Rifugiati. Europarlamento chiede sforzo di solidarietà

Ancora tensione in Ungheria, dove il flusso di migranti non accenna a diminuire. Nuovi scontri si sono registrati al confine con la Serbia. Alcuni treni sono ripartiti dall’Ungheria verso l’Austria ma sono molti i migranti che continuano a muoversi a piedi. Dopo l’apertura delle frontiere, la cancelliera tedesca Merkel dichiara: dobbiamo integrarli. Intanto, al Parlamento europeo si discute il dossier immigrazione chiedendo insistentemente ai governi un’azione comune. Il servizio della nostra inviata a Strasburgo, Fausta Speranza:

L’Ue chiederà a Germania, Francia e Spagna di accogliere più di 70 mila rifugiati. E’ più della metà dei 120 mila rifugiati da ricollocare in base al nuovo piano che il presidente della Commissione Ue, Juncker, sta per presentare. Forse nell’atteso incontro del 14 settembre. Poi c’è l’offerta della Gran Bretagna che si impegna ad aprire le porte a 20 mila profughi siriani in cinque anni. Esentati per il momento Italia, Grecia e Ungheria, visto che hanno già abbondantemente superato le quote fissate. Al momento, non si può dire che l’Europa non abbia affrontato la questione e non abbia messo in campo scelte di solidarietà, ma dall’Europarlamento, che rappresenta direttamente i cittadini, si leva un appello e una protesta: l’appello è per un’azione davvero congiunta e non affidata alla disponibilità dei singoli Stati. La protesta è perché Tusk, presidente del Consiglio, l’organismo che riunisce i capi di Stato e di governo, non ha ancora risposto all’invito dell’assemblea parlamentare. Domani all’Europarlamento parlerà Juncker capo della Commissione, ma Tusk invece non ha risposto. Il punto è che l’Europarlamento vuole votare misure di emergenza ma anche a lungo termine e vuole che siano tutti i Paesi ad assumersi responsabilità, mentre per il momento alcuni Paesi dell’Est hanno “remato contro” o hanno rifiutato le possibili quote di ripartizione. Un’audizione del presidente del Consiglio Tusk all’Europarlamento sarebbe, dunque, il primo passo per “inchiodare” i capi di Stato e di governo a scelte condivise e durature. Ascoltiamo l’europarlamentare Lorenzo Cesa del Ppe:

“Assolutamente si, non è più tempo di far chiacchiere. È arrivato il momento della concretezza. Il discorso delle quote è giusto anche se è brutto dirlo; è giusto che ogni Paese si faccia carico con la massima solidarietà di un fenomeno epocale al quale non avevamo mai assistito; un fenomeno prevedibile perché quando ci sono due milioni di persone nei campi profughi, quando ce ne sono altri due in Libano, è chiaro che poi si riversano su altre parti del mondo nel quale possono vivere. È il momento della solidarietà di tutti i Paesi: nessuno deve tirarsi indietro. Ognuno faccia il proprio dovere.”

Perché la prospettiva che gli altri governi dell’Unione seguano l’esempio della Cancelliera tedesca non sia solo un auspicio ma un impegno istituzionale. E perché passata l’emotività del momento, non ci si possa dimenticare di nuovo del conflitto in Siria o di altre situazioni esplosive in Medio Oriente.