Migranti, quattro morti al giorno da inizio anno nel Mediterraneo centrale

“Volti non numeri”: il Papa ricorda il dramma delle vittime dei viaggi dal Nord Africa verso l’Europa parlando di “naufragio di civiltà”. La guerra in Ucraina non ferma le partenze ma cambiano le rotte, spiega l’esperta di migrazioni Laura Terzera, docente alla Univesità Bicocca di Milano

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Sabato scorso al largo della Libia si è consumato l’ennesimo naufragio: quattro sopravvissuti su 90 persone. Tre settimane fa, 44 persone sono morte al largo del Marocco. I bilanci fatti prima di queste due ultime tragedie contavano già 299 migranti morti o dispersi dall’inizio dell’anno nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale. Nel 2021 c’è stata evidenza di 1.553 vittime.

Un naufragio di civiltà

Papa Francesco nel suo viaggio a Malta è tornato a ricordare la tragedia di un Mediterraneo che si fa sepolcro per tanti migranti in fuga da guerre, povertà, siccità. Ha messo in guardia dal “naufragio della civiltà”.

Dall’inizio dell’anno si contano più di quattro morti al giorno sulla rotta del Mediterraneo centrale. L’attacco russo all’Ucraina, iniziato il 24 febbraio scorso, ha provocato continue fughe in massa di civili verso i Paesi vicini, in primis la Polonia. Delle ripercussioni possibili sulle rotte dei migranti che lasciano i Paesi del Sahel abbiamo parlato con Laura Terzera, docente di Migrazioni internazionali all’Università Bicocca di Milano:

Una politica “più alta”

“Certamente le partenze non diminuiscono”, assicura Terzera. “Ci sono delle condizioni nel Sud del mondo che perdurano, che già abbiamo visto perdurare per anni. Sono tantissime le situazioni drammatiche che scatenano fughe nei Paesi confinanti  lo abbiamo visto per il caso della Siria e lo vediamo nel caso dello Yemen che è una guerra che dura da anni e anni”.

“È il perdurare di certi flussi – spiega la docente – che crea situazioni indubbiamente difficili da gestire anche se, come dice Papa Francesco, non può esserci un ‘naufragio di civiltà’, non ci si può girare dall’altra parte”. Secondo la professoressa, il punto è capire che c’è bisogno di “una politica ‘più alta’,  più organizzata, più cooperativa che vada oltre le logiche pur doverose della gestione dell’emergenza. È proprio questo – afferma – che ancora ad oggi non se ne vede”.

Dinamiche sempre nuove per i traffici di esseri umani

Le organizzazioni criminali che gestiscono i traffici – conferma Terzera – dimostrano molta flessibilità: sono pronte a individuare rotte più convenienti o più facili, sono pronte a riposizionare le traiettorie. In questa fase, considerando la guerra, “si comincia a vedere che i trafficanti cercano di evitare per i migranti che partono dall’Africa la rotta balcanica perché c’è l’esodo dall’Ucraina che in qualche modo interessa quel fronte”. Assistiamo e, secondo terzera, assisteremo nei prossimi mesi a una concentrazione di questo tipo di migranti più ad Ovest: ecco, ad esempio, il caso del naufragio al largo del Marocco, su una traiettoria appunto “occidentale” dell’Oceano. “Saranno sempre più interessate quelle rotte per mare che erano state un po’ abbandonate, soprattutto quelle nella parte dell’Oceano verso la penisola iberica. Non erano molto battute ma potrebbero essere più intensificate”. Ovviamente, spiega la docente, questo non significa che la rotta che passa per la Grecia, la Turchia non continui o non continuerà ad essere alimentata In definitiva, la professoressa Terzera raccomanda quello che definisce uno “sguardo lungo e alto” da parte della politica, in grado di considerare le problematiche per quello che sono e non lasciandosi influenzare da tanti fattori e interessi che possono entrare in gioco e minare l’unità che serve a livello di Paesi europei.

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