Osservatore Romano

Un paese in bilico tra i paradossi
Ombre e luci in un libro di Fausta Speranza

di Giulia Galeotti

 «Mi piacciono i personaggi che hanno una forte volontà di camminare sull’orlo della vita, senza cadere»: queste parole di Guillermo Arriaga, scrittore e regista messicano, potrebbero essere la fotografia di un paese in bilico tra i paradossi. Il Messico, cuore delle più antiche civiltà della Mesoamerica, è infatti America latina sebbene si trovi geograficamente in America del nord; pur essendo flagellato da un grado di violenza paragonabile solo a uno scenario di guerra, è annualmente meta di ben 35 milioni di turisti provenienti da ogni angolo del mondo; e se dagli anni Novanta è in continua crescita economica, resta però un paese con zone estremamente eterogenee, paragonabili ora alla Germania, ora al Burundi.

Questi e molti altri paradossi sono indagati con attenzione da Fausta Speranza in Messico in bilico (Infinito Edizioni 2018), libro di difficile definizione a cavallo tra saggio storico e artistico, guida turistica-culturale e reportage giornalistico (non a caso il volume ha ricevuto la Menzione speciale Giornalismo d’inchiesta al premio Giustolisi 2018). Il risultato è un ritratto che ammalia il lettore, incuriosendolo sempre più pagina dopo pagina, facendolo «osservare il Messico per quel che è» (come scrive Lucio Caracciolo, direttore di «Limes», nell’introduzione). Se scopriamo così che il muro evocato da Trump ha il suo contraltare a sud dei confini nazionali — tra Messico e Guatemala («Sono in migliaia di centroamericani che ogni giorno attraversano la frontiera») —, dalle pagine di Speranza, giornalista della redazione esteri de «L’Osservatore Romano», veniamo però anche introdotti alle magie culturali e artistiche locali.

A cavallo tra area anglosassone e latina, il Messico è il punto nevralgico dei rapporti tra le due Americhe: a volte nel ruolo di ponte, in altri di spartiacque. È dunque solo in bilico che si può camminare per le sue strade, tra panorami mozzafiato, fenomeno migratorio paradigmatico e statistiche sulla criminalità. «Questo paradosso – scrive Speranza – va raccontato. Per farlo ci vogliono le persone che fanno i dati di questo paese». Perché l’autrice non si limita alla ricostruzione storica delle antiche vicende che hanno portato il Messico sin qui, ma è andata a incontrare il vissuto della popolazione. «Ci colpisce che i nostri testimoni siano tutte donne, più due ragazzi. Il muro di silenzio degli uomini è senza brecce. Un uomo che accetta di mostrarci la sua pancia rovinata da cicatrici, permettendo anche una foto, ci riferisce del suo bel cammino di rinascita alla speranza e alla vita, della fede che lo ha sostenuto in decine e decine di operazioni difficili e dolorose. Ci racconta la sua scommessa di tornare a sorridere a sua moglie e alle sue figlie. Ma di quello che è accaduto non riesce a dire nulla».

Il paese più a sud dell’America del Nord vive del resto in bilico tra due date cruciali. Il 26 settembre e il 12 dicembre. L’ombra e la luce.

Il 26 settembre è la data simbolo delle sparizioni forzate: in quella notte del 2014 a Iguala, nello stato di Guerrero, 43 studenti della scuola rurale di Ayotzinapa scomparvero nel nulla. In terra rimasero 6 morti e 40 feriti. L’episodio è divenuto il simbolo dell’impotenza dinnanzi al dramma dei desaparecidos. I dati davvero non fanno sconti. Ogni ora in Messico viene uccisa una persona: la più silenziosa guerra civile del xxi secolo, nota Speranza. Nella tristemente celebre Ciudad Juarez, nel nord del paese, ogni due giorni scompaiono 3 donne: rapite, torturate, stuprate, uccise. Delitti che nel 97 per cento dei casi rimangono senza colpevoli. È quella Ciudad Juarez dove Papa Francesco ha celebrato la messa nel febbraio 2016: monsignor Blanco, vicario episcopale locale, racconta a Speranza che proprio di fronte al luogo della funzione, dopo la partenza di Francesco si è cominciato a costruire una chiesa e un centro pastorale (si chiamerà “Il punto”) al servizio di migranti, donne e minori.

Cartelli della droga e microcriminalità hanno dunque dichiarato guerra a quella parte della Chiesa che denuncia interessi criminali: le vittime, ree di aver parlato troppo di liberazione delle coscienze, sono preti con un significativo radicamento territoriale, attivi nel denunciare e condannare la criminalità endemica, impegnati nel sociale con progetti di promozione umana e in grado di organizzare e dar voce alle proteste. Persone — rimarca Speranza — uccise non in quanto sacerdoti, ma perché fedeli al loro ministero.

Tra tutte le storie del libro, colpisce quella di Vidal, madre di tre figli, sopravvissuta a un mese durante il quale, giorno dopo giorno, si è vista lasciare sulla porta di casa pezzi del cadavere del marito: prima pene e testicoli, poi mani e piedi, quindi via via il resto, fino alla consegna della testa. «Quante volte si può uccidere un uomo e quante volte si può torturare una donna. E a quale livello — commenta Speranza — possono arrivare la perversa teatralità, il desiderio di spettacolarizzazione e la voglia malata di inculcare terrore».

Dopo tanta ombra, la luce. È la data del 12 dicembre, giorno dedicato a Nostra Signora di Guadalupe, la cui celeberrima raffigurazione ha le sembianze di una giovane meticcia. Il Messico, appunto: Repubblica federale composta da 31 stati, pervasa da una religiosità profonda (il 93 per cento della popolazione si professa cattolico, anche se i rapporti diplomatici con la Santa Sede sono stati inesistenti fino al 1992). I tre secoli di dominazione spagnola (1525-1821) l’hanno plasmata come nazione latina, ispanica, cattolica e meticcia così come la incontriamo oggi: l’influsso di tutte queste anime è evidente ovunque. Dall’architettura alle festività, dalla religiosità alla gastronomia: la bellezza e il fascino del Messico «vengono proprio dalla mescolanza con elementi profondi delle radici precolombiane in tutti gli aspetti del vivere».

Tantissime dunque le ragioni che spiegano perché ogni anno, in uno dei paesi con il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco, arrivino milioni di turisti. Le sorprese, del resto, racconta Speranza, iniziano subito. Appena sbarcati a Città del Messico: «Chi si aspetta una città caotica e inquinata, come si poteva raccontare fino a qualche anno fa, resta completamente spiazzato».

L’Osservatore Romano, 12 giugno 2019