Sempre più vittime della tratta

Per il grande ospedaliere dell’Ordine di Malta i bambini sono la “merce” che vale di più

La tratta di esseri umani è un dramma che affligge oltre 40 milioni di persone in tutto il mondo ed è un fenomeno in crescita. È quanto emerge in occasione della Giornata mondiale dell’Onu contro il traffico di esseri umani che si celebra domani 30 luglio. Ad attestarlo è il «Global Report on Trafficking in Persons», lo studio dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) che lo scorso anno ha raccolto dati provenienti da 142 paesi. Un’analisi che l’Unodc svolge da oltre dieci anni e che non lascia spazio a dubbi: aumentano le vittime e i paesi coinvolti. Le donne sono oggetto di tratta soprattutto per motivi sessuali: schiave del ventunesimo secolo, imprigionate da catene spesso invisibili, fatte di minacce, di violenze, di paure, di miserie. Gli uomini cadono soprattutto nella rete dello sfruttamento lavorativo, procurando agli aguzzini — sono dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) — un profitto di 150 miliardi di dollari all’anno. I bambini spesso sono atrocemente protagonisti nel traffico di organi. Secondo i dati del Counter-Trafficking Data Collaborative, gestito dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom), nel 2019 il fenomeno riguarda più di 91.000 casi afferenti a 169 paesi. A febbraio scorso, in occasione della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani, Papa Francesco ha raccolto in Vaticano esponenti di spicco di diverse religioni e di altre confessioni cristiane, per la firma di una dichiarazione congiunta contro la“moderna schiavitù”. Ha richiamato tutti a sottoscrivere il seguente impegno: «Dichiariamo in nome di tutte e di ciascuna delle nostre fedi che la schiavitù moderna, in termini di traffico di esseri umani, di lavoro forzato, di prostituzione, di sfruttamento di organi, è un crimine contro l’umanità». Da sempre e in particolare negli ultimi anni, l’Ordine di Malta è impegnato a contrastare questa terribile piaga. «Il fenomeno è molto preoccupante: le bande criminali che si dedicano a questo odioso business sono in aumento», avverte il grande ospedaliere dell’Ordine di Malta, Dominique de La Rochefoucauld-Montbel, da oltre cinque anni responsabile dei progetti medico-sociali dell’Ordine in 120 paesi del mondo. Abbiamo incontrato il grande ospedaliere in questi giorni a Roma e ha confermato che «i bambini sono “la merce” che vale di più sul mercato: molte famiglie sono disposte a pagare cifre esose per garantire un futuro migliore ai propri figli, mettendoli in mano a trafficanti senza scrupoli per portarli lontano da guerre e povertà». Al tempo stesso — aggiunge — sono le bande di trafficanti che, approfittando di povertà e miseria, sottraggono i figli alle loro famiglie in cambio di denaro. Un vero e proprio impegno sul campo per l’Ordine di Malta, che assiste sfollati e migranti in circa 30 paesi nel mondo ed è proprio lì che si imbatte nella tratta di esseri umani. Tra il 2015 e il 2016 era presente sulla rotta balcanica e poi ha concentrato il suo impegno nei centri che hanno ospitato le persone transitate su quel percorso. Due esempi: ha prestato assistenza a 70.000 persone in 160 centri in Germania, a 20.000 rifugiati in 200 centri in Ungheria. E poi ci sono 10 team che prestano assistenza nel Mediterraneo, così come decine di altri nell’America centrale, a Panamá, in Costa Rica e non solo. La testimonianza si fa dolorosa quando il grande ospedaliere racconta: «Oltre a tutto il resto, abbiamo visto persone con cicatrici che evidenziano il traffico di organi». La scommessa di essere accanto a chi soffre è sempre la stessa, ma il grande ospedaliere ci spiega che ora l’Ordine sta promuovendo più progetti che vanno nella direzione della prevenzione: lavorare per aiutare le persone in difficoltà a restare nei loro paesi, evitando drammatiche esposizioni alla tratta. Solo un esempio di successo estremamente significativo: nel nord dell’Uganda l’aver portato la logistica necessaria per lo sfruttamento dell’energia solare ha ridato possibilità di vita sul loro territorio a 100.000 persone. Lo stesso vale per villaggi del Sud Sudan o del Congo dove hanno assicurato acqua potabile, o per il Benin dove l’Ordine ha portato un ospedale che serve 5000 famiglie, che prima in caso di malattie dovevano raggiungere luoghi di cura lontani. E poi ci sono progetti per la scolarizzazione e la formazione al lavoro. Il Sovrano militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta affronta calamità naturali e conseguenze dei conflitti armati. Conta 13.500 membri, 80.000 volontari, coadiuvati da oltre 42.000 tra medici, infermieri e ausiliari paramedici. Un punto di vista qualificato per la seguente riflessione: «Nei periodi di crisi certe zone entrano sotto i riflettori, ma dopo la risoluzione di questa crisi vengono dimenticate. A chi davvero interessa? Ma le storie di successo, sebbene ce ne siano moltissime da raccontare, non sono così “vendibili” quanto quelle riportate dai reporter nelle zone di crisi». Significativi alcuni esempi: Dominique de La Rochefoucauld-Montbel ha menzionato il centro Bakhita, una casa di accoglienza per donne vittime di tratta, inaugurato nel mese di marzo, a Lagos, in Nigeria,uno dei paesi maggiormente coinvolti nella tratta di uomini e donne in quanto luogo di partenza, di transito e di destinazione. Il centro, oltre a offrire alloggio e sostegno psicologico alle vittime, organizza percorsi lavorativi per agevolare il reinserimento delle vittime nella società. Oltre al dramma dello sfruttamento, queste donne vivono spesso anche il trauma rappresentato dal rigetto da parte delle famiglie e della comunità. Il grande ospedaliere ci ha annunciato il prossimo appuntamento nell’ambito dell’impegno a livello diplomatico: il prossimo 8 ottobre, l’Ordine di Malta organizzerà una conferenza a Parigi in cui verranno ascoltate anche le testimonianze di donne vittime di sfruttamento. Si vuole affinare le politiche di sostegno e di protezione delle vittime in Europa e mettere in luce gli accordi intergovernativi tra Francia e Nigeria in tema di tratta per individuare le “best practices”. L’obiettivo generale resta quello di rafforzare la collaborazione con le organizzazioni locali impegnate sul fronte della lotta alla tratta e le agenzie umanitarie.

La rotta dall’Africa all’Europa

Per le organizzazioni criminali africane la tratta di esseri umani è diventato il business centrale anche se resta ancora sottostimato. Dalle armi alla droga, dal contrabbando del petrolio a quello dei medicinali contraffatti, fino alle truffe online: il campo degli interessi illeciti è vasto, ma, secondo l’ultimo report del Centro studi internazionali, pubblicato in primavera, il traffico di esseri umani è il “mercato” del presente e del futuro perché la richiesta di viaggi dall’Africa all’Europa è cresciuta e ci si aspetta che aumenterà ancora nei prossimi anni per via di fattori demografici ed economici.

Chi non riuscirà a muoversi legalmente, andrà a ingrossare il portafoglio dei trafficanti. Donne e uomini disperati che fuggono dai conflitti, dalla crisi economica, e anche dal riscaldamento globale che inaridisce le terre. Una miseria su cui far leva per accrescere la propria forza lavoro.

Dal trasporto allo sfruttamento di esseri umani: la criminalità organizzata africana cura ogni aspetto della tratta: reclutamento dei potenziali migranti, canali di spaccio di droga o percorsi di avvio alla prostituzione, passando per il trasporto. La traversata comincia via terra: ci si muove dai luoghi di origine verso le coste nord-africane, passando attraverso i paesi della fascia del Sahel. Qui sono i dintorni della città di Agadez, in Niger, a fare da punto di snodo.

Dal rapporto si evidenzia che il problema è sottostimato, considerando che i riflettori si sono concentrati soprattutto sul terrorismo e, in particolar modo, sul jihadismo. Coni d’ombra che hanno fatto la fortuna dei gruppi criminali, consentendo loro di crescere e rafforzarsi, fino a diventare un «fenomeno territoriale ascendente, molto più vasto del terrorismo e in grado di muovere maggiori capitali nonché di accedere a molti più mercati illeciti», come si legge nel report. Alcune “confraternite”, questo il nome con cui sono conosciute le mafie africane, riescono ad avere un giro di affari superiore a quello di intere regioni del continente. La loro portata è globale e va ad abbracciare l’Africa, l’America, e l’Europa.

L’organizzazione è capillare. Basti pensare ai trafficanti che, riuniti in un cartello chiamato Bureau des passeurs (ufficio dei contrabbandieri), dispongono di intere flotte di pick-up e fuoristrada, ma soprattutto di “burocrazie informali”. Le alleanze con la camorra, la ‘ndrangheta e i colletti bianchi in Italia, territorio appena al di là del Mediterraneo fanno il resto.

Per avere un’idea di grandezza del fenomeno che riguarda l’Africa, basta ricordare le cifre degli sbarchi: nonostante i flussi migratori si siano progressivamente ridotti negli ultimi anni, la rotta del Mediterraneo centrale rimane una delle direttrici preferite per l’immigrazione, regolare ma, soprattutto, irregolare, dai paesi sub-sahariani e, più in generale, dall’Africa continentale. Secondo i dati dell’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu, fino a metà luglio 2019 sono stati oltre trentamila quelli registrati in Europa, dei quali più di tremila in Italia, più di quindicimila in Grecia e quasi dodicimila in Spagna. E con l’immigrazione irregolare rimane costante la violazione dei diritti umani.

L’Osservatore Romano, 29 luglio 2019