Czerny: no a una narrativa negativa sui migranti

La responsabilità di agire per assicurare l’istruzione a rifugiati e sfollati e favorire la comprensione del fenomeno delle migrazioni al centro dell’intervento del cardinale prefetto del Dicastero per lo Sviluppo Umano all’incontro “Iniziative per l’istruzione di rifugiati e migranti” alla Gregoriana. Tra i partecipanti, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi

Fausta Speranza – Città del Vaticano

I governi, gli operatori, le comunità, la Chiesa hanno responsabilità complementari nell’obiettivo di assicurare un’istruzione di qualità a coloro che sono stati sradicati dalle proprie case: così il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per lo Sviluppo Umano, all’incontro internazionale intitolato “Iniziative per l’istruzione di rifugiati e migranti”, che si è aperto oggi alla Pontificia Università Gregoriana e che si concluderà giovedì 29 settembre con l’udienza dei partecipanti dal Papa. Nel sottotitolo, l’invito ad andare “in profondità” e “insieme”. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, interverrà al termine dei lavori il 28 pomeriggio. Tra gli interventi previsti nel pomeriggio della prima giornata, anche quello del  Direttore Internazionale del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, padre Thomas Smolich.

Si tratta di un dialogo tra rappresentanti del mondo accademico, di Ong, di agenzie internazionali che si occupano di migranti, rifugiati, sfollati, in particolare in relazione al tema scelto dell’istruzione e alla visione generale ispirata dai sottotitoli: “In movimento – Immersi – Insieme”. Nei vari workshop previsti intervengono anche rappresentanti di studenti e tra i temi affrontati c’è anche quello concreto dei contesti familiari.

Che significa dire “insieme”

Il cardinale Czerny ha iniziato e concluso il suo intervento soffermandosi sulla parola “insieme”, sottolineando che “solo attraverso sforzi congiunti possiamo realizzare e sostenere opere fondamentali di giustizia, compassione e dignità umana: restituire ai migranti e ai rifugiati ciò che hanno perso lasciando – fuggendo o dislocati con la forza – i loro luoghi di origine”. Serve, ricorda il prefetto, “una chiara missione e generosità di spirito” .

Ci sono “molte buone pratiche sviluppate da organizzazioni cattoliche che potrebbero e dovrebbero essere replicate”. Così il cardinale  ne ricorda alcune: fornendo istruzione attraverso le tecnologie e l’apprendimento a distanza;  le borse di studio per rifugiati e migranti che consentiranno loro di prosperare e crescere.

L’obiettivo comune

La finalità deve essere chiara: “Offrire a coloro che sono stati sradicati dalle loro case, l’opportunità di un’istruzione di qualità per diventare uomini e donne per gli altri, fratelli tutti, custodi della nostra casa comune”. Nel concreto, per “promuovere percorsi formativi che portino all’autosostentamento delle persone migranti”.

Lo scandalo di una narrativa negativa

Dalle parole del cardinale Czerny emerge l’importanza del contributo che proprio il mondo delle Università possono dare per una narrativa   intorno alle migrazioni diversa da quella negativa che troppo spesso si impone. E l’avvertimento è per tutti: “Non trascuriamo lo scandalo dell’ostilità nei confronti di rifugiati e migranti, può sorgere ovunque, anche nelle comunità cattoliche e accademiche di tutto il mondo”. Precisamente, citando l’Enciclica del Papa, il cardinale raccomanda “una valutazione sana e onesta delle cause profonde della migrazione forzata contemporanea, evidenziando le responsabilità dei paesi leader, controbilanciando una comprensione ristretta del bene comune e della giustizia distributiva, con nuove valutazioni etiche: il bene di tutta l’umanità, come in Fratelli tutti”.

Questione di risorse

Il quadro richiamato dal prefetto è essenziale: alcuni Paesi non hanno le risorse per fornire istruzione ai propri cittadini, tanto meno ai nuovi arrivati poveri. Altri Paesi, sebbene dotati di risorse migliori, adottano politiche che impediscono o ritardano l’accesso all’istruzione da parte dei nuovi arrivati. Altri erigono barriere finanziarie. Inoltre, i rifugiati di solito non hanno la libera circolazione necessaria per sfruttare le opportunità di formazione e istruzione. Il punto è che l’istruzione deve essere offerta in molti luoghi e circostanze: idealmente in istituzioni preposte, ma anche nei campi e in contesti urbani marginali, dove attualmente vive metà della popolazione rifugiata.

Strumenti utili già collaudati

Ci sono “molte buone pratiche sviluppate da organizzazioni cattoliche che potrebbero e dovrebbero essere replicate”. Così il cardinale  ne ricorda alcune: fornendo istruzione attraverso le tecnologie e l’apprendimento a distanza;  le borse di studio per rifugiati e migranti che consentiranno loro di prosperare e crescere.

Tra analisi e comprensione

Secondo il prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, è importante “affrontare i problemi non in un quadro deduttivo derivato da fonti dottrinali, ma attraverso un’analisi induttiva degli eventi”. Significa – chiarisce – “affidarsi veramente all’aiuto dello Spirito per individuare nuove strade e scelte coraggiose”. “L’educazione ridotta a mera istruzione tecnica, o mera trasmissione di informazioni, diventa un’educazione alienata e frammentata. Credere di poter trasmettere la conoscenza senza preoccuparsi della sua dimensione etica è essenzialmente abbandonare il compito di insegnare”.

La responsabilità di risposte adeguate

“Non esiste una soluzione univoca e universale alle difficoltà poste dalle realtà sociali odierne”: così il cardinale Czerny mette in luce tutto il valore dello studio e della ricerca continui che servono per trovare risposte adeguate alle complessità. E questo vale per “ogni comunità cristiana nel proprio specifico contesto”. Da qui, l’importanza di porsi alcuni interrogativi che il porporato presenta: “In che modo la tua ricerca contribuisce a vedere più profondamente e ampiamente? In che modo il tuo insegnamento incarna il giudicare ciò che vale la pena di trasmettere e come forma le coscienze ad affinare la loro capacità di giudicare? E qual è l’azione non solo di ricercatori e insegnanti, ma anche, ad esempio, di datori di lavoro e di difensori della società civile?”.

La fase chiave dell’istruzione secondaria

Le opportunità di lavorare, guadagnarsi da vivere ed essere autosufficienti sono i modi più efficaci per i rifugiati di ricostruire le proprie vite, sottolinea il capo Dicastero, citando il terzo slogan dell’incontro internazionale: ‘Scavando più a fondo’. Il punto essenziale è che “l’istruzione post-secondaria incoraggia lo sviluppo di un sostentamento sostenibile che non dipenda dagli aiuti umanitari”. Se il divario educativo tra i rifugiati e i loro coetanei della comunità ospitante mina l’integrazione dei bambini nella comunità locale, la situazione è particolarmente grave ai livelli di istruzione superiori. Oggi – ricorda il prefetto vaticano – solo il cinque per cento dei rifugiati ha accesso all’istruzione e alla formazione post-secondaria, nonostante che queste opportunità di apprendimento e istruzione siano essenziali per il loro successo.

Passi concreti tra titoli di studio e curricula

Un altro contributo importante può essere il riconoscimento reciproco delle qualifiche accademiche (non solo lo scambio dei titoli di studio) tra le università cattoliche come “modo concreto per responsabilizzare rifugiati e migranti”. Dunque, raccomanda il cardinale Czerny, “occorre riconoscere le competenze accademiche e professionali dei rifugiati e dei migranti, e ciò richiede un’adeguata valutazione nonché corsi di aggiornamento e riqualificazione”. Inoltre, è anche importante offrire corsi di formazione per agenti pastorali impegnati in diversi programmi rivolti a rifugiati e migranti;  altri programmi per preparare futuri decisori politici e dirigenti di governo, introducendo moduli su migrazione e asilo in vari curricula.

I fondamenti dell’insegnamento sociale cattolico

Preciso il richiamo all’insegnamento sociale cattolico che – dice il porporato – offre un quadro che può aiutare a esplorare, condividere idee e iniziare a lavorare insieme”. E cita le parole di Papa Francesco alla Conferenza Internazionale dei Dirigenti delle Università Cattoliche, il 4 novembre 2019: “Con la vostra apertura universale (proprio come universitas), potete fare in modo che l’Università Cattolica diventi un luogo dove soluzioni per il progresso civile e culturale per le singole persone e per l’umanità, improntate alla solidarietà, sono perseguite con perseveranza e professionalità. Puoi anche esaminare ciò che è contingente senza perdere di vista ciò che ha un valore più generale. Vecchi e nuovi problemi devono essere studiati nella loro specificità e immediatezza, ma sempre nella prospettiva della centralità della persona e in un’ottica globale”.

Un’ottica davvero internazionale

Il cardinale Czerny cita ancora espressioni di Papa Francesco alla Conferenza del 4 novembre di tre anni fa per ribadire che “l’approccio interdisciplinare, la cooperazione internazionale e la condivisione delle risorse sono elementi importanti che possono permettere all’universalità di tradursi in progetti condivisi e fruttuosi a favore dell’umanità, di tutti gli uomini e dell’ambiente in cui vivono e crescono”. L’obiettivo è fondamentale: “I frutti dello studio non siano acquisiti in modo autoreferenziale, concernente solo la formazione professionale, ma abbiano una finalità relazionale e sociale”.

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2022-09/istruzione-migranti-rifugiati-chiesa-governi-universita-czerny.html