzi è anche sacrilego perché va contro la sacralità della vita umana indifesa”. C’è tanto in comune con i Papi che lo hanno preceduto, ma c’è anche qualcosa di nuovo in quello che resterà anche come uno dei più significativi moniti all’umanità e uno dei più importanti contributi alla pace. A patto che venga ascoltato – e non solo da chi lancia ora sull’Ucraina missili e bombe – quando sottolinea che “la vita umana indifesa viene prima di qualunque strategia”.
Tanti, nell’ultimo secolo, gli appelli e le condanne da parte di Papi di fronte a guerre e conflitti, ma queste parole di Francesco arrivano come un vento in grado di spazzare via la definizione di “operazione militare” di Putin e quella di “guerra giusta” del Patriarca di Mosca Kirill. C’è qualcosa che accomuna tutti i pronunciamenti e qualcosa, come sempre, che distingue. Come i suoi predecessori, Papa Francesco non nomina mai l’aggressore, in questo caso palesemente la Russia di Putin. Al di là di tutte le possibili responsabilità immaginabili di ogni parte in causa sul territorio e altrove, è chiaro chi ha fatto la scelta scellerata e anacronistica dei missili e delle bombe su case e ospedali. Ma Papa Francesco – non solo a questo Angelus ma in tutti gli interventi in varie occasioni – non chiama l’aggressore per nome. Il motivo è preciso ed è in perfetta continuazione con l’attività diplomatica della Santa Sede dal secolo scorso: non nominare l’interlocutore per lasciare aperta la porta del dialogo. Suggerisce nella sua formalità un’importante sostanza: la verità della condanna non può significare mettere all’angolo l’altro, perché equivarrebbe a chiudere la porta di un dialogo vero. Vale per tutti, potenti e politici della terra, e per tutti i conflitti che purtroppo, al di là della concentrazione mediatica sul caso ucraino, continuano a portare lo stesso “massacro insensato” in altre parti del mondo, a partire dallo Yemen ma non solo.
In comune con i predecessori anche il tentativo di smantellare alle radici qualunque giustificazione della violenza e della sopraffazione. Di particolare, però, c’è il contesto che non è rappresentato solo dalle bombe. L’intervento ai primi di marzo del Patriarca ortodosso di Mosca Kirill, in cui ha parlato di “giusta guerra come lotta contro la promozione di modelli di vita anti cristiani come i gay pride”, resta come un’inquietante pietra miliare, anche se è stato poi accompagnato da un appello alla pace dopo il colloquio il 16 marzo con Papa Francesco.
Anche lo scenario di cui parliamo va chiamato per nome: si chiama fondamentalismo religioso etno-filetico, di carattere totalitario. Si tratta in sostanza dell’incontro tra nazionalismo e religione presa a pretesto come copertura ideologica. Di etno-filetismo si parla dal Concilio di Costantinopoli del 1872 come di “moderna eresia” ma torna come tornano i nazionalismi. In Russia oggi si parla di Russkii mir: significa semplicemente mondo russo, ma rappresenta proprio il fenomeno di identificazione tra chiesa e nazione che affascina tanti estremisti e fondamentalisti tra gli ortodossi. Ma non mancano proseliti anche altrove tra cattolici e protestanti.
Per tutti Francesco ribadisce che non si può fare male in nome di Dio: Da Dio – dice nello stesso Angelus – non può mai venire il male o l’ispirazione del male, perché “non ci tratta secondo i nostri peccati, ma secondo la sua misericordia”. Piuttosto – aggiunge – “sono i nostri egoismi a lacerare le relazioni; sono le nostre scelte sbagliate e violente a scatenare il male”. Secondo Francesco, la soluzione è chiaramente solo una: “Convertiamoci dal male, rinunciamo a quel peccato che ci seduce, apriamoci alla logica del Vangelo: perché, dove regnano amore e fraternità, il male non ha più potere!”.
Fausta Speranza – Città del Vaticano
“Educare alla democrazia in un mondo frammentato”: è il titolo del convegno, che prende il via domani 17 marzo presso la Lumsa (Libera Università Maria Santissima Assunta) per concludersi sabato 19, organizzato dalla Fondazione “Gravissimum Educationis”, nata nel 2015 con l’obiettivo di mettere in atto quanto previsto dal documento del Concilio Vaticano II. Alla presentazione in Sala Stampa vaticana ha preso parte monsignor Guy-Real Thivierge, segretario generale della stessa Fondazione:
Monsignor Thivierge conferma che al convegno a Roma partecipano rappresentanti di oltre 20 Paesi: tra questi ci sono docenti di 14 università di 13 Paesi del mondo. L’obiettivo è quello di comprendere le problematiche locali sotto tutti i profili, da quello accademico intellettuale a quello economico o spirituale. E poi si vorrebbe arrivare – precisa – a identificare dei modelli educativi da considerare. Ogni progetto parte dall’esperienza locale – sottolinea – e ha un campo preciso di analisi per poi aprirsi al confronto.
“Le nostre democrazie sono in pericolo”, afferma monsignor Thivierge che, pur senza entrare nello specifico del contesto che si vive in Europa in questi giorni, ricorda che tutti avvertiamo la drammaticità del momento, i rischi cui stiamo andando incontro ma anche come vacillino alcuni punti fermi. Ribadisce che l’educazione è un fattore di integrazione, di coesione sociale e di sviluppo. Mette in luce come questa serva per formare le persone, in particolare le giovani generazioni, alla democrazia e allo spirito della democrazia. Monsignor Thivierge sottolinea che è molto importante sviscerare e comprendere i vari livelli del dibattito da affrontare: da quello più teorico, intellettuale o spirituale, a quello concreto della realtà dei fatti e delle varie esperienze sotto diverse latitudini. E dunque spiega che il convegno promosso dalla Fondazione “Gravissimum Educationis” è organizzato con una logica precisa: mettere insieme non solo teorici, filosofi, ma anche esponenti del mondo della politica. Partecipano infatti ex capi di governo o ministri per assicurare – dice – un vero dialogo tra “teorici” e “pratici” .
Alla presentazione è intervenuta la professoressa Annie Tohme Tabet dell’Université Saint-Joseph di Beyrut in Libano. Il suo intervento in lingua originale:
La professoressa Tabet fa riferimento alla difficile situazione in Libano, tra crisi economica e impasse politica, per sottolineare quanto possa essere decisivo il ruolo dell’educazione alla democrazia nel caso di una società, come quella libanese, che vive emergenze gravi ma cerca di difendere il suo modello di convivenza pacifica. I giovani – dice – purtroppo cercano in massa di lasciare il Paese mentre la società avrebbe bisogno proprio della sua generazione più promettente. Secondo Tabet, tutti i delicati aspetti del difficilissimo equilibrio politico che si vive attualmente in Libano richiedono proprio momenti di confronto. Serve – aggiunge – anche creatività per difendere la parte migliore del sistema libanese assicurando giuste riforme per combattere clientelismi e corruzione. E questa esperienza particolare può arricchirsi nel confronto con altre.
Ha spiegato in inglese il suo punto di vista anche il professor Allan De Guzman, della Pontifical University of Santo Tomas nelle Filippine. Il suo intervento in lingua originale:
Il professor Allan De Guzman mette in luce innanzitutto un aspetto tra tanti da considerare quando si parla del valore dell’educazione: quello del potere dell’educazione, del potenziale immenso in termini di promozione sociale. E lo fa invitando a orientare lo sguardo quando si tratta di guardare alle controversie, che scoppiano a livello più locale più regionale o più globale. L’obiettivo dunque deve essere – sostiene – quello di stabilire punti fermi in tema di educazione in modo da difendere e sviluppare proprio questo potenziale di pace a fronte delle minacce e dei contesti di conflittualità.
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Almeno 12,4 milioni di persone rischiano la fame in Siria. È quanto denuncia “Azione contro la Fame”, organizzazione umanitaria internazionale specializzata nella lotta contro la fame e la malnutrizione infantile, in occasione dell’undicesimo anniversario dello scoppio della guerra in Siria, il 15 marzo del 2011. Il numero di siriani considerati a rischio insicurezza alimentare è al livello più alto dell’ultimo decennio. Il costo medio del cibo, all’interno del Paese, è stato negli ultimi mesi il più alto mai registrato, come racconta Orazio Ragusa portavoce di Azione contro la fame:
Ad oggi – riferisce Ragusa – i bisogni in Siria superano, di gran lunga, la capacità delle famiglie di far fronte all’alta inflazione e ad una economia sempre più in difficoltà. Il Paese – sottolinea – sta affrontando una crisi multipla e interconnessa. L’iperinflazione fa sì che, ogni giorno, i siriani possano permettersi meno del necessario per sopravvivere. Il loro potere d’acquisto si sta erodendo di giorno in giorno. I beni necessari – acqua, cibo, carburante ed elettricità – sono fuori dalla portata delle famiglie che spendono, in media, il 50 per cento in più del loro reddito. La popolazione non può più permettersi l’acquisto di carburante per far funzionare i generatori che alimentano case, trasporti o infrastrutture idriche. Molti siriani dispongono, oggi, di meno di 4 ore di elettricità pubblica al giorno. I contadini, inoltre, hanno minori risorse per pianificare le piantagioni nei loro campi e, allo stesso tempo, i costi di irrigazione delle loro colture e di trasporto al mercato sono più alti. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, il conflitto in Ucraina potrebbe portare ad una carenza di forniture di grano nella regione, con un impatto sui prezzi dei prodotti alimentari di base come il pane e la farina. Azione contro la Fame lavora in Siria dal 2008 con l’obiettivo di ridurre la fame e i rischi per la salute tra le comunità più vulnerabili, sia con interventi di emergenza che con un sostegno sostenibile, a lungo termine, per costruire la resilienza. L’anno scorso – riferisce Ragusa – l’organizzazione ha aiutato 1,3 milioni di persone sul versante dell’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici, migliorando le strutture sanitarie e l’accesso al cibo. Quest’anno, in un momento in cui l’attenzione globale e i finanziamenti stanno diminuendo, 14,6 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria per soddisfare le loro esigenze di base.
Ragusa ricorda che anche gli shock ambientali, come le scarse precipitazioni, contribuiscono a generare insicurezza alimentare. Quest’anno la Siria ha affrontato la peggiore siccità degli ultimi 70 anni: un evento che, di fatto, ha paralizzato i raccolti previsti. Secondo quanto verifica sul campo l’associazione Azione contro la fame, la produzione di grano nel 2021 è stata di poco più di un milione di tonnellate, in calo rispetto ai 2,8 milioni di tonnellate del 2020, e corrispondente solo ad un quarto della media di prima della crisi, cioè di oltre 4 milioni di tonnellate all’anno nel periodo 2002-2011.
Con l’aumento dei bisogni – chiarisce Ragusa – sono necessarie soluzioni a lungo termine per ridare speranza, dignità e autosufficienza alla popolazione. I finanziamenti a lungo termine, pluriennali e flessibili possono permettere agli attori umanitari di rispondere ai bisogni di emergenza e porre le basi per soluzioni sostenibili. È urgente includere il ripristino delle infrastrutture e la garanzia dell’accesso ai civili ai servizi di base come le reti idriche, le reti di irrigazione, l’istruzione e la sanità pubblica.
Ragusa ricorda che il conflitto in Ucraina provoca effetti su larga scala. Influenza i prezzi delle commodity, cioè dei beni indifferenziati, le rotte migratorie e le relazioni di fiducia nei vari mercati. Danni disastrosi che oggi è impossibile quantificare – sottolinea Ragusa – ma che avranno effetti anche sul lungo periodo. Salgono i prezzi delle materie energetiche, ma anche del cibo, che riguardano sia quelli direttamente importati da Ucraina e Russia, sia quelli che arrivano da altri Paesi. Un tempo definiti granaio d’Europa – spiega Ragusa – i due Stati non riforniscono più una grossa percentuale di grano al Continente europeo, ma forniscono diversi Paesi del Terzo Mondo. Con lo stop delle esportazioni, l’aumento della domanda sta già causando scarsità nelle forniture e facendo lievitare i prezzi.
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Mentre si continua a combattere su vari fronti in Ucraina, oggi ucraini e russi tornano a sedersi al tavolo dei negoziati per il terzo round di colloqui.
In queste ore c’è delusione sul fronte dei corridoi umanitari. Il ministero della Difesa russo aveva annunciato che l’esercito di Mosca avrebbe cessato il fuoco dalle 10:00 ora di Mosca (le 8:00 in Italia) da Kiev, Mariupol, Kharkiv e Sumy. Ma non aveva specificato quello che poi è stato verificato da fonti di stampa sul posto: i corridoi umanitari funzionano solo per chi volesse recarsi in Russia o in Bielorussia.
A chiedere la ripresa di corridoi umanitari era stato il capo di Stato francese Macron, presidente di turno dell’Ue, che ieri per un’ora è tornato a parlare con Putin. Stamani l’Eliseo ha chiarito che la richiesta non era verso la Russia. E due nuovi attori internazionali sono entrati nella partita diplomatica: Israele e Turchia. Ieri, neanche 24 ore dopo il lungo colloquio tra il premier israeliano Bennett e Putin a Mosca, i due si sono risentiti telefonicamente. Nel frattempo Bennett aveva parlato con Macron, con il cancelliere tedesco Scholz e con il presidente ucraino Zelensky, mentre il suo ministro degli Esteri, Lapid, volava a Riga per incontrare il segretario di Stato americano Anthony Blinken. Il segretario di Stato Usa ha fatto tappa in Moldavia e in Estonia e ieri ha brevemente attraversato la frontiera ucraina dopo aver incontrato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. I due si erano incontrati alla frontiera con la Polonia per confrontarsi sugli sforzi occidentali a sostegno dell’Ucraina. Blinken ha confermato la notizia, anticipata da media statunitensi, di un piano per far arrivare all’Ucraina vecchi Mig-29 dalla Polonia, che riceverebbe nuovi caccia dagli Usa.
Oggi è intervenuto il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha parlato di “amicizia duratura” con la Russia, un’amicizia che è “solida come una roccia”, affermando che i due Paesi contribuiscono a portare “pace e stabilità” nel mondo”. Parlando in una conferenza stampa a margine dei lavori annuali del Parlamento, Wang ha aggiunto che i due Paesi “manterranno il focus strategico e continueranno ad approfondire il partenariato strategico globale di coordinamento per una nuova era”. E poi ha detto che la Cina è disposta a “fare le necessarie mediazioni” e a partecipare alla “mediazione internazionale” sulla crisi in Ucraina. Ha aggiunto che Pechino è pronta a continuare a svolgere “un ruolo costruttivo per facilitare il dialogo e per la pace, lavorando a fianco della comunità internazionale per svolgere la necessaria mediazione”. La Cina “è disposta a continuare a svolgere un ruolo costruttivo nella promozione dei colloqui tra Russia e Ucraina”, ha assicurato Wang, secondo cui “bisogna prevenire una crisi umanitarie su larga scala”.
Il primo ministro australiano Morrison aveva chiamato in causa ieri Pechino esortando la Cina a fare pressione sull’alleato russo e a dimostrare che è impegnata per la pace mondiale e il principio di sovranità e dichiarando che la Cina sta affrontando “l’ora delle scelte” di fronte all’invasione russa dell’Ucraina. “Nessun Paese avrebbe un impatto maggiore della Cina in questo momento sulla violenta aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina”, aveva detto Morrison al Lowy Institute, un think tank di politica estera con sede in Ucraina. Morrison ha anche accusato Pechino di aver gettato una “ancora di salvezza economica” alla Russia allentando le restrizioni commerciali sulle importazioni di grano russo. “L’attuale crisi in Europa” pone la Cina “nell’ora delle scelte”, ha aggiunto.
Sanzioni e provvedimenti per l’energia. Sono questi i temi in discussione in queste ore all’interno dell’Ue. Alle 11:00 l’incontro a Bruxelles del presidente del Consiglio italiano Mario Draghi con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che in queste ore ha riconosciuto, in un’intervista alla Cnn, che il popolo ucraino “appartiene alla famiglia europea” ma ha aggiunto che il dibattito sull’ingresso nella Ue “richiederà tempo”. Lunedi’ scorso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva firmato una richiesta simbolica di adesione all’Unione europea, chiedendo per il suo Paese un iter rapido. Anche Georgia e Moldavia hanno fatto analoga richiesta. Quanto all’eventuale bando dell’import di energia da Mosca, Von der Leyen si è limitata a dire che “dobbiamo disfarci della dipendenza dai combustibili fossili della Russia”. Si parla di nuove sanzioni ma, come ha sottolineato ieri il ministro degli Esteri italiano Di Maio, è importante anche l’applicazione di quelle già previste. Da parte sua, il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock e il suo collega alle Finanze, Christian Lindner, si sono detti contrari a un divieto delle importazioni di gas, petrolio e carbone dalla Russia nell’ambito di nuove sanzioni legate all’invasione dell’Ucraina.
La Danimarca terrà un referendum il 1 giugno per unirsi alla cooperazione Ue in materia di difesa. Lo ha annunciato la premier danese Mette Frederiksen, aggiungendo di sostenere “fortemente” la revoca dell’opt-out, la clausola che vede la Danimarca astenersi dalla partecipazione alle operazioni militari e di difesa dell’Ue. Frederiksen ha anche indicato l’intenzione di aumentare il budget della difesa danese al 2% del Pil nei prossimi anni.
Intanto diversi Paesi occidentali – Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda – hanno chiesto all’Interpol di sospendere la Russia dai ranghi dell’organizzazione internazionale per la cooperazione di polizia: lo ha affermato il ministro dell’Interno britannico Patel. “Le azioni della Russia rappresentano una minaccia diretta per la sicurezza delle persone e la cooperazione internazionale delle forze dell’ordine”, ha aggiunto. La mossa giunge mentre gli alleati occidentali cercano di isolare diplomaticamente ed economicamente Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina.
Oltre alle manifestazioni contro la guerra che si sono svolte nei giorni scorsi in diverse capitali dell’Ue, ieri sono scesi in piazza contro la guerra e in appoggio all’Ucraina nel tardo pomeriggio anche molte persone nel centro di Belgrado. Dopo un raduno sulla Knez Mihajlova, l’arteria dello shopping della capitale serba, i dimostranti, alcuni dei quali con bandiere giallo-blu dell’Ucraina, si sono recati in corteo verso Piazza Slavija. “Stop alla guerra”, “Stop a Putin” le scritte sui loro cartelli. La protesta era stata annunciata sui social, con un appello a dimostrare l’appoggio ai popoli ucraino, russo e bielorusso, nella lotta “contro la guerra, l’occupazione e la dittatura”. Le autorità del Paese balcanico, principale alleato della Russia nella regione, hanno condannato la violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina, ma si rifiutano di aderire alle sanzioni occidentali contro Mosca invocando gli interessi nazionali della Serbia.
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Oltre a tutti gli organismi delle chiese locali, d’Europa e del mondo, per il popolo ucraino si sono mossi in tantissimi: associazioni del Terzo settore, collettivi di volontari, organizzazioni locali, nazionali e internazionali, scuole e atenei. E proprio dalle Università arriva, insieme con gesti di solidarietà, un messaggio che incarna la voglia di vita e di pace dei giovani, che vorrebbero zittire le armi, superare i muri e tornare a un mondo di scambi e di interconnessioni culturali.
Tra tanti esempi di gemellaggi culturali, c’è il significativo e innovativo progetto di una stessa Laurea per tre Università d’Italia, Stati Uniti e Cina. Si tratta di un corso presentato nei giorni scorsi che prenderà il via a settembre prossimo. E’ il frutto della partnership tra l’Università Luiss, la George Washington University di Washington D.C. e la Renmin di Pechino. Ne abbiamo parlato con Raffaele Marchetti, prorettore per l’internalizzazione della Luiss:
La conoscenza reciproca come scommessa di dialogo: Marchetti parla in questi termini del valore dell’incontro e dell’interazione a livello culturale. In un tempo in cui purtroppo non solo si ereggono muri – ricorda – ma si torna drammaticamente a dare la parola alle armi, è quanto più essenziale formare “cittadini del mondo”, ragazzi che fanno dell’incontro una cifra del percorso di studio.
Si tratta della faccia buona della globalizzazione, commenta parlando della capacità dei giovani di sfruttare tutte le possibilità per interagire a livello globale. Si creano – sottolinea – catene di connessione che creano sviluppo e sentimenti di vicinanza. La formazione dei giovani, l’incontro e lo scambio tra giovani – assicura – è l’investimento più significativo a lungo termine per la pace. La mobilità dei giovani – aggiunge – è una scommessa fortissima per la pace.
Vivendo quotidianamente nell’ambiente universitario, Marchetti in questi drammatici giorni di cronache di guerra dall’Ucraina sottolinea quanto sia forte la voglia di vivere, di costruirsi un futuro, di conoscere e incontrare altri popoli tra i giovani. Purtroppo – commenta – dobbiamo ascoltare logiche di potenza e di guerra, mentre vorremmo dare voce ai desideri sani dei giovani di tutto il mondo che sognano sviluppo e pace, a partire – ma sono solo un esempio – dagli studenti che stanno scegliendo un corso che abbraccia in un certo senso Italia, Stati Uniti e Cina.
Marchetti spiega che si tratta di un corso quadriennale che prende il nome di ACE, acronimo che sta per America, China & Europe. Una tripla laurea in “Business Administration”, che verrà riconosciuta in Italia e in tutta Europa, negli Stati Uniti e in Cina. Marchetti parla di forte innovazione chiarendo che darà la possibilità a studentesse e studenti di conseguire tre titoli di laurea, uno per ogni università, validi e riconosciuti negli Stati Uniti, in Cina e in Europa. L’obiettivo – afferma – è preparare giovani per incarichi in multinazionali ed istituzioni globali. Gli iscritti trascorreranno il primo anno nei loro rispettivi atenei per acquisire i fondamentali dell’economia e del management. Frequenteranno, poi, congiuntamente il II°, III° e IV° anno nelle tre capitali, partendo dalla Luiss a Roma, per spostarsi alla Renmin University a Pechino e infine negli States, alla George Washington University. Certamente si tratta di corsi privati con la sola eccezione di alcune borse di studio, ma si tratta di quote di iscrizione e frequenza in linea con i contributi universitari dei rispettivi atenei di provenienza per l’intera durata del percorso.
Fausta Speranza – Città del Vaticano
“Decreto Generale. Le Associazioni Internazionali dei Fedeli” è il titolo del volume presentato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita oggi pomeriggio, con la collaborazione della Libreria Editrice Vaticana (Lev). Si tratta degli atti del congresso che si è svolto il 16 settembre scorso, dopo la pubblicazione, l’11 giugno, del Decreto che regola l’esercizio del governo nelle associazioni internazionali di fedeli, private e pubbliche, e negli altri enti con personalità giuridica, soggetti alla vigilanza diretta del Dicastero. Alla presentazione di oggi, presso la sede del Dicastero per la comunicazione, sono intervenuti il prefetto, il cardinale Kevin Farrell, e il sotto-segretario, la dottoressa Linda Ghisoni; con loro anche la presidente del Movimento dei Focolari, Margaret Karram. Ha moderato Lorenzo Fazzini, responsabile editoriale della Lev.
La pubblicazione degli atti del congresso offre la riflessione che è nata a partire dal Decreto, che non è un punto di arrivo ma un punto di partenza, come spiega il cardinale Kevin Farrel, prefetto del Dicastero per Laici, Famiglia e Vita. Il porporato, con il pensiero a quanto accade in Ucraina, ha anche sottolineato la specifica missione del Dicastero: la cura di quanto riguarda i laici e la famiglia e la vita stessa. Proprio questo, chiarisce, caratterizza la preghiera di tutte le persone del Dicastero che si uniscono alla preghiera della Chiesa intera.
Quanto all’incontro di settembre, il cardinale ricorda che ad esso ha partecipato a sorpresa anche Papa Francesco e cita alcuni punti fermi del messaggio del Papa in quella giornata: “Il Pontefice – sottolinea il Prefetto – ci ha invitato una costante conversione personale che chiama a misurarsi con le sfide concrete delle persone che ci vivono accanto”. Da qui il chiarimento: si richiede grande docilità e umiltà per capire i propri limiti e i cambiamenti necessari. Dunque, Farrell parla di governo ricordando che Papa Francesco ha messo in guardia dal rischio di onnipresenza, dal rischio di sentirsi unici depositari di un carisma, dal rischio di un mancato confronto nel caso di un mandato a vita del fondatori.
Proprio il mandato a vita – ha spiegato alla presentazione Linda Ghisoni – potrebbe incidere in termini di formazione di una sorta di mito, in termini di autorefenzialità. Potrebbe significare la perdita di profezia, l’obbedienza ceca, che significherebbe mancanza di quel discernimento che assicura la comunione ecclesiale. Poi la sotto-segretaria ha parlato di un altro fattore di cui si parla molto nel volume: la formazione che, ha detto, non può essere pensata solo per i vertici ma per tutti i componenti del Movimento.
Attualmente “la società tende a cambiare le regole per protrarre il mandato di leader a livello internazionale”, ha ricordato ancora Ghisoni, ma “questo, che è sotto gli occhi di tutti, non porta buoni frutti”. Proprio perché i laici sono “una presenza profetica all’interno della Chiesa”, si deve assicurare quello sguardo capace di cambiamento, di ricambio, perché il servizio sia sempre nuovo. E questo comporta un investimento alla formazione. C’è poi un altro aspetto, ha chiarito la dottoressa: “Il decreto non nasce dall’esigenza di combattere gli abusi ma certamente l’impegno a mettere un freno all’abuso di potere può essere utile a contrastare qualsiasi tipo di altri abusi”.
È stato poi ricordato che si prevede l’eccezione per i fondatori viventi, come nel caso di Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale. Inoltre è stato ricordato che il decreto prevede una sorta di eccezioni sul mandato in caso di richieste che giungono dal complesso degli organi di governo di un Movimento. Finora, è stato reso noto, non è giunta al Dicastero nessuna richiesta in tal senso. Il cardinale Farrell ha raccontato che piuttosto ci sono state richieste di aiuto per un confronto sugli Statuti. Al momento, ha chiarito, non si è pensato a cosa debba succedere nel caso in cui un movimento non si adegui nei tempi previsti anche perché si avverte un forte senso di responsabilità da parte di tutti.
Di prezioso contributo a riscoprire una collaborazione di pace – con il pensiero a quanto purtroppo accade in Ucraina e in tanti altri luoghi del mondo – ha parlato la presidente del Movimento dei Focolari, Margaret Karram, sottolineando come il decreto apra spazio di confronto e dialogo all’interno dei Movimenti, come pure tra Movimenti e altre realtà ecclesiali, e tra i Movimenti e il Dicastero per Laici, Famiglia e Vita:
Karram ha sottolineato la ricchezza delle parole del Papa, il quale ha richiamato l’importanza di pensare alla diversità delle realtà di associazioni e Movimenti. La presidente dei Focolari ha evidenziato pure come il Papa ha reso tutti più consapevoli della missione ecclesiale: la responsabilità di costruire il futuro di fronte alle povertà materiali e spirituali del mondo che ci circorda.
Secondo Karram, i Movimenti si sono sentiti profondamente accolti dal Dicastero: il rapporto è “cresciuto”, dice, riferendo di aver raccolto la stessa senzazione da parte degli altri Movimenti: “È stato molto più forte il valore profondo del rinnovamento. Il Decreto è un’ulteriore prova del valore dei Movimenti agli occhi della Chiesa che proprio perché coglie i frutti dei Movimenti cerca di orientarli a non frenare lo slancio carismatico e la forza rinnovatrice”. Il Decreto aiuta, quindi, a ben finalizzare il tutto. “Cerchiamo di accogliere con amore e grande serietà. Stiamo studiando la conformità anche giuridica tra il Decreto e gli Statuti del Movimento dei Focolari”, afferma Karram. Nel caso del Movimento fondato da Chiara Lubich già si prevedeva un limite: ora si è passati da sei a cinque anni. “È impegnativo essere al governo di una realtà ecclesiale”, dice Karra, “è benedetta la possibilità del ricambio”.
Con un riferimento alla drammatica situazione in Ucraina, la presidente sottolinea come sia importante la riscoperta della comunione, la riscoperta di quella “novità” che viene dal soffio dello Spirito di cui parla il Papa. “Tutto questo può dare spessore all’agire e alla preghiera, può aiutare ad essere all’altezza della preghiera necessaria per la pace, alla fraternità a tanti livelli che può aiutare la costruzione della pace. La riscoperta della comunione all’interno dei Movimenti e tra i Movimenti, la riscoperta del governo come servizio è qualcosa che può contribuire a cambiare le persone a livello personale e a livello dei popoli”. “Si tratta di quella fraternità – ricorda Karram – alla quale ci sprona Papa Francesco”.
Era stato presentato a giugno il Decreto generale sull’esercizio del governo nelle associazioni internazionali di fedeli, private e pubbliche, e negli altri enti con personalità giuridica soggetti alla vigilanza diretta del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. I primi punti del documento prevedono che i mandati nell’organo centrale di governo a livello internazionale possono avere la durata massima di cinque anni ciascuno. Inoltre la stessa persona può ricoprire un incarico nell’organo centrale di governo a livello internazionale per un periodo massimo di dieci anni consecutivi. Trascorso il limite massimo di dieci anni, la rielezione è possibile solo dopo una vacanza di un mandato.
I titoli:
-Chi ha in mano i destini del mondo ci risparmi gli orrori della guerra: parole del Segretario di Stato Parolin che ricorda l’appello del Papa e la giornata di preghiera e digiuno il 2 marzo
-E’ drammatica l’escalation militare in Ucraina: pioggia di missili su Kiev, tra le varie manovre l’esercito russo a 130 km dalla Polonia. Zelensky denuncia: sotto tiro anche aree civili. E chiede ai russi di opporsi alle scelte di guerra di Putin
-Con noi padre Ruslan Mykhalkhiv: nessun religioso lascerà il Paese, chiese e seminari si preparano ad accogliere profughi
I titoli
-L’accorato appello del Papa a scongiurare la follia della guerra
-Duro risveglio con le notizie che giungono dall’Ucraina: si parla anche di morti, tra attacchi e esplosioni in varie città e di truppe russe provenienti anche dalla Bielorussia
-Ieri il Papa ha invitato alla preghiera in particolare nella giornata del 2 marzo, inizio Quaresima, da dedicare anche al digiuno
-E con noi dall’Ucraina per una testimonianza, padre Alvis Radko