Ue: urgenza dell’accordo sul Recovery Fund

Il cancelliere tedesco, signora Angela Merkel, torna a sollecitare un negoziato veloce in Europa sui provvedimenti economici per far fronte alla crisi determinata dalla pandemia, riassunti nel cosiddetto Recovery fund. Dopo la conferenza stampa, ieri, con Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ribadisce oggi che “la strada è dissestata e servirà molta disponibilità al compromesso”, in vista del Consiglio Europeo del 17 luglio prossimo. Con noi lo studioso Giorgio Banchieri

Fausta Speranza

“Deve esserci comunque per questa estate un accordo, non so immaginare un’altra variante”: con queste parole il cancelliere tedesco, Angela Merkel, nel corso della sua prima conferenza stampa nella veste di presidente di turno dell’Ue, ha ribadito ieri la determinazione a “raggiungere un accordo rapido e ambizioso sul piano di rilancio europeo”, parlando di “massima priorità dell’Ue per le prossime settimane”.  Le ha fatto eco il presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen.

La proposta del Consiglio Europeo

Charles Michel, il presidente del Consiglio Europeo, dopo il suo primo giro di consultazioni con un colloquio con il presidente francese, Emmanuel Macron, ha fatto sapere che nella seconda metà della prossima settimana  presenterà il cosiddetto negobox, cioè una proposta in cui, secondo indiscrezioni di stampa, confermerà lo stanziamento di 750 miliardi proposto dalla Commissione per il piano NextgenerationEu (il Recovery fund) e ridurrà di qualche decina di miliardi, rispetto ai 1.094 dello scorso febbraio, la dotazione del bilancio pluriennale 2021-2027 (tecnicamente chiamato Quadro finanziario pluriennale, Qfp). Quest’ultima mossa vorrebbe dare soddisfazione al gruppo dei cosiddetti Paesi “frugali” (Olanda, Austria, Danimarca e Svezia). Così come in favore dei quattro più forti oppositori dei trasferimenti a fondo perduto gioca l’idea di confermare loro i rebates, cioè gli sconti sul bilancio Ue. Novità dovrebbero arrivare  anche sul fronte dei criteri di allocazione dei fondi europei previsti per sostenere la ripresa. L’idea è quella di dividere il totale in due tranche. Per la ripartizione della prima, pari al 70 % del totale, saranno presi come riferimento il Pil e il tasso di disoccupazione degli ultimi anni passati. Per la seconda, nel 2022 si prenderanno come riferimento i dati del 2020 e 2021, numeri che – spiegano gli addetti ai lavori – certificheranno non solo l’impatto dell’emergenza Covid-19, ma anche quello della Brexit. Resta tra le altre un’incognita a proposito di un’intesa sulle quote di fondi destinati ai prestiti e ai trasferimenti, ora pari rispettivamente a 250 e 500 miliardi di euro. Un argomento che sembra tra i più ostici per il primo ministro olandese, Mark Rutte.

L’impegno della Commissione e Europarlamento

La Presidente von der Leyen ha deciso di attivare l’art.324 del Trattato, che prevede di convocare, su iniziativa della Commissione, incontri tra i presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione nell’ambito delle procedure di bilancio. Nel frattempo la Conferenza dei presidenti dei gruppi politici è chiamata a negoziare i termini per un accordo ambizioso. L’obiettivo è proprio quello di stabilire il punto di vista di Commissione ed Europarlamento prima della riunione del Consiglio Europeo del 17/18 luglio. Questo consentirà ai capi di Stato e di Governo di avere chiare le condizioni irrinunciabili del Parlamento per poter esprimere un voto favorevole”.  In definitiva, nei prossimi giorni, l’attività negoziale e diplomatica, finalizzata al raggiungimento di un’intesa, deve registrare un’ulteriore accelerazione. Degli obiettivi, delle prospettive di accordo e compromesso abbiamo parlato con Giorgio Banchieri, docente di Scienze Sociali e di Economia all’Università Luiss:

Lo studioso Banchieri, che innazitutto spiega i due piani di discussione – il Recovery Fund e il Bilancio – afferma che il margine di compromesso tra Paesi del Sud Europa, con l’Italia in prima linea, e i Paesi del Nord, in primis l’Olanda, c’è. L’importante, a suo avviso, è che l’Italia in particolare possa accogliere le richieste che arrivano per colmare alcune lacune strutturali, come i problemi della burocrazia e le lungaggini della giustizia, che rendono difficile agli investitori credere che le risorse fornite possano servire a rilanciare il Paese.

da Vatican NEWS del 3 luglio 2020