La Golden Coast, crocevia di interessi

Il Ghana, terra di antiche tratte di schiavitù, oggi è crocevia di interessi tra Africa, Usa, Europa, Cina. Tra mille contraddizioni e il rischio estremismo islamico. di Fausta Speranza

Gli articoli del dossier:

Donne, tutelate solo a parole
I cinesi e la corsa all’oro del Ghana
I piccoli schiavi che sostengono l’economia del Ghana
Ghana: Obloboshie, la discarica dell’Occidente
Ghana, quelle bare creative

Nell’Africa alle prese con l’emergenza Ebola, l’espandersi del fondamentalismo islamico e la nuova colonizzazione cinese, c’è un Paese che spicca per assenza di conflitti, sviluppo economico e legame con l’Occidente: è il Ghana, che, però, visitato da vicino si fa cartina tornasole di tragiche contraddizioni.

Il Ghana è diventato il centro logistico dell’Onu per portare avanti la battaglia contro l’epidemia di ebola in Africa occidentale. Accra è l’hub, il centro di smistamento, di tutte le forniture e gli aiuti alla regione subsahariana, in particolare quelli destinati ai paesi più colpiti come Liberia, Guinea, Nigeria e Sierra Leone.  Si sa bene che Accra ha ristretto di molto le misure sulle migrazioni, volendo evitare l’espandersi dell’epidemia, ma non si sa abbastanza sul numero di contagiati al suo interno. E soprattutto sui possibili effetti di questo isolamento.

Il Ghana mette in atto le più moderne policy dell’Onu sul genere femminile, ma perpetua forme vecchie e nuove di schiavitù. Segna una crescita del PIL del 7,5%, ma tollera un pericoloso livello di povertà nel nord musulmano. Vanta i media più indipendenti del continente, ma non racconta al mondo che si fa discarica dei materiali elettronici di Usa e Europa. Si gloria di non avere conflitti interetnici ma non combatte l’espandersi inquietante di sette protestanti che sfruttano l’ignoranza delle persone per fare soldi, come denuncia a Famiglia Cristiana il segretario generale della Conferenza Episcopale locale.

Nel cuore dell’Africa nera, sul Golfo di Guinea, il Ghana è stato il primo paese del continente che si è reso indipendente dopo secoli di colonizzazione del continente. Nel 1957 ha scelto l’autonomia rispetto alla Gran Bretagna e da allora ha attraversato decenni di pace. C’è stato nei primi anni il controllo stretto da parte della classe militare, un colpo di Stato, ma mai episodi cruenti. E piano piano il Paese dell’Africa occidentale si è incamminato in un percorso verso una forma sempre più compiuta di democrazia. Oggi al Ghana si riconosce un meccanismo di governo democratico, libere elezioni, e grande attenzione alle linee guida delle Nazioni Unite. Non meraviglia, considerato che dal 1 gennaio 1997 al 31 dicembre 2006, il ghanese Kofi Annan è stato segretario generale del Palazzo di Vetro.

C’è poi il legame stretto con gli Stati Uniti. Nel 2009, il presidente Obama ha scelto il Ghana per la sua prima visita nel Continente nero. Non a caso. Il Ghana è stato il principale crocevia della schiavitù. Nella famigerata fortezza di Cape Coast, tra il XVII e il XIX secolo, sono passati in catene tra i 12 e i 20 milioni di persone. Uomini schiavi di altri uomini. Da lì il primo presidente afroamericano della storia degli Stati Uniti d’America ha lanciato il suo grido di dolore per un passato tanto pesante. Ma basti dire che tra i meandri più corrotti dell’amministrazione di Accra passano i passaporti falsi ghanesi con cui tante prostitute nigeriane arrivano, non su barconi ma in aereo, fino in Europa. Il toccante discorso di Obama da Cape Coast sul cammino di un’umanità dolente che prende coscienza di abissi di disumanità non può essere tutto quello che gli Usa e l’Occidente possono fare.

E poi c’è l’Europa, che figura come primo donatore tra quanti sostengono economicamente il Ghana, che, nonostante la recente scoperta del petrolio, continua a dipendere dall’assistenza internazionale. Proprio dalla delegazione dell’Unione Europea ad Accra arriva l’allarme. Lo sviluppo dell’area sul Golfo, dove si trova la capitale, e il boom di scambi commerciali non deve ingannare: non c’è solo la faccia del sud in via di progressi economici e sociali, c’è anche l’altra faccia del nord povero e musulmano. Incontriamo il consigliere politico Ue nel suo ufficio ad Accra. Si chiama Judikael Regnaut ed è chiarissimo: “C’è il forte rischio che il dilagare dell’estremismo islamico si nutra dell’arretratezza del nord e attecchisca anche nel pacifico e avanzato Ghana”.

Onu, Usa e Ue non possono accontentarsi della faccia più presentabile per cantare vittoria. In Ghana, simbolo dell’Africa in sviluppo, ci si muove in realtà sul terreno ormai obbligato della globalizzazione. Si avverte di viaggiare sì nel cuore dell’Africa nera ma anche su piani intersecanti tra Africa, Europa, Stati Uniti, Cina. In questo senso parliamo di un paese simbolo.

da Famiglia Cristiana del 16 ottobre 2014