Consiglio d’Europa: libertà religiosa crea società inclusive

Papa Francesco al Consiglio d’Europa (25 novembre 2014) – EPA

La dimensione religiosa del dialogo interculturale: al centro del dibattito organizzato oggi pomeriggio a Strasburgo dalla Missione permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa. Partecipano l’arcivescovo Paul R. Gallagher, segretario per le Relazioni con gli Stati della Santa Sede, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione e di credo. Guida il dibattito il vicesegretario generale del Consiglio d’Europa, Gabriella Battaini-Dragoni, che ascoltiamo nell’intervista di Fausta Speranza:

R. – E’ una dimensione fondamentale, perché è una dimensione che fa parte della nostra cultura più generale. Osserviamo sempre al Consiglio d’Europa la questione religiosa come una parte intrinseca dell’identità e della cultura di ciascun individuo. Quindi, è portatrice di valori e quindi ispira il nostro modo di comportarci con noi stessi e con gli altri e anche le responsabilità che possono derivarne per quanto si vive nella società. Allora, non può restare al di fuori delle nostre considerazioni e del ruolo che proprio la religione svolge in seno alle società, in altre parole.

D. – Le sembra che ultimamente ci sia stata in qualche modo una riscoperta nelle istituzioni e anche nella sensibilità dei cittadini dell’importanza della dimensione religiosa?

R. – Per quanto riguarda i cittadini, in senso più ampio, senz’altro. Per quanto riguarda il Consiglio d’Europa, sono già sette anni che noi riflettiamo regolarmente sull’impatto e sul ruolo che la religione può svolgere in senso alle società europee in ogni caso e quindi anche alle società in senso più ampio. Dal 2008, abbiamo iniziato ad avere riunioni regolari con rappresentanti sia religiosi che non religiosi, con rappresentanti di società e di organizzazioni agnostiche o atee per discutere su temi che per noi – come Consiglio d’Europa – sono fondamentali e che mi permetto di indicarle attraverso gli articoli pertinenti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: l’art. 9 che indica molto chiaramente il principio della libertà di religione, il che significa anche il volere avere eventualmente una religione. Il secondo articolo è quello sulla libertà di espressione, che è un tipo di diritto che va comunque esercitato con un senso profondo di responsabilità, dal momento che non si tratta di un diritto assoluto, ma di un diritto relativo. E poi il diritto di associazione, come ad esempio la realtà di una comunità religiosa: anche in questo caso, c’è un diritto fondamentale che è quello della possibilità nelle nostre società democratiche di poterci associare e condividere dei valori comuni. E’ molto interessante ora il modo in cui la Santa Sede cerca di affrontare il tema della radicalizzazione e del come si possa lottare contro la radicalizzazione – che può condurre anche a fenomeni molto più gravi, come quello della violenza estrema o del terrorismo – e del ruolo dei leader religiosi come mediatori sociali – mi permetterei di utilizzare questa espressione – quindi come responsabili in seno alla società e alle diverse comunità religiose, affinché possano contribuire a de-radicalizzare la società e i gruppi che rischiano, appunto, di diventare pericolosi.

D. – L’obiettivo finale di tutto, si può dire, è costruire società inclusive…

R. – Assolutamente. Società, quindi, nelle quali tutte le diverse comunità possano ritrovarsi e rispettosamente coesistere nonostante le loro differenze e, con questa volontà, costruire un progetto, che è un progetto comune. E come ci si arriva se non si condividono gli stessi valori? Ecco che allora la libertà di religione, di coscienza, di opinione, accompagnata alla libertà di espressione e alla libertà di associazione diventano fondamentali per capire che tutti possono partecipare a condizione che tutti rispettino – al di là della loro differenza – tutti i principi fondamentali. Ecco perché mi sono permessa di accennarli, perché una coesistenza pacifica può farsi solo se le regole del gioco, se – come si dice spesso tra virgolette – il contratto sociale, in qualche modo, è chiaramente definito.