L’Annunciazione da anni è festa comune

Intervista con don Ivan Santus della Nunziatura apostolica

 di Fausta Speranza

L’Annunciazione in Libano si fa festa di fratellanza: da diversi anni, infatti, cristiani e musulmani si ritrovano uno accanto all’altro il 25 marzo.
Abbiamo chiesto a don Ivan Santus della Nunziatura apostolica in Libano di spiegare l’originalità, la genesi, il significato di questa gioiosa particolarità:
«In Libano si vive uno spirito di convivialità e di reciproca stima e rispetto tra le due religioni, nelle loro diverse forme e denominazioni. Tutto questo ha profonde radici storiche e culturali, che neppure i tragici avvenimenti della recente guerra civile (1975-90) sono riusciti a cancellare.
Non sono rari colloqui, conferenze, incontri a carattere interreligioso e ad ogni avvenimento di un certo rilievo, sia in ambito cristiano che musulmano, sono sempre invitati i rappresentanti delle rispettive comunità».
Come è nata l’iniziativa?
«Nel contesto di ex-allievi del prestigioso collegio dei Padri Gesuiti di Notre-Dame di Jamhour, in particolare per l’intuizione di un cattolico, Naji Khoury, ed un musulmano, Mohammad Nokkari, che hanno lanciato l’idea di riunire gli “ex” studenti del collegio (con presenza di tutte le componenti religiose) attorno alla Vergine Maria “Notre-Dame”, partendo dal ruolo che anche il Corano riconosce a Maria, ed invitando per l’occasione personalità di calibro internazionale per avviare dialoghi, incontri, anche preghiere. È stata vinta una iniziale diffidenza, sia da parte islamica, sia da parte cristiana: non si voleva infatti ingenerare confusione o “appiattimento”, perché la figura di Maria nel Vangelo e nel Corano, al di là delle somiglianze narrative, si differenzia sostanzialmente a partire dall’identità di Gesù».
Ci può dire qualcosa di più dello spirito con cui viene vissuta questa giornata
da parte musulmana?
«Basta ricordare le parole espresse da Mohammad Nokkari nel suo messaggio per l’occasione in cui sottolinea: “Oltre alla cittadinanza, siamo uniti dall’amore di una persona cara, eletta e pura, di una madre dolce, tenera e amorevole, nel rispetto delle nostre fedi. Non vi è alcuna offesa nel condividere questo amore che ci unisce. Non discuteremo le nostre differenze. Non c’è alcuna pratica religiosa musulmana o cristiana comune nel nostro incontro e non si inventa una nuova religione, dottrina o rito”. Nokkari, dunque, chiarisce che l’incontro diventa non una comune celebrazione religiosa ma una festa nazionale comune, che permette dei rapporti di conoscenza, che poi spesso vanno al di là della semplice formalità».

L’Osservatore Romano, 28 Marzo 2019