La morte di Kim Jong Il

La morte di Kim Jong Il e il rischio destabilizzazione nell’area

di Fausta Speranza

La tregua tra Corea del Nord e Corea del Sud ha vacillato diverse volte: l’ultima nell’estate 2010, quando Pyongyang ha attaccato l’isola di Yeonpyeong, a ovest della penisola. Un episodio grave che ha fatto rialzare di molto la tensione nell’area, sempre acuta in tema di nucleare per l’impegno in tale ambito di PyongYang. All’annuncio della morte del dittatore in questi giorni si sono rincorse voci a livello internazionale sui rischi di possibili situazioni fuori controllo.

Considerando la particolarità della situazione della Nord Corea, nell’area da tempo si moltiplicano i presidi militari di Cina e Usa. Ma non è così scontato che Pechino, che a differenza di PyongYang non è la stessa di 30 o 20 anni fa, darebbe appoggio incondizionato al Nord qualora volesse fare colpi di mano o facesse minacce pericolose. Secondo Zhu Feng, docente di relazioni internazionali nella città cinese di Peking, perfino dal punto di vista formale Pechino non è vincolata: «Il famoso Trattato di mutua assistenza con obbligo di intervento, stipulato nel 1961 e rinnovato nel 1981 e nel 2001, potrebbe non essere più valido dopo 20 anni dalla fine della guerra fredda e non è stato rinnovato nel 2011».

Zhu Feng dichiara che Pechino non è affatto interessata a scontri nell’area, piuttosto «è interessata a rapporti commerciali con la Corea del Sud”». Tutto questo diventa più evidente se si pensa all’altro alleato storico di PyongYang: la Russia. Mosca ha avviato proprio a novembre i colloqui per la costruzione di un gasdotto che dalla Siberia porti gas in Corea del Sud attraverso ovviamente la Corea del Nord. Dunque una sorta di mediazione economica di Mosca tra Nord e Sud. Potrebbero essere questi, dunque, i punti fermi e le direttrici ideali con cui si ritrova a che fare il nuovo dittatore, peraltro della stessa dinastia. Se l’apparato che gli sta intorno è davvero saldo e se la fame non arriva prima a far scoppiare dall’interno un sistema tanto disperato quanto isolato.

Famiglia Cristiana del 20 dicembre 2011