I cristiani e l’E u r o p a

Valori e luoghi d’Europa

di  Fausta Speranza

«Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà?».

È l’interrogativo sollevato da Papa Francesco prima dell’incoraggiamento a ritrovare «uno slancio nuovo e coraggioso per questo amato Continente». L’occasione era il Premio Carlo Magno, conferitogli il 6 maggio 2016, ma queste parole, a poche settimane dal voto europeo, rappresentano un monito importante per ricordare le potenzialità della famiglia di popoli del vecchio continente.

 Il filosofo Dario Antiseri ha raccolto queste e altre sollecitazioni più che mai attuali nel suo saggio intitolato L’Europa di Papa Francesco. I cristiani nell’Europa di oggi (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2019, pagine 54, euro 8). E, sempre in vista delle elezioni che si svolgeranno tra il 23 e il 26 maggio nei 28 paesi Ue, il giornalista e sociologo Pietro Pisarra ha raccolto in un volume le suggestioni dei luoghi che meglio rappresentano la ricchezza “umanistica”. Il libro si intitola Europa una mappa interiore, (Roma, Editrice Ave 2019, pagine 212, euro 18). In ogni caso, si tratta di preziosissima memoria collettiva. All’origine della civiltà europea si trova il cristianesimo — ricorda Antiseri nella premessa del suo breve ma incisivo libro — «senza il quale i valori occidentali di dignità, libertà e giustizia risultano per lo più incomprensibili». Il filosofo, dunque, invoca una «trasfusione di memoria», per ricordare che scienza e filosofia spiegano in modi diversi la realtà umana: la prima fornisce le ragioni scientifiche, l’altra dona voce ai problemi etici e religiosi della vita di ogni uomo. La «filosofia non salva», ricorda Antiseri citando Norberto Bobbio, ma pone grandi domande per fornire risposte a interrogativi che riguardano la «richiesta di senso per la nostra vita, la storia degli uomini, l’universo intero». Il libro si articola in tre parti: la prima è dedicata alla necessità che l’Europa riscopra il suo volto più autentico, attingendo alla sua storia. La seconda parte è una riflessione sistematica sulla prima enciclica di Papa Francesco Lumen fidei. Il terzo capitolo è una densa riflessione sul contributo della scuola economica francescana allo sviluppo della società moderna. Un aspetto strategico per comprendere la possibile prossima positiva parabola dell’Europa, se resta fedele innanzitutto ai valori della pace, del dialogo, della solidarietà sui quali è nata.

 Il cuore del volume è l’apologetica cristiana del filosofo e teologo Blaise Pascal che l’autore riprende per spiegare come la fede non sia l’esito di una dimostrazione scientifica ma — come ricorda Papa Francesco nella Lumen fidei — «un dono gratuito di Dio che chiede l’umiltà e il coraggio di fidarsi e affidarsi, per vedere il luminoso cammino dell’incontro tra Dio e gli uomini, la storia della salvezza». Si parla dell’Europa che Francesco ha definito «terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati», «madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli», che dopo i due conflitti mondiali «hanno saputo testimoniare all’umanità che un nuovo inizio era possibile». Papa Francesco ha ricordato che le ceneri delle macerie «non poterono estinguere la speranza e la ricerca dell’altro» e furono gettate «le fondamenta di un baluardo di pace, di un edificio costruito da Stati che non si sono uniti per imposizione, ma per la libera scelta del bene comune, rinunciando per sempre a fronteggiarsi». A  Dario Antiseri il merito di rilanciare il monito di Thomas Eliot: «Se è nel giusto Shelley a dire che noi tutti siamo greci, perché è stata la Grecia a passare all’Europa l’idea di razionalità come discussione critica, ha altrettanto ragione Benedetto Croce a sostenere che non possiamo non dirci cristiani» e — aggiunge Antiseri — «non possiamo non dirci europei». Ma lo sbocco dei popoli europei non deve essere il suicidio, avverte il filosofo. Suicidio che tanto servirebbe ad altre potenze internazionali, che infatti alimentano tante delle fake news circolanti. Anche qui sono illuminanti le parole di Papa Francesco: «Oggi abbiamo davanti agli occhi l’immagine di un’Europa ferita, per le tante prove del passato, ma anche per le crisi del presente, che non sembra più capace di fronteggiare con la vitalità ed energia di un tempo». Il riferimento è a quando l’Europa unita è stata sognata proprio come baluardo di pace e di civiltà, a metà del secolo scorso. Ne è nata una «famiglia di popoli diventata nel frattempo più ampia». Purtroppo però — ha avvertito Francesco — di recente «sembra sentire meno proprie le mura della casa comune, talvolta innalzate scostandosi dall’illuminato progetto architettato dai Padri». La considerazione è amara ma innegabile: «Quell’atmosfera di novità, quell’ardente desiderio di costruire l’unità paiono sempre più spenti». Eppure anche davanti a un’Europa «nonna, stanca e invecchiata, decaduta, che si va trincerando», il Papa si è detto «convinto che la rassegnazione e la stanchezza non appartengono all’anima» del continente. Da qui l’invito a «non accontentarsi  di ritocchi cosmetici o di compromessi tortuosi per correggere qualche trattato, ma a porre coraggiosamente basi nuove» per poter «affrontare con coraggio il complesso quadro multipolare dei nostri giorni, accettando con determinazione la sfida di “aggiornare” l’idea di Europa». In un momento di scossoni, attacchi e sfide alla costruzione europea, le considerazioni di Papa Francesco offrono una bussola. In ogni caso, nel dibattito restano incompiutezze e inadeguatezze della costruzione europea, ma il discorso può farsi consapevole e all’altezza delle urgenze dei popoli e può soprattutto rifarsi al concetto di bene comune. Questa dovrebbe essere la priorità, per politici che siano locali, nazionali, o sovranazionali. Antiseri, argomentando da filosofo, ci riporta a Benedetto Croce: «Il cristianesimo è stata la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuto [e] la ragione di ciò è che la rivoluzione cristiana operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale e, conferendo risalto all’intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fin allora era mancata all’umanità». «Oggi è facile attaccare l’Europa dei mille regolamenti», scrive Pisarra avvertendo che «non si possono dimenticare le opportunità, i progressi, i vantaggi derivati dalla caduta dei muri e delle frontiere». Il viaggio ideale proposto dal libro di Pisarra va da Patmos a Salamanca, da Praga a Parigi, e poi Lisbona, Berlino, Londra, Copenhagen, il Cammino di Santiago, alla riscoperta della letteratura e della spiritualità di capitali che hanno fatto la storia.

Senza il cristianesimo i valori occidentali di dignità, libertà e giustizia risultano incomprensibili

E le tappe ripercorse restituiscono flash della verità dell’Europa fatta, come scrive Pisarra, di «cristianesimo più illuminismo, universalismo cristiano e idea di tolleranza, diritti umani e razionalità scientifica». Un patrimonio che deve essere in grado di segnare il dibattito «spesso falsato da fake news e retorica nazionalista».Il pensiero va alla cosiddetta Linea Sacra, la linea ideale che da centinaia e centinaia di anni, in sintonia con il tramonto del sole nel giorno del solstizio di estate, per oltre duemila chilometri taglia l’Europa collegando sette monasteri. Rimanda all’invito dell’arcangelo Michele ai fedeli di perseverare sulla via retta e di difendere l’Europa stessa dal male. I siti sono sette: Skellig Michael (Irlanda), St Michael’s Mount (Gran Bretagna), Mont Saint Michel (Francia), la Sacra di San Michele (Piemonte, Italia), San Michele (Puglia,Italia), Monastero di San Michele (Grecia). I tre più importanti — ovvero Mont Saint Michel in Normandia, la Sacra di San Michele in Val di Susa e il Santuario di Monte Sant’Angelo nel Gargano — si trovano tutti alla stessa distanza fra di loro. L’unico a trovarsi fuori dall’Europa, ma facendo parte del proseguimento della Linea Sacra è il Monastero di Monte Carmelo, che si trova in Israele, luogo della nascita del Cristianesimo. Furono i monaci a salvare il patrimonio classico dai barbari e a far sorgere lo straordinario Occidente, con tutta la sua ricchezza di conoscenze, di scoperte, di bellezze, di lavoro, di civiltà. Dal seme delle abbazie è nata l’Europa cristiana e dall’Europa cristiana il sogno di una famiglia di popoli in pace.

L’Osservatore Romano, 18 maggio 2019