Dalle urne in Spagna molta incertezza

Psoe primo partito ma maggioranza difficile

di Fausta Speranza

Il Partido Socialista Obrero Español (Psoe) ha vinto le elezioni sfiorando il 29 per cento dei consensi e canta vittoria anche Vox, il partito di estrema destra che per la prima volta entra nel parlamento nazionale, con il 10,3. Solo tre anni fa aveva lo 0,3. In netta perdita il Partido Popular (Pp), che si ferma al 16,7. Buona l’affermazione del partito Esquerra  republicana (Erc), che guadagna 15 scranni. Per quanto riguarda l’affluenza è cresciuta del 9 per cento, in Catalogna del 17 percento. Il paese, però, si ritrova senza una maggioranza chiara per formare il prossimo governo. E il partito Erc potrebbe essere l’ago della bilancia nel rebus delle alleanze che si prospetta. Da parte sua, il leader socialista Pedro Sánchez ha affermato: «Abbiamo mandato un messaggio all’Europa e al resto del mondo: si può vincere l’autoritarismo e l’involuzione», e ha promesso poi un «governo pro europa».  Il Psoe torna a essere il primo partito (come era stato per 36 anni dal dopo Franco), ottenendo 123 seggi al Congreso de los deputados, che con il Senado forma le Cortes generales, il parlamento spagnolo. Per i popolari la sconfitta è storica: 65 seggi in parlamento rispetto ai 137 nel 2016. Il leader trentottenne Pablo Casado, nominato a luglio scorso, ha dovuto ammettere nella notte che «il risultato è molto negativo» e sottolineare la frammentazione della destra.  A proposito di altri elementi chiave a destra, a  Ciudadanos vengono riconosciuti 57 seggi, ben 25 in più rispetto a tre anni fa. E sono 24 quelli conquistati da Vox, che porta l’estrema destra nel parlamento nazionale dopo essere entrato per la prima volta a dicembre scorso in quello regionale dell’Andalusia. Per quanto riguarda la sinistra, l’alleanza Unidas Pomedos (Up) tra Podemos, Izquierda unida, Equo e altre formazioni si è contesa nella notte fino all’ultimo il terzo posto proprio con Ciudadanos, entrambe intorno al 15 per cento. Ma il dato più significativo sono i 42 seggi del partito Podemos, guidato da Pablo Iglesias. Sono quelli infatti che sicuramente si uniranno ai 123 dei socialisti. Il punto è che il Psoe e Podemos non raggiungono — per undici seggi — la soglia dei 176 sufficienti ad assicurare una maggioranza tra i 350 deputati, mentre avranno invece maggioranza assoluta al Senado, roccaforte in passato del Pp. Resta l’incognita di chi possa appoggiare Sánchez al governo. La folla dei sostenitori da Calle Ferraz a Madrid ha mandato un chiarissimo messaggio: «Con Rivera no!». Significa: nessuna intesa con la destra del Partido de la Ciudadanía —di cui Albert Rivera è leader dalla nascita nel 2006 — che a febbraio ha respinto la legge di bilancio facendo cadere il governo socialista di minoranza. Lo stesso Sánchez  ha ribadito la distanza ma ha anche affermato: «Non faremo come fanno altri, che mettono cordoni sanitari al partito». Il primo pensiero per un possibile appoggio va agli “indipendentisti”. Il partito Erc, legato al leader Oriol Junqueras, ha superato Junts per Catalunya, (JxCat), coalizione che fa riferimento all’ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont, che si è fermato a 7 seggi. Entrambi i leader sono sottoprocesso dopo la proclamazione dell’indipendenza della regione nel 2017. Resta l’evidenza della frammentazione politica. Dall’avvento alle Cortes di Podemos e Ciudadanos nel 2015, “forze anti-casta”,  si sono succeduti due governi di minoranza— uno popolare e uno socialista — e in quattro anni si è tornati tre volte alle urne. Ora il Psoe ha ottenuto una vittoria insperata ma la sfida di governare non sarà semplice.

L’Osservatore Romano, 30 aprile 2019