Il vertice umanitario mondiale

Impegno per la pace

di Fausta Speranza

Seimila partecipanti, tra cui cinquanta leader mondiali. Prende il via, lunedì 23 maggio a Istanbul il primo vertice umanitario mondiale, voluto dal segretario generale dell’Onu, Ban-Ki-moon. Per due giorni, nella città turca si riuniranno  rappresentanti di governi, agenzie per gli aiuti umanitari, comunità colpite, società civile e settore privato.

Parteciperà anche la delegazione della Santa Sede presieduta dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, della quale faranno parte  l’Osservatore permanente presso le Nazioni Unite a New York, arcivescovo Bernardito Auza, e l’Osservatore permanente presso l’ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni specializzate a Ginevra, arcivescovo Silvano Tomasi.

Lo scenario è drammatico e noto. Ogni giorno, le cronache  parlano di nuove vittime della violenza. Su dieci, nove di queste sono civili. E sono centoventicinque milioni le persone direttamente coinvolte in questa vera e propria guerra mondiale a pezzi.

L’obiettivo ultimo della mobilitazione che ha portato al vertice  è, in sostanza, tutelare l’umanità, mettendo in campo una cooperazione davvero mondiale. Dalle guerre più diverse ai disastri ambientali più dimenticati. Lo scopo è ambizioso e i piani di azione sono innumerevoli e complessi.

Per questo primo incontro, sono cinque le tematiche fondamentali indicate come chiavi di lettura. La prima è la priorità delle priorità: ridurre e prevenire i conflitti. Contestualmente viene l’impegno per garantire il rispetto del diritto umanitario.

Le leggi internazionali non mancano ma il punto è «far rispettare le norme che tutelano l’umanità», come è scritto nel titolo di una delle tavole rotonde. Oggi le guerre, che restano comunque drammatiche, sono asimmetriche, senza una contrapposizione precisa di eserciti o schieramenti di forze, e troppo spesso non c’è rispetto dei più basilari principi dei regolamenti internazionali.

In tema di umanità, un presupposto è fondamentale, anche se troppo spesso dimenticato. È l’idea che, per parlare di umanità nel suo complesso, nessuno debba essere lasciato indietro. Da qui, il dovere di assicurarsi che sempre meno persone siano penalizzate da un’economia globale che non conosce sostenibilità.

C’è poi una tavola rotonda dedicata a un tema sintetico quanto essenziale:  ridurre i rischi. Infine, il dibattito che appare più concreto di tutti, quello su come aumentare i finanziamenti.

L’appello, che emerge già prima del summit, arriva anche alle religioni e nello stesso tempo è lanciato proprio dalle religioni. A Istanbul infatti ci sarà un dibattito speciale proprio sull’impegno delle confessioni religiose.

C’è un antefatto: in vista del vertice umanitario mondiale, un anno fa, a Ginevra, i rappresentanti di quattro religioni hanno partecipato alla giornata di dibattito dedicata proprio al ruolo speciale svolto dalle istituzioni e organizzazioni religiose nelle zone di conflitto. All’incontro, promosso dall’Ordine di Malta, hanno partecipato cristiani, musulmani, ebrei, buddisti.

In quell’occasione Jemilah Mahmoud, per anni medico in prima fila in vari conflitti e scelto da Ban Ki-moon per guidare il team internazionale di preparazione del vertice di Istanbul,  ha ricordato che le organizzazioni a carattere religioso assicurano la maggior parte dell’assistenza umanitaria da cui attualmente nel mondo dipendono, per la stretta sopravvivenza, ben ottanta  milioni di persone. Le organizzazioni religiose sono  spesso le prime a intervenire sul campo nelle situazioni di emergenza umanitaria e per questo godono della fiducia delle comunità locali.  Un’altra caratteristica fondamentale è che il loro arrivo non è legato a interessi politici.

Ma anche i leader religiosi hanno  un obiettivo preciso da raggiungere, lavorandoci molto. Ed è far sì che tutti  si impegnino a giocare un ruolo nella battaglia contro i fondamentalismi.

Più in generale, da parte dei  leader politici, è necessaria una  doverosa assunzione di responsabilità affinché  cooperazione faccia rima con riconciliazione,  e perché l’impegno all’assistenza proceda di pari passo con un impegno serio per la pace.

In prima pagina, Osservatore romano 22 Maggio 2016