Davos: l’urgenza di una nuova visione sul lavoro

Vecchie e nuove povertà al centro della sfida per rilanciare l’economia al centro del Forum in Svizzera. La digitalizzazione e l’intelligenza artificiale sono promesse per il futuro su cui investire tutelando l’ambiente, ma non si possono lasciare indietro i lavoratori poco specializzati. Gli strumenti per trasformare il mondo dell’impiego senza stritolare le fasce più deboli ci sono, secondo l’economista Paolo Guerrieri

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Il futuro del lavoro poco specializzato è sempre più minacciato dalla digitalizzazione, mentre il mondo corre per la rivoluzione dell’intelligenza artificiale. In mancanza di correttivi seri, la prospettiva – è quanto emerso dal Forum di Davos –  può essere quella di sempre maggiori disuguaglianze. Inoltre, non si può dimenticare il momento storico segnato dalla pandemia, una battaglia ancora da vincere.

Potenzialità e sfide delle nuove tecnologie

Al Forum è stata lanciata la Global AI Action Alliance (Gaia), una sorta di alleanza per l’intelligenza artificiale, una rivoluzione che, è stato sottolineato, può contribuire all’economia globale con oltre 15mila miliardi di dollari entro il 2030, migliorando così le vite di miliardi di persone. Il rischio, se non si procederà responsabilmente, è già sotto gli occhi di tutti: fake e algoritmi sempre più pervasivi al punto di manipolare consumi e scelte politiche. Di fronte alla sfida colossale di accelerare l’adozione dell’intelligenza artificiale “nell’interesse pubblico globale”, l’Alleanza Gaia riunisce oltre 100 aziende, governi, organizzazioni della società civile e mondo accademico. Sono poi i dati e le enormi opportunità che offrono, dal contrasto alla pandemia fino al mercato del lavoro, ad aver occupato un buon numero di dibattiti alla Davos virtuale: l’organizzazione ha lanciato iniziative per l’emancipazione della società sul fronte dei dati e nell’approccio con una nuova mentalità alla protezione della privacy, che ad oggi viene ‘regalata’ dai cittadini in cambio di accesso alle piattaforme online.

Il rischio di sempre nuove disuguaglianze

Nell’emergenza della pandemia – come ha detto tra l’altro ieri il cardinale Turkson intervenendo al World Economic Forum –  la necessità del vaccino per tutti deve farci riflettere sull’urgenza di pensare la globalizzazione come un’attenzione globale.

A quello dell’intelligenza artificiale è intrecciato il tema del lavoro che resta e deve restare il primo terreno di azione per un possibile rilancio, così come auspicato in questa edizione 2021 del Forum di Davos. Un’iniziativa che si tiene dal 1970 e che quest’anno per la prima volta si è svolta in modalità digitale. La situazione è sempre peggiore per il lavoro scarsamente specializzato, travolto dai processi imperanti dell’automazione.

La ferita permanente

Da parte sua, il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurrìa, ha dichiarato che “la risposta non possono che essere politiche macroeconomiche di stimolo, meccanismi di sostegno all’occupazione come il kurzarbeit tedesco, e la formazione dei lavoratori”.  Jonas Prising, Ceo di Manpower ha chiesto che la politica prenda davvero sul serio la ‘bomba sociale’ che rischia di innescarsi con l’impatto della digitalizzazione su professioni a scarsa specializzazione nell’ambito del commercio, del turismo, dei servizi. Gurrìa ha ricordato che “la quota dei lavoratori altamente specializzati è balzata in vent’anni, nell’area Ocse, del 35 per cento mentre i lavoratori a bassa preparazione, nei settori indicati prima, “hanno visto perdite di posti di lavoro, le retribuzioni stagnare o addirittura ridursi”. Il rischio della pandemia, ha detto Gurrìa, è che creino una “ferita permanente” allontanando a lungo i lavoratori dall’impiego e allontanando quindi ulteriormente la loro capacità di rientrare nel mondo del lavoro.

Il rischio delle disuguaglianze

Il mondo non può permettersi di vedere aumentare le già dolorosissime e potenzialmente esplosive disuguaglianze. L’urgenza di rivolgere un’attenzione diversa alle persone viene dalla Chiesa ma, a ben guardare, viene anche da considerazioni politico-economiche, come ci spiega l’economista, docente in diversi atenei internazionali, Paolo Guerrieri:

Guerrieri conferma la tendenza a mortificare posti di lavoro e lavoratori non specializzati, con tutti i rischi di ulteriori polarizzazioni sociali. Spiega che, se nella prima ondata di pandemia, la crisi e l’accelerazione tecnologica hanno contribuito a tagliare molti posti dell’industria manufatturiera, in questa seconda ondata i rischi sono molto alti anche per il settore dei servizi. E a pagarne il prezzo sarebbe tutta la società.

Non mancano gli strumenti per un’azione concreta

L’economista Guerrieri spiega anche che gli strumenti di contrasto, per esempio cominciando dalla formazione, ci sono. Finora è stato messo in campo troppo poco. E avverte: siamo in ritardo. Va fatto di più. Il punto è che ci sono situazioni o Paesi che dimostrano che le formule ci sono e sarebbero applicabili. E’ una questione di volontà e di applicazione. Guerrieri cita l’esempio di un Paese in cui molto è stato fatto per i lavoratori poco specializzati: è il Canada, in particolare nella regione dell’Ontario. Da tempo sono state prese misure per riqualificare lavoratori destinati a perdere l’impiego per via della digitalizzazione. A proposito degli interventi di questa settimana, Guerrieri poi ricorda quello del presidente cinese Xi Jinping e della cancelliera tedesca Merkel, sottolineando che, dopo la fase dell’amministrazione Trump, si parla di ripresa del multilateralismo, anche se restano sempre questioni da chiarire in base ai temi trattati. Guerrieri sottolinea che al momento l’approccio auspicato sia dalla Merkel che da Xi è quello di evitare la contrapposizione di due blocchi e una guerra commerciale. Un approccio condiso anche dal nuovo presidente degli Stati Uniti Biden

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