La Croazia nell’Eurozona nel 2023: manca solo un ultimo voto

Parere favorevole della Commissione Ue su parametri e criteri economici della Croazia: il Paese che vent’anni fa era in guerra si avvia all’ingresso nell’area euro. Una tappa importante per l’allargamento ma non devono mancare ulteriori passi in avanti in tema di rafforzamento dell’eurozona e dell’Unione bancaria, come raccomanda l’economista Paolo Guerrieri chiedendo anche misure efficaci per evitare che l’inflazione penalizzi, come sempre, le fasce più deboli

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Il via libera formale e definitivo verrà dall’Ecofin il 12 luglio prossimo, ma è chiaro che nulla osta, dopo il pronunciamento, il 1 giugno, della Commissione europea all’ingresso della Croazia dal 1 gennaio 2023, nella zona euro. Sarà il ventesimo Paese Ue ad adottare la moneta unica. Un traguardo storico per una nazione che soltanto negli anni ’90 stava ancora vivendo gli orrori della guerra e un passo significativo per l’intera Ue. Stando al giudizio della Commissione europea, a nove anni dal suo ingresso nell’Unione, Zagabria ha le carte in regola per lasciare la kuna e adottare l’euro. Il Paese soddisfa oggi tutti e quattro i parametri di convergenza di Maastricht necessari: stabilità dei prezzi, sostenibilità delle finanze pubbliche, tasso di cambio, tassi di interesse a lungo termine.

Nell’Eurozona

La circolazione monetaria ha avuto inizio il 1 gennaio 2002 nei primi dodici Paesi che l’hanno adottata. Gli altri Stati aderenti ad oggi all’Unione economica e monetaria dell’Unione europea (Uem) sono Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna. Le ultime nazioni ad unirsi sono state la Lettonia e la Lituania, rispettivamente il 1 gennaio 2014 e il 1 gennaio 2015. La prossima new entry potrebbe essere, nel 2024, la Bulgaria.

Un simbolo per quasi mezzo miliardo di persone

Il complesso di questi Paesi, detto informalmente zona euro, o anche eurozona o eurolandia, interessa una popolazione di oltre 343 milioni di abitanti. Prendendo in considerazione anche quei Paesi terzi che utilizzano divise legate all’euro, la moneta unica interessa direttamente oltre 480 milioni di persone in tutto il mondo. Inoltre, è utilizzata anche in altri sei Stati europei: quattro microstati Andorra, Città del Vaticano, Principato di Monaco, San Marino, che hanno adottato l’euro in virtù delle preesistenti condizioni di unione monetaria con Paesi membri della UE. L’adozione invece da parte del Montenegro e del Kosovo è stata unilaterale.

Una tappa significativa

Si tratta di “un passo storico nel viaggio europeo” del Paese, ha sottolineato il commissario Ue per l’Economia, Paolo Gentiloni, che però ha parlato anche delle preoccupazioni che qualche cittadino croato potrebbe nutrire sull’inflazione. Del cammino fatto dalla Croazia, della sfida di rafforzare l’area euro e proprio dello spettro dell’inflazione abbiamo parlato con l’economista Paolo Guerrieri, docente in diversi atenei in Italia, Francia, Stati Uniti:

Un altro Paese nell’area euro – afferma Guerrieri – aiuta la competitività sul piano internazionale, in particolare su dollaro e su yuan cinese sempre più forti. Ricorda peraltro che era dal 2015 che non c’era nessun ingresso e dunque è particolarmente significativo anche a livello simbolico. L’economista, però, raccomanda di non dimenticare di rafforzare oltre che ampliare l’area euro.

Allargare ma anche completare l’Unione monetaria

In questi due decenni – riconosce Guerrieri – l’euro ha agevolato le attività commerciali in tutta Europa e oltre. Offre molti vantaggi ai cittadini tra cui la stabilità dei prezzi, una loro più facile comparazione che stimola la concorrenza tra imprese, una maggiore stabilità e crescita economica, una maggiore influenza sull’economia globale e maggiore integrazione tra i mercati finanziari. Di certo, prima dell’euro, la necessità di scambiare valute comportava una serie di costi aggiuntivi della cui assenza ha giovato l’attività imprenditoriale e di investimento nell’euro zona. Il punto è – sostiene – che si tratta di un processo ancora non portato a compimento: mancano passaggi dell’Unione monetaria da fare e mancano politiche fiscali. In generale – afferma –  mancano ancora pezzi della costruzione dell’Ue. Guerrieri raccomanda passi avanti citando anche l’Unione bancaria, per assicurare canali per creare ricchezza nell’ambito dell’economia reale.

In tema di inflazione

Guerrieri spiega che la stabilità dei prezzi è stata la sfida principale per la Croazia: l’andamento della sua inflazione nell’ultimo decennio è stato strettamente allineato con quello della zona euro. Su questo piano e per altri aspetti, riuscire a soddisfare i parametri europei è stata dunque una conquista per Zagabria, osserva l’economista. Una vittoria per la Croazia e per l’Ue. Poi si sofferma sulla questione inflazione: sta crescendo in Europa oltre le aspettative. Fa notare che il rischio viene dal fatto che non si tratta dell’effetto dell’aumento di domanda, che sarebbe gestibile con alcune politiche, ma del risultato dell’aumento di prezzi di materie prime. Ma il vero punto dolente – aggiunge Guerrieri – è che l’inflazione colpisce davvero le fasce medio basse. E dunque sarebbe giusto e opportuno che gli interventi non siano “a pioggia” ma mirati a sostenere alcune fasce sociali.

Un percorso non improvvisato

E’ nel giugno del 1988 che il Consiglio europeo assegnò il compito di elaborare un progetto per la progressiva realizzazione dell’Unione economica e monetaria ad un comitato composto dai governatori delle Banche centrali nazionali della allora Comunità europea. Tale comitato, presieduto dal francese Jacques Delors, elaborò il noto “Rapporto Delors” nel quale si proponeva l’attuazione dell’Uem in tre distinte fasi: la prima, a partire dal 1 luglio 1990, prevedeva la libera circolazione dei flussi di capitale tra gli Stati membri, mentre la seconda fase, successiva al Trattato di Maastricht del 1992, prevedeva la creazione dell’Istituto monetario europeo, Ime, teso a rafforzare la cooperazione tra le diverse banche centrali nazionali in modo da giungere ad una politica monetaria unica. La terza fase, invece, ebbe iniziò una volta fissati i tassi di cambio delle valute nazionali dei primi 12 Stati membri aderenti all’Unione monetaria e si realizzò con il progressivo passaggio alla moneta unica. I tassi di cambio vennero stabiliti dal Consiglio europeo in base al valore delle monete nazionali sul mercato al 31 dicembre 1988, in modo che un Ecu, l’unità di valuta europea, fosse pari a un euro. Dal 1 gennaio 1999, dunque, iniziò il periodo di transizione in cui l’euro, pur non essendo ancora ufficialmente in circolazione, poteva comunque essere adottato come ‘moneta scritturale’. Dal 1 gennaio 2002, invece, l’euro è entrato ufficialmente in circolazione anche se, fino al successivo 28 febbraio, affiancava le monete nazionali che vennero definitivamente sostituite solo il 1 marzo dello stesso anno.

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