In Tunisia prima tornata elettorale con la nuova Costituzione

Manifestazioni di piazza accompagnano l’attesa per il secondo turno delle elezioni in Tunisia, le prime dopo il referendum sulla nuova Costituzione. Al primo turno il tasso di affluenza ha segnato un record negativo. A undici anni dall’avvio della cosiddetta “primavera araba”, la Tunisia, Paese strategico del Mediterraneo, attraversa un delicato momento politico, in un contesto di precarietà economica, che non può essere ignorato, come sottolinea il ricercatore dell’ISPI Lorenzo Fruganti

Fausta Speranza – Città del Vaticano

“La Tunisia non ha altra scelta che il dialogo”: lo ha detto oggi il segretario generale del potente sindacato tunisino Ugtt, Noureddine Taboubi, in occasione di un comizio nella capitale, invitando la presidenza della Repubblica a “un dialogo serio e inclusivo”. Ieri in molti sono scesi in piazza a Tunisi lamentando gli effetti dell’inflazione e le difficoltà di sussistenza per il settore agricolo. Bisogna “mettersi intorno allo stesso tavolo e discutere un’alternativa con una visione di lungo termine e un governo all’altezza delle sfide”, ha affermato. Il sindacato ritiene che la situazione generale del Paese sia difficilissima e che il popolo alla fine “affermerà la propria volontà attraverso la lotta e la pressione”. A proposito dell’accordo con il Fondo monetario internazionale, Taboubi ha detto che l’Ugtt non è a conoscenza del programma presentato dal governo.

La scommessa delle elezioni

Sono 23 i candidati eletti al primo turno per le elezioni parlamentari del 17 dicembre scorso. Lo ha annunciato due giorni dopo il portavoce dell’Autorità superiore indipendente per le elezioni (Isie), Mohamed Tlili Mansri, aggiungendo che il secondo turno riguarderà 131 collegi elettorali. Tra gli eletti o passati al ballottaggio ci sono undici ex deputati e 24 candidati in rappresentanza di partiti politici, 27 sindaci, cinque avvocati e tre ingegneri. Per i collegi che non hanno registrato alcuna candidatura, Mansri ha assicurato che il nuovo parlamento si occuperà di rilevarne la mancanza e chiederà all’Isie di organizzare elezioni legislative parziali-suppletive. “Il parlamento ha anche la possibilità di modificare la legge elettorale per passare dalla fase dei decreti a quella della legislazione con legge in parlamento.”

La disaffezione alle urne

Per quanto riguarda l’affluenza – 11,2 per cento degli aventi diritto al voto –  si è trattato del tasso più basso dalla rivoluzione del 2011, dopo anni record di quasi il 70 per cento (elezioni legislative dell’ottobre 2014) e tre volte inferiore a quella del referendum sulla Costituzione dell’estate scorsa (30,5 per cento), già caratterizzato da una forte astensione.

Dell’appuntamento elettorale e del momento storico che vive la Tunisia abbiamo parlato con Lorenzo Fruganti, ricercatore dell’ISPI:

Fruganti innanzitutto chiarisce che dopo la pubblicazione dei risultati preliminari del primo turno sarà la volta di eventuali ricorsi e controricorsi per arrivare il 19 gennaio ai risultati definitivi, mentre i ballottaggi si terranno a febbraio, secondo quanto annunciato dall’Isie. La campagna elettorale per il secondo turno partirà il 20 gennaio. I risultati definitivi del primo e secondo turno saranno annunciati il 3 marzo 2023, ha precisato il portavoce.

Il richiamo alla cosiddetta primavera araba

Lo scrutinio – ricorda il ricercatore – si è svolto il 17 dicembre, giorno dell’anniversario dell’immolazione di Mohamed Bouazizi, che nel 2011 innescò la rivoluzione che avrebbe portato alla caduta del vecchio regime e ispirato le rivolte dell’intero mondo arabo. Eppure, il voto di domenica si è tenuto in un clima di generale indifferenza e appelli al boicottaggio. L’elemento che gli analisti mettono in luce – sottolinea Fruganti – è che le elezioni di questo fine 2022 e inizio 2023 non somigliano a quelle che le hanno precedute perché con la nuova Costituzione si verifica una perdita di centralità del parlamento nelle istituzioni tunisine. La nuova Costituzione – spiega – priva i deputati di quasi tutte le loro precedenti prerogative e concentra il potere nelle mani del presidente. La prospettiva di un parlamento senza peso politico deve aver pesato sulla forte astensione al primo turno.

Lo snodo politico a luglio 2021

Quando il 25 luglio 2021 il presidente Kais Saïed ha annunciato  il ‘congelamento’ del parlamento, assumendo i pieni poteri – spiega Fruganti – il popolo tunisino gli ha concesso il suo sostegno. Il capo dello Stato ha spiegato di voler “salvare” la Tunisia bloccata da mesi di veti incrociati tra i diversi partiti. Allora – sottolinea – l’Assemblea, dotata ancora di poteri molto ampi, simboleggiava la Tunisia post-rivoluzionaria preda dei suoi tormenti e incapace di andare avanti. Contro i fallimenti del governo, il sistema politico corrotto e incapace e la malagestione della pandemia, le proteste nel Paese erano all’ordine del giorno. Fruganti richiama alla memoria un discorso alla nazione in cui Saïed  spiegava i motivi del gesto, parlando di “situazione insostenibile”: a dieci anni dalla Rivoluzione dei gelsomini, la Tunisia, pur confermandosi l’unico vero  ‘cantiere democratico’ della regione , si mostrava preda di un’instabilità politica che ne ostacolava gli sforzi per rilanciare l’economia e i servizi.

La nuova Costituzione

Con il referendum del 25 luglio 2022 è stata approvata la nuova Carta costituzionale. Si è trattato – ricorda Fruganti – di una consultazione segnata da un tasso record di astensionismo dovuto al boicottaggio da parte di molti partiti, associazioni e sindacati (solamente il 30,5 per cento degli aventi diritto al voto si è recato alle urne). In ogni caso il referendum ha sancito la sostituzione della Costituzione del 2014, una delle Carte costituzionali più democratiche del mondo arabo, con un nuovo testo costituzionale. Fruganti ricorda che Saïed ha sempre criticato la Carta del 2014 parlando di natura bicefala dell’esecutivo, nonché di un parlamento, di un potere giudiziario e di una corte costituzionale in grado di condizionare e limitare in maniera significativa le scelte del capo dello Stato. Oggi – mette in luce Fruganti –  c’è il rischio che, in base alla nuova Costituzione, i deputati non possano concedere la fiducia al governo né ipotizzare di farlo cadere attraverso una mozione di sfiducia, poiché le condizioni per invocarla – spiega – sono troppo difficili da soddisfare. Inoltre, il parlamento sarà chiamato a confrontarsi con un’altra Assemblea le cui funzioni non sono ancora del tutto chiare. La nuova Costituzione – spiega il ricercatore – ha introdotto in Tunisia un sistema presidenziale puro in cui il capo dello Stato esercita il potere esecutivo, con l’aiuto di un capo di governo da lui designato, che non deve presentarsi in parlamento per ottenere la fiducia. Il presidente è anche comandante supremo delle forze armate, definisce la politica del Paese, ratifica le leggi e può proporle personalmente al parlamento. I testi proposti dal capo di Stato avranno priorità sugli altri. Il voto del 17 dicembre si è svolto in base al nuovo sistema elettorale uninominale che – precisa Fruganti – ha sostituito il sistema delle liste e ha ridotto l’influenza dei partiti politici nella scelta dei candidati.

Secondo Fruganti, dunque le controverse elezioni dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo in Tunisia rischiano di produrre un parlamento destinato a essere  un organo meramente consultivo privato della funzione legislativa e di controllo sull’azione del governo e del presidente. Il ricercatore dell’ISPI chiarisce che ad oggi è difficile prevedere quali saranno gli equilibri politici interni al Paese all’indomani del voto, per poi affermare che di fronte alla possibilità di una deriva autoritaria, è verosimile che la tenuta del presidente Saïed, e più in generale il futuro della Tunisia stessa, si giocheranno sulla capacità della leadership tunisina di offrire alla popolazione risposte adeguate soprattutto sul piano economico.

L’economia tra inflazione e Fondo monetario

“Il ritardo nel raggiungimento dell’approvazione finale in favore della Tunisia di un nuovo programma del Fondo monetario internazionale (Fmi) rischia di aggravare una posizione d finanziamento già difficile e di erodere le riserve di valuta estera”. E’ quanto ha affermato oggi l’agenzia internazionale di rating Moody’s in una nota, a seguito della notizia del rinvio a gennaio della richiesta di esame definitivo del dossier tunisino già fissato per il 19 dicembre, aggiungendo che tale “circostanza aumenterà anche il rischio di declassamento del rating sovrano della Tunisia, che attualmente è Caa1 e in fase di revisione per il declassamento”. Nel Paese scarseggiano beni primari come farina, latte, riso e zucchero, per non parlare delle lunghe file ai benzinai. L’inflazione, che sfiora il 10 per cento, mette a dura prova i bilanci delle famiglie. Afflitta da un debito superiore al 100 per cento del Pil e impossibilitata a indebitarsi oltre sui mercati internazionali, dopo lunghi e difficili mesi di negoziato la Tunisia ha raggiunto un accordo con il Fondo monetario internazionale per un prestito di circa due miliardi di dollari. Si tratta di circa la metà di quanto richiesto inizialmente e per ottenerlo comunque il Paese dovrà mettere in atto un programma di riforme che punta soprattutto ad una maggiore equità fiscale, tassando anche l’economia informale con tutti i problemi e le difficoltà che questo comporta. Il presidente ha accusato “gli speculatori” per i rincari e gli scaffali vuoti, ma molti lamentano il fatto che, dopo aver promesso così tanto, Saied si sia concentrato sui cambiamenti politici dimenticandosi di trovare soluzioni economiche ai loro bisogni più urgenti. Secondo Moody’s, la finalizzazione del bilancio 2023 – una probabile condizione per l’approvazione del Consiglio esecutivo dell’Fmi sull’accordo di sostegno finanziario – rimane in sospeso, così come una nuova legge sulle imprese statali.

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