Gli appelli dei vescovi per il voto

Oltre 360 milioni di aventi diritto al voto, tra gli oltre 500 milioni di cittadini europei, sono chiamati a rinnovare direttamente il Parlamento europeo, che solo a partire dal Trattato di Lisbona del 2009 ha acquisito facoltà di codecisione su alcune materie con il Consiglio Ue, segnando così un passo avanti nell’equilibrio di poteri tra il Parlamento che rappresenta direttamente i cittadini e il Consiglio che raccoglie i capi di stato e di governo.

Il dibattito politico in campagna elettorale è stato segnato, in modo particolare in Italia ma anche altrove, da temi come le migrazioni, l’austerity, il cosiddetto sovranismo e si è parlato molto di un possibile exploit di partiti che si possono ritrovare sotto la definizione di estremisti o populisti. Stando ai risultati degli exit poll, in Olanda dove si temeva il boom di voti per l’estrema destra, il risultato sarebbe invece di un forte ridimensionamento. E in Irlanda si confermerebbe un testa a testa tra partiti moderati, con un aumento significativo di voti solo per i Verdi che passerebbero da meno del 2 per cento al 9 per cento. Ma si tratta per il momento solo di dichiarazioni di voto all’uscita dai seggi.

«Che queste elezioni possano costituire un Parlamento formato da uomini e donne scelti non per assicurare la vittoria di una parte rispetto a un’altra ma per lavorare insieme alla ricostruzione dei legami sociali tra tutte le componenti della nostra società europea e costruire il bene comune»: questa è la raccomandazione di padre Olivier Poquillon, segretario generale dell’altro organismo di vescovi europei: la Commissione degli episcopati dell’Ue (Comece), che precisamente riunisce i delegati delle conferenze episcopali dell’Unione.

«I vescovi europei credono fermamente nell’Europa unita» afferma il cardinale Bagnasco in un’intervista al quotidiano «Avvenire». «Per quanto riguarda sovranismi e populismi, come tutti gli ‘ismi’, rappresentano delle patologie», sostiene il cardinale arcivescovo di Genova, spiegando che «devono essere assolutamente curati ma non stroncati, perché stroncare è un metodo che lascia solo dei ‘morti’ e dei risentimenti». Nell’intervista Bagnasco sottolinea anche l’assenza di una vera politica migratoria europea: «Se pensiamo che nel 2050 la popolazione africana raddoppierà e arriverà almeno a due miliardi, l’Ue deve con lungimiranza fare una politica molto più ampia, che tenga presente queste prospettive, non per rinchiudersi in politiche difensive contro chissà quali invasori, ma per tener conto dei cambiamenti geopolitici».

Padre Olivier Poquillon, in un’intervista all’agenzia «Sir», invita a ridare un volto all’Europa: «L’Ue non è un insieme di edifici né una struttura amministrativa. È innanzitutto il mosaico di popoli che la compongono e che si impegnano insieme nel governo del loro destino comune». E aggiunge: «Il destino è comune che lo si voglia o meno». Il segretario generale della Comece intravede «periodi difficili da vivere», ma sottolinea la chiamata a «costruire insieme, pezzo per pezzo, il futuro comune». «È questo il progetto europeo», conclude.

Sono molteplici in questi giorni anche gli appelli delle chiese dei diversi paesi. In particolare, i vescovi polacchi incoraggiano la partecipazione al voto ricordando, in un messaggio, «l’impegno personale di Papa Giovanni Paolo II, proclamato santo, per «un’Europa che respira con due polmoni», cioè l’ovest e l’est.

L’Osservatore Romano, 26 maggio 2019