Le prospettive del negoziato in Libia

Papa Francesco ha riportato l’attenzione sulla Libia con il suo appello, all’Angelus, per i colloqui di pace e il suo pensiero ai pescatori dei pescherecci sequestrati dal 1 settembre. Il momento sembra favorevole per un’intesa tra le parti nel Paese nordafricano diviso di fatto sul terreno, come spiega lo studioso di relazioni internazionali Massimo De Leonardis

Fausta Speranza – Città del Vaticano

In Libia si dialoga e il Papa ha avuto parole di incoraggiamento dopo la preghiera mariana di domenica 18 ottobre. Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, in visita in Italia due settimane fa ha espresso ottimismo per i miglioramenti raggiunti sul campo tra gli attori della scena libica, confermando che gli Stati Uniti sostengono l’iniziativa del cancelliere Angela Merkel per i colloqui del Comitato militare congiunto libico (5 + 5), uno dei binari principali del cosiddetto processo di Berlino. Delle prospettive di accordo sotto l’ombrello delle Nazioni Unite abbiamo parlato con Massimo De Leonardis, docente di relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore:

Il professor De Leonardis spiega che l’obiettivo al momento sarebbe confermare il cessate il fuoco per avviarsi verso elezioni per un governo di vera unità nazionale. Dall’uccisione di Gheddafi, il 20 ottobre del 2011, sono andate contrapponendosi due parti: l’autorità è stata affidata al governo di accordo nazionale, voluto dall’Onu con l’intesa di Skhirat e sostenuto, almeno sulla carta, dalla comunità internazionale, sotto il comando dell’ex ingegnere civile Fayez al-Serraj, con sede a Tripoli. A Bengasi fa base il maresciallo Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, ma poi c’è un complesso intreccio di alleanze e attori, fra tribù, milizie e interessi stranieri. Ogni tentativo di unire il Paese con la diplomazia finora è franato. Ma a questo punto è chiaro che nessuna delle due parti ha la forza militare per prevalere e dunque dovrebbero essere pronte a negoziare. A poco sono servite la Conferenza di Palermo del novembre scorso e il successivo summit di Dubai del 27 febbraio, dove i due principali contendenti si erano promessi di lavorare per elezioni nazionali che potessero dare al Paese una guida legittima. Ora – sottolinea De Leonardis – sembrano esserci le condizioni per un dialogo interno, ma si spera anche che ci sia l’opportuno contesto internazionale per favorire una reale intesa. A proposito della questione sequestri, De Leonardis ricorda che dal 1° settembre, i pescherecci “Antartide” e “Medinea” sono sotto il controllo delle forze che fanno capo al generale Haftar, insieme con i 18 membri degli equipaggi bloccati a 35 miglia dalle coste di Bengasi. L’iniziativa è giustificata ufficialmente dal fatto che il Paese considera parte del suo territorio anche uno spazio marino oltre le 70 miglia nautiche dalle coste. De Leonardis ricorda però che potrebbe anche essere una misura presa per fare pressione sull’Italia.

da Vatican NEWS del 19 ottobre 2020